lunedì 14 novembre 2016

Questo fa di me



Dal 1 Novembre sto partecipando a un progetto indetto da Silvia che si chiama Remember November, una sorta di viaggio fatto di foto e riflessioni su noi stessi e quello che ci circonda.
Ogni giorno un compito diverso. Ieri, ad esempio, dovevamo chiedere sui social e a chi ci circonda "Come mi vedi?" Domanda semplice ma non scontata e mi sono domandata quanto arriva di noi stessi sui social, quanto effettivamente facciamo passare, quanto i blog, le ricette, le poesie, i racconti, gli status raccontino veramente di noi. Quanto ci sia di vero. Ho girato questa domanda sul mio profilo e ovviamente ci sono stati solo commenti che mi hanno scaldato il cuore, tutti i miei pregi, le cose in cui credo, i miei amori, le mie passioni, quello che realmente sento di essere, senza filtri.
Io sono quella Simona lì, quella che traspare da queste pagine e dai miei profili social. Ma c'è anche altro, cose di cui non vado fiera, i difetti che mi fanno bellamente compagnia e che tutti, in un mondo dove l'apparire al meglio è sovrano, cerchiamo di tenere nascosti o quanto meno far passare molto filtrati. Ieri sera, leggendo quello che mi scrivevano, da una parte mi faceva un piacere immenso, dall'altra mi rendevo conto che forse mi avevano idealizzato un po'. Mi sono sentita un po' a disagio (anche  per la domanda autoreferenziale alla 'Parlami di ME') e ho deciso di fare un' autoanalisi e mettere nero su bianco  i miei difetti per cercare, anche, di lavorarci un po'.

Sono una donna molto sensibile, spesso ormonale, e questo fa di me una persona tendenzialmente permalosa nonostante faccia dell'autoironia il mio cavallo di battaglia. Mi si offende con poco ma mi si gratifica con nulla.

Sono poco incline al perdono e questo fa di me una cattiva persona perché sostengo che il perdono sia la più alta forma di amore e intelligenza che un essere umano possa dimostrare.

Sono schietta e diretta. Troppo schietta e troppo diretta. E questo in alcuni contesti mi fa apparire arrogante, antipatica e aggressiva. Dovrei imparare la difficile arte del saper tacere e possibilmente riflettere.

Sono goffa, maldestra, spesso pure sgraziata nel modo di vestire, di pormi, di parlare. Non ho l'intelligenza o l'astuzia di cambiare toni o registro a seconda di chi ho davanti. Ci potrebbe essere il Papa, un ragazzino, un uomo d'affari, una barbona o una suora e il mio registro non cambierebbe di una virgola. Il fatto grave è che tutto questo non è studiato, è solo molto infantile, e forse a 43 anni suonati dovrei imparare a comportarmi come si deve.

Dico un sacco di parolacce. La scusa che sono toscana non regge più, non tutti i toscani dicono parolacce anche se è un intercalare piuttosto comune. Uso spesso le parolacce per dare più vigore a quello che dico, niente rafforza il concetto più di un 'Cazzo!' esclamato al momento giusto.

Non sono una persona che porta rancore, perché per farlo servono molte energie e preferisco incanalarle in qualcosa di costruttivo. Faccio di peggio: io ti cancello. Dalla mia vista, dalla mia strada, dalla mia vita. Se dico basta, per me non esisti più. E, come il più puntiglioso dei bambini piccoli, non torno più indietro. 

Non sono per l'accanimento sentimentale. Se non mi vuoi io non ti rincorro, non mi piego, piuttosto mi spezzo e questo fa di me una persona con cui, a volte, non si può ragionare. Se mi fai correre, se mi dai solo briciole, io non ho la pazienza e la voglia di aspettare o di starti dietro.Sono inquieta e molto incline al 'tutto e subito' e 'O bianco o nero'. Le vie di mezzo non fanno per me e questo mio assurdo comportamento mi ha precluso delle occasioni d'oro. L'attesa mi logora. L'aspettare mi sfinisce. 

Odio i paletti, le costrizioni di ogni genere e potete ben capire in ambito lavorativo (la scrittura) cosa questo comporta. Per certi versi non è facile lavorare con me; pretendo, porto avanti le mie idee, non scendo a compromessi, a certi giochetti, lotto per quello che voglio, non mi accontento, voglio il meglio e quando non lo posso ottenere allora cambio musica. Questa mia mancanza di elasticità, oltre a farmi perdere belle occasioni (soprattutto agli occhi degli altri) si traduce in un simpatico "Ricominciare da capo," e infiniti "Ho un carattere di merda - Ho un carattere di merda - Ho un carattere di merda..." scritti alla lavagna.

Mi innamoro facilmente delle persone. E altrettanto facilmente mi disinnamoro. Basta poco così perché tu mi vada a genio ma una battuta o un comportamento fuori posto mi portano velocemente dall'altra parte. Una persona normale darebbe comunque un'altra possibilità, secondo cosa dici o fai io non ti faccio finire nemmeno la prima. Ed è faticoso non essere così malleabile, così accomodante a volte, così buona

Sono una persona che non riesce a fare buon viso a cattivo gioco. Se mi stai sul cazzo si vede e questo denota un autocontrollo che fa acqua da tutte le parti. Alla mia età si dovrebbe quantomeno avere il filtro dell'esperienza e del buon senso, ma a quanto pare ne sono sprovvista e non ne vado certamente fiera. Anzi.

Sono impulsiva (nel senso peggiore del termine) agisco di istinto e questo spesso mi mette nei casini e a volte mi porta più svantaggi che vantaggi. A volte sono anche puntigliosa e cagacazzi. Già che siamo qui diciamo le cose come stanno.

Sono una che sui social cancella amicizie e oscura le persone. Senza avvertire. Perché nel mio modo contorto di pensare che sfiora l'onnipotenza, sei TU che devi arrivare a capire del PERCHE' ti ho cancellato. Non sono ancora arrivata a bannare ma non è detto che mi precluda questa possibilità. Questo fa di me una persona poco tollerante e poco incline alla comprensione e al confronto se quello che dici o posti mi fa incazzare e non riflettere, indignare e non ragionare. A volte faccio una fatica immane a mettermi dall'altra parte. E voglio imparare a farlo.

Sto sulle palle a un po' di gente, quelle che probabilmente hanno avuto a che fare con la mia parte peggiore, gente con cui mi sono scontrata, gente molto distante da me o forse molto simile, chissà.

Non conosco l'invidia ma posso essere vendicativa, non tanto a gesti quanto a parole. Non importa se sia passato un giorno o dieci anni, io ho una buonissima memoria e stai pur certo che se una cosa mi ha ferito, prima o poi ti tocca la peperonata: quando meno te lo aspetti ti si ripresenta. E non è sciocco quando capita dopo anni? Non dovrei avere la maturità di lasciarmi scivolare alcune cose di dosso?
Mi piacerebbe essere più zen, più sul 'Ma lascia perdere!' e invece, spesso, non lascio perdere manco per il cazzo. E per giustificare questo mio atteggiamento discutibile mi dico che se tutti avessero ragionato sul 'lascia perdere' le cose nel mondo o nella propria vita non cambierebbero mai di una virgola. A volte c'è bisogno di una presa di posizione. Spesso la mia è sbagliatissima ma me ne assumo, consapevolmente, la responsabilità.

Non finisco questo post dicendo "Questa sono io, prendere o lasciare", perché è una frase che odio e che presuppone arroganza, presunzione e una presa di posizione molto infantile (e mi sembra che di difetti su cui lavorare io ne abbia già abbastanza). Quindi no, non lo dirò. Anzi, vi spingo a fare il contrario e quindi vi dico che questa sono io. Non quella di ieri, non quella di domani perché nel frattempo ho rivisto o potrei rivedere certe cose, certe posizioni, certi atteggiamenti, certi pensieri. Si cambia per gli altri, ma soprattutto per se stessi e spesso, spessissimo, in meglio. E in mezzo a tanti pregi e altrettanti difetti ci sono io che da quando ho preso coscienza di me, mi barcameno per cercare di far sì che i primi vincano sui secondi. Su molte cose ci sono riuscita, su altre ci sto lavorando, su altre ancora ho fallito miseramente e ne prendo coraggiosamente atto. Non mi preoccupo di piacere a tutti, mi preoccupa il fatto che un giorno potrei smettere di farmi domande e crogiolarmi nei miei difetti esaltandoli come pregi anche se il mondo grida il contrario. 
Nel frattempo vivo circondata da chi ha deciso di venire accecato dalla luce delle mie virtù e dal buio profondo delle mie mancanze.




venerdì 11 novembre 2016

L'EMBOLO CREATIVO

Mia madre è una creativa, io ve lo dico. L’ho scoperto quando avevo circa 8 anni, dopo che mamma con una scatola da imballo di un elettrodomestico mi ci costruì l’appartamento di Barbie. Lo ricordo come se fosse ora.Una figata pazzesca.

Io sono una creativa, vi dico anche questo. Mia madre l’ha scoperto quando avevo circa 15 anni, dopo che son tornata a casa con un lavoretto di legno fatto con le mie mani e un 10 come voto.

Avevo costruito una bara.

Avete letto bene. Una bara. Il professore quel giorno ci dette un pezzo di legno e disse “Fatemi vedere cosa sapete fare con questo”. Quella che io chiamai ‘la sfida di Geppetto’.

Mentre i miei compagni tutti fieri tiravano fuori tavoli, sedie , comò e letti per bambole, io in quattro e quattr’otto feci un esagono allungato, tagliai una piccola croce, l’attaccai sopra in rilievo e in mezz’ora la consegnai al professore. Lì per lì mi parve che si toccò un filino, ma poi scoppiò in una gran risata e mi diede un dieci per la genialità dell’esecuzione. In casa mia sta ‘genialata’ non fu apprezzata tanto. Venne prima nascosta in un cassetto e poi fatta sparire, ma come tutti gli aneddoti strani 'sta cosa è rimasta nella storia.

Quindi, cosa può succedere se io e mia madre facciamo shopping in un negozio di hobby e bricolage? Na strage. E cosa può succedere con due creative come noi? Che partiamo per comprare una cosa e torniamo a casa con un’altra. 

Partiamo mercoledì mattina con l’idea di mia madre “Simo, mi devi portare a comprare la striscia adesiva come c’hai te in cucina. La voglio anch’io. Poi la mettiamo insieme, va bene?”

Dopo essere sembrate due geometri svampiti (abbiamo preso col metro da sarta le misure delle pareti e dei punti scoperti) siamo partite alla volta del grande magazzino FaiDaTe.

“Vè vè mamma, le strisce”

“La voglio con i limoni”

“Mmh… non la vedo”

“Manco io”

“Aspe' andiamo a vedere quaggiù…”

“Vai pure Simo, ora arrivo”

“Ma che palle!”

“Simo! Siamo in un negozio! E poi ti ho detto che arrivo, che motivo c’è di arrabbiarsi?!”

Effettivamente posso essere fraintesa. Ma davvero c’ho due palle in mano meravigliose. Le sventolo vicino all’orecchio ballicchiando come la ballerina di Siviglia e mia madre è subito vicino a me. “Nooooo!!Ganze!”

Erano semplicemente delle palle di plastica trasparenti che tu potevi dipingere/farci il decoupage/ farci il decoupage+dipingerle/attaccarci la stoffa… insomma ci potevi fa quello che te pare.  

Lì esposto c’era un esempio e imitando Jessica Fletcher e Miss Marple ci siamo messe (con tanto di lente di ingrandimento) a spulciare ste palle per carpirne la fattura e il procedimento.

“Secondo me sipoffà”

“Anche secondo me”

“Qui io farei così, perché cosà non mi piace”

“Io invece guarda farò così perché secondo me è più d’effetto”

“Prendiamole ora che sennò non facciamo in tempo per Natale”

“Certo, controlliamo che non siano rotte però. Scusi? Commessa? Posso controllare?”

“Che cosa?”

“Che qualcuno non abbia rotto le palle” Mi correggo “Che non siano rotte, voglio dire, le posso scartare un attimo?”

Ci siamo messe a trafficare con ste palle di varie misure e la striscia adesiva era solo un ricordo. Anzi, manco quello. Poi, come guidate dallo spirito di Giovanni Muciaccia, ci siamo dirette verso i fogli decorativi per il decoupage.

“Dai mamma, guarda che belline queste tegoline!”

“Davvero. Ma tu sapevi fare il decoupage, vero?” 

“Sì, insomma c’ho provato anni fa, mi riesce abbastanzina, ma sulle tegole non ho ancora provato”

Dio, come mi piace sta cosa! Sarà perché la tegola comunque richiama la casa, ma sento che sono portata per il decoupage sulla tegola. Sììììì!!! 

Sono tentata di chiamare il ragazzo e farmi caricare una cinquantina di tegole manco dovessi costruirci una cascina, quando mia madre mi ferma.

“Tesorodimammatua, se non hai mai provato, che le compri a fare tutte ste tegole? Fai prima una prova, no?”

“E ‘ndo la faccio? Mi metto un bengala a mo’ di supposta e mi sparo sul tetto? Non ho una tegola, io!”

“Te no, ma babbo fuori in un angolino ha delle tegole, ne sono certa”

“Mamma, cosa ci fanno delle tegole in un angolo del tuo giardino, di grazia?”

“Non nel giardino di Grazia, nel nostro ti ho detto. E che ci fanno? Possono servire, no?”

“Eccerto! Metti che arriva la Befana ‘mbriaca, incespica un attimo e te ne fa fuori una decina”

“Io proverei con queste, poi fai te. Oh ma guarda anche le palle di polisterolooooo!!!”

Ma non voleva la striscia? A vederci sembra che ce la siamo sniffata.

Compriamo dei fogli decorativi, due pennelli nuovi (“che chissà gli altri come sono sciupati”)dei brillantini e della colla apposta. Il resto no, abbiamo tutto. Soprattutto mamma ha tutto, perché quando le parte l’embolo della creatività non ce n’è. In una settimana è capace di dipingere un quadro, cucirti un tailleur, decorarti una brocca, fare un centro all’uncinetto e ricoprirti la casa di stencil.

L’accompagno a casa e subito vado da babbino mio “Babbo, mi servono due tegole”

“Due regole? Figlia mia, mi sembra un po’ tardino. Ormai sei formata”

Niente panico. C’è la televisione talmente alta che la palazzina di fronte è sul terrazzo a vedersi il telegiornale di casa nostra.

“Babbo abbassa il televisore… bravo… mi servono due tegole”

“Ah. Due tegole. E a che ti servono? Ti piove in casa?”

“Devo dipingerle”

“Ah. Come quelle che fanno vedere in tv. Simoncina, io le tegole te le do, ma non sono proprio uguali. Quelle da dipingere son leggere e piccoline, invece queste… toh!Piglia!”

Caz-zo. Sono 56 kg l’una. Sono delle vere e proprie tegole, di casa di babbo o di nonno, chissà.

E proverò con queste! A farle con l’altre son bravi tutti. Oddio, son pese assatanate, anche un po’ volgarotte, ma io le abbellirò.

“Vuoi anche questa?”

E mi son presa pure un embrice (o tegola romana). Èun po’ malmessa, sporca, scantucciata e col muschio ma io vedo OLTRE e me la immagino diversa.

Son quattro giorni che trascuro un po’ il blog e voi, ma ecco che vi presento i miei lavori. Siete pronti? Mario, parti con le diapositive.

Prima:

Durante (notare l'ordine sul mio tavolo da lavoro)
Dopo. Il fiocco a Sant'Andrea non piace (e visto che mi ha trapanato le tegole per appenderle devo sentire la sua campana), ad Alice invece piace (e visto che mi ha scattato alcune foto devo sentire la sua campana), io non so (e visto che le metto qui, chiedo a voi)
Decoupage e acrilico su tegola
Embrice di Benvenuto, nel senso: non è che lo tiri in capo a tua suocera appena viene a farti visita, ma nel senso che nella targhetta bianca puoi scriverci Benvenuto e attaccarlo fuori. Faccio per dì.

Prima: due mezze-palle vuote.

Durante: notare quanto so' figa col mio camice da lavoro. Mi manca solo il numero e sembro un ergastolano.

Mezza palla decorata all'interno con colori acrilici e decoupage

Mezza palla decorata all'esterno con colori acrilici e decoupage
Dopo: palla finita e ricomposta con effetto 3D del ponticello sulla baita.
Ecco, questo è il frutto del mio neurone creativo. Okay, se ero brava avevo una bancarella. Non si può avere tutto nella vita.
Mario, puoi spegnere, grazie.
p.s. Se rimango senza lavoro mi metto a fare le palleeeee!!!Oltre che romperle, ovvio.

martedì 8 novembre 2016

Amazon Academy: cosa è emerso e spunti di riflessione



Ieri, a Milano, ho partecipato ad Amazon Academy, primo evento in assoluto in Italia al quale sono stata invitata insieme ad altri autori/autrici. Nella seconda parte dell'evento, quella dedicata alla pubblicazione, ho avuto l'occasione di conoscere molte persone e altrettante storie. Chi era alla prima pubblicazione, chi alla dodicesima, chi era ibrido come me (con metà delle pubblicazioni in self e l'altra metà con un editore chiamiamolo 'tradizionale') chi cercava risposte a mille dubbi e chi è partito con tante domande sulla punta della lingua. Con una mossa geniale chiamata Speed dating (che all'inizio ci è sembrata un po' azzardata) ci hanno fornito l'occasione di parlare tra di noi, familiarizzare, raccontare le nostre esperienze e per una volta uscire da quel guscio nel quale noi scrittori spesso ci rifugiamo, perché non è mai facile esporre con sincerità e obiettività i nostri scritti, soprattutto se hai davanti a te una persona che sa esattamente di cosa parli. In pratica: ai profani puoi veramente raccontare fuffa, a chi scrive e fa il tuo stesso percorso anche no. Questo ci ha messo tutti allo stesso livello e ho notato quanto questo ha impedito l'autocompiacimento e l'autocelebrazione che sono i due atteggiamenti più fastidiosi dello scrittore medio. Uno dei punti che sono emersi da questo incontro è ancora una volta il pregiudizio rivolto agli autori che si autopubblicano. C'è quel discorso un po' sciocco (ancora da profani, da 'non addetti ai lavori') che l'autore self sia un po' sfigato, che nessuno se lo fili o che ripiega sul self publishing perché 'incapace' di pubblicare davvero. Come chi dice che la marcia è per quelli che non sfondano nella corsa, il golf per quelli negati a tennis, e lo sci di fondo per chi ha provato a sciare ma ahimè non ne era troppo capace. Se queste persone fossero state con noi ieri avrebbero capito che dietro a un autore che si autopubblica con un colosso come Amazon c'è una mole di lavoro, di impegno, di competenze che non ha nulla a che vedere con l'incompetenza. Senza considerare che negli autopubblicati ci sono autori famosi, giornalisti, medici e persone che 'lavorano' nell'editoria e nella scrittura da anni. Hanno scelto solo un canale diverso, una strada nuova, innovativa, e se vogliamo più immediata, per far veicolare i loro scritti, le loro storie, in modo del tutto professionale avvalendosi di un editor, di un correttore di bozze, spesso di agenti letterari, di un grafico, di qualcuno che gli curi l'immagine, le pubbliche relazioni e tutto ciò che concerne 'l'uscita' di un libro nel modo più 'tradizionale' del termine. 
Mi scrivete in tanti, mi fate leggere i vostri scritti, mi chiedete un parere e mai, dico mai, vi ho detto di lasciar perdere se quello della scrittura è il vostro percorso, la vostra aria. Vi spingo a provarci, anche con l'autopubblicazione, ma quello che ci tengo a ribadire è che dovete lavorare sodo, non improvvisare, non lavorate con approssimazione perché è l'atteggiamento di chi per primo pensa che il self publishing sia un filino sotto la pubblicazione tradizionale. E visti i libri, le vendite, i premi letterari, i riconoscimenti e uno sfiorato Premio Strega, vi posso assicurare che si è respirata un'aria di competenza, serietà e tanto tanto lavoro.
Ringrazio le mie compagne (vecchie e nuove) di avventura e di penna, che fanno della scrittura e del raccontar l'amore il loro punto di forza. E, a questo proposito, vi svelo un altro dato emerso dal mondo editoriale:
'Tira più un libro rosa che un carro di buoi'

Che sia messo agli atti.


LinkWithin

Related Posts with Thumbnails