mercoledì 4 novembre 2015

Io, donna, in cerca di lavoro.


                                                                                           Foto:www.blitzquotidiano.it





In questi giorni gira in rete (tra facebook e articoli di varie testate) la storia di Paola, invitata a lasciare la stanza durante un colloquio di lavoro perché si è rifiutata di rispondere alla domanda “Lei è sposata? Convive? Ha figli?”. Secondo il titolare dell'agenzia  era rilevante al fine di darle un lavoro, secondo Paola invece no. Io non entro nel merito perché non so se ci sono state altre dinamiche, anche se, al posto di Paola, probabilmente avrei fatto lo stesso. Si può non rispondere alle domande sulla vita privata? Credo di sì. Fatto sta che all'uomo sono piovute addosso offese di ogni tipo (come biasimare tutto ciò) per come l'ha trattata. È stato chiamato maschilista e via dicendo. Inoltre alcuni commenti sono stati  “Un uomo ti giudicherà sempre male.” “Un uomo non può capire" “È un uomo...cosa vuoi sperare...”
Bene, vi dico la mia: non è che con le donne vada molto meglio. E, dopo moooolto mooolto tempo, voglio raccontarvi una cosa che ho taciuto prima per rabbia, poi per delusione, poi perché mi sono sistemata in un altro modo (e col senno di poi anche meglio) e poi perché per un po' ha prevalso il “Sai che c'è? Ma vaffanculo.”
Ora, invece, questa storia di Paola mi ha riportato alla mente la mia esperienza, che anche se non è uguale, parla di un certo tipo di discriminazione.
Non so se sarò breve, ma ci provo:
Un po' di tempo fa, quando stavo per buttarmi a corpo morto nella scrittura, una mia conoscente mi contatta perché il titolare di un negozio cercava una persona fidata e di esperienza per il proprio punto vendita. Lei gli aveva fatto il mio nome e mi dice che a breve, l'uomo, mi contatterà. Mi chiede se ha fatto bene, la rassicuro con risposta affermativa. Ho sì lasciato un lavoro full time (che mi stava massacrando ) per dedicarmi alla famiglia e alla scrittura, ma mi piacerebbe rimettermi in piazza, magari con un part time, un piccolo impiego che mi eviti di imbruttirmi facendo di me una casalinga disperata e che mi permetta di lasciarmi del tempo da dedicare alle mie passioni. Lo so, detta così pare una chimera perché tutti vorremmo questo, ma io non ho mai smesso di pensarci e, più che altro, di provarci. Ritengo, tutt'oggi, che per dare il meglio, anche nella scrittura, io abbia bisogno di stimoli, di gente, di confrontarmi, di  avere un impegno fisso che mi faccia trovare il giusto equilibrio tra cosa voglio e cosa sogno. 
Comunque. Dopo tre giorni mi chiama questo signore, mi dice del punto vendita, mi chiede cosa cerco e cosa lui mi può offrire e, come per magia, vogliamo le stesse cose. Gli parlo della mia esperienza ventennale nel settore, di cosa mi sono sempre occupata, dei miei aggiornamenti su corsi e procedure. Lui è molto convinto: sono la persona che cercava. Tuttavia insisto per fargli recapitare il mio curriculum. Lui ribatte con un “Non ho bisogno del suo curriculum. Il curriculum lo fa la gente e se l'ho chiamata è perché in molti mi hanno parlato bene di lei.” Non mi crogiolo nella sua affermazione, mi è capitato molte volte. Anzi, grazie ai clienti e ai fornitori sono sempre passata da un negozio ad un altro, non sapendo cosa volesse dire la parola 'disoccupata'. Sì, ho sempre avuto anche un gran culo, probabilmente. E sì, probabilmente lo so fare bene, non perché sono particolarmente dotata, ma perché non ho mai fatto altro in vita mia. E dai oggi e dai domani, poi lo fai bene per forza.
Ci accordiamo per farmi visitare il punto vendita che, mi avverte, è gestito dal figlio. Di fatto io lui non lo incontrerò mai perché si occupa principalmente di reclutare il personale.
Il giorno dell'appuntamento presto particolare attenzione al mio abbigliamento che non deve essere trasandato (la reputo una mancanza di rispetto per chi ti deve assumere) e nemmeno troppo ricercato o provocante ( la minigonna giropassera o abiti attillati si mettono per una serata e non per un colloquio).
Detto ciò opto per un look sportivo ma sobrio. Dei jeans, degli stivali e un giubbottino di pelle che, per via delle temperature, non sbottonerò mai. Un velo di trucco, capelli sciolti, niente orecchini vistosi, nulla di appariscente.
Incontro il figlio del signore che mi accoglie quasi in amicizia. Come il padre mi snocciola cose che già sa di me e in breve tempo parliamo delle nostre conoscenze nel settore e di tutto quello che potrei gestire in negozio. Dalla cassa, ai buoni sconto, a come si compila una bolla di accompagnamento, a come si fa l'inventario. Ci troviamo d'accordo sull'elasticità dell'orario, quasi mi interroga sulle procedure antincendio e antinfortunistiche, ma io le so. Tutte. Gli snocciolo le mie tesi sulle quali non transigo tipo il cellulare che va lasciato nell'armadietto e il non stare attaccata al minuto quando si esce. Per me dieci minuti vanno e vengono, se c'è il lavoro non sto a guarda' l'orologio. Sembra quasi che il capo lo abbia fatto anche io. Lui è colpito, ma nonostante ciò insisto perché legga il mio curriculum da cima a fondo. Voglio fare le cose per bene, non voglio essere assunta perché Pincopallino mi conosce e può referenziarmi. Lo fa e mi pare ancora più deciso.
“Mi serviva una persona d'esperienza come te. Non abbiamo tempo e possibilità di seguire chi non c'è dentro da un po'. ” mi dice senza troppi fronzoli. E io apprezzo. Avrà qualche anno più di me ma nella sua voce come nei suoi gesti non c'è piaggeria, non c'è malizia, non c'è un briciolo di galanteria al fine di fare il piacione. Perché puntualizzo tutto ciò? Tra poco capirete.
“Avevano ragione, e il curriculum parla chiaro. Per me vai benissimo. Ti faccio chiamare dal mio commercialista per il contratto.”
“Benissimo, aspetterò la telefonata allora,” e mi scappa un sospiro di sollievo, la tensione si allenta. Ci sono. Sono dentro. Nel giro di tre giorni avrò un impiego fatto su misura per me. Il posto mi piace, è carino, ristrutturato da poco. Mi ci vedo già dentro, poche cose sarebbero per me una sorpresa, e mi sentirei davvero a casa.
Poi, mentre mi domanda se ho mai lavorato con una certa ditta, mi sento osservata. Lentamente mi volto e scorgo, poco fuori dall'ufficio, una donna. Mi sta guardando con insistenza e la scopro inclinare la testa per guardarmi il culo. Avete letto bene.
“Ah, questa è mia moglie.”
Nonostante l'approccio un po' discutibile le sorrido cordiale, ma il sorriso mi muore in gola, visto che lei ricambia serrando le labbra. E in quel preciso momento ho pensato:
“Io questo lavoro non l'avrò MAI.”
Chiamatela premonizione, sesto senso, sensazione femminile. Chiamatelo come volete, ma avevo appena assistito al mio licenziamento ancor prima di essere stata assunta.
La donna passa oltre e tutta l'adrenalina che avevo in corpo evapora come una pozzanghera al sole.
Se mi vedessi da fuori vedrei una Simona afflitta, con le spalle, dapprima dritte e fiere, leggermente incurvate in segno di sconfitta. Il mio sorriso non è più genuino, ma quello che rivolgo a lui è solo cordialmente tirato. La mia voce ha perso l'entusiasmo e prima che possa congedarmi ho la conferma del mio pensiero. La donna entra in ufficio stizzita, quasi mi dà una borsata, aggredisce lui su alcune amenità e se ne va senza salutare. Né me, né lui.
“Io e mia moglie gestiamo il negozio,” mi dice quasi scusandosi.
“Non solo,” vorrei ribattere, “gestisce anche te.”
Invece dico “Bene.” quando non va bene un cazzo. Perché so, caro mio, che anche tu come tanti sei vittima di una gelosia marcia, malata, totalmente incomprensibile, inspiegabile. Una gelosia che ti fa dannare ma, evidentemente, non abbastanza da farti opporre con forza. Una gelosia che ti condiziona la scelta delle dipendenti che con un paio di jeans e degli stivali vengono reputate delle minacce o più probabilmente vengono reputate delle minacce in quanto donne. Una gelosia che mina non solo il vostro matrimonio e la sfera privata ma anche quella lavorativa. Una gelosia che ti farà reclutare e assumere per la tua attività, del personale dall'aspetto sì rassicurante ma magari totalmente incapace. Del personale senza esperienza, senza motivazione, senza quella particolare predisposizione al pubblico che un po' è carattere e un po' si acquisisce con gli anni; perché è brutto dirlo, ma non tutti sanno stare al pubblico. Una gelosia che ti porterà ad avere a che fare con dipendenti buttati in un reparto di prodotti di cui non sapevano manco l'esistenza. Una gelosia che ti porterà a scegliere una persona non adatta a quel ruolo al posto di quella qualificata, a discapito della professionalità e della serietà del tuo punto vendita. Ecco a cosa ti porterà questa gelosia.”
Ho salutato con una stretta di mano quest'uomo, già sapendo che non l'avrei più rivisto. Infatti non c'è stata nessuna telefonata, nessun commercialista, nessun lavoro. Mi sono fatta sentire due volte, volevo chiarimenti, volevo che mi dicessero la verità. Volevo che mi dicessero che non sono stata assunta perché, agli occhi della moglie, sono piacente, sono femmina, sono donna. Li ho messi sotto torchio, si sono arrampicati sugli specchi. La situazione era talmente ridicola e grottesca che alla fine ho chiuso io perché mi facevano troppa pena. Una coppia di uomini senza palle che proteggono una tipa con seri problemi di autostima, incapaci forse, di fare l'ennesima guerra in famiglia. E non potete capire l'incazzatura per ciò che in quel momento mi è stato negato. Un'incazzatura folle perché la mia esperienza e professionalità e stata messa sul piatto della bilancia contrapposta al mio sesso e quest'ultimo è stato decisamente più pesante. E parliamo di un posto da commessa non di una scrivania da manager. Tuttavia potevo essere una madre di quattro figli con il marito in cassa integrazione bisognosa di quel lavoro come l'aria che respiro e mi sarei vista scartata nonostante le ottime referenze, nonostante i due 'superiori' avessero deciso che quel posto sarebbe stato mio. E 'Solo' perché una moglie possessiva ha detto NO. Così, senza un cazzo di motivo ragionevole.
In tutto questo, però, mi sono domandata se avessi sbagliato qualcosa io, perché solo un'imbecille non si sarebbe fatta qualche domanda. Mi sono confrontata perché ho temuto di essere stata presuntuosa, altezzosa, un filino troppo decisa e determinata. Ma la risposta, come sempre, la fa la gente. Ho saputo, da vecchi dipendenti, di scenate di gelosia tra gli scaffali dei pelati e lo sgabuzzino. Di personale femminile scappato in lacrime perché offeso in pubblico. Di barzellette e derisione per questa Otello in gonnella. Di come sia impossibile, in quanto donna, lavorare serenamente là dentro.

Ora, a distanza di tempo, ho un piccolo impiego con 'una coppia' di capi che mi hanno valutato e riconosciuto per quello che so fare. A loro è bastato vedermi all'opera nel giorno più critico all'ora di punta. Ho superato l'esame, è andata. Una coppia che a settembre, dopo un anno dall'assunzione, mi ha voluto festeggiare con un aperitivo per i dodici mesi trascorsi insieme.
Quindi a pensarci bene, alla fine, mi è andata di culo.



23 commenti:

  1. Col senno di poi, meglio così... Lì per lì siamo angosciati dalle situazioni, è successo anche a me... Poi però troviamo di meglio, e ci facciamo anche tenerezza da soli per i pianti e per la rabbia che abbiamo provato...
    La tipa sinceramente mi ha fatto pena. Le sue insicurezze la fanno vivere sicuramente male, il suo essere frustrata non le fa vivere la vita con serenità.
    Il mondo è pieno di gente così...

    Maira

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    1. Pianti no, come ho scritto in un altro post, piango di commozione ma mai per rabbia. Ma quest'ultima, mioddio, avrei preso a sprangate qualunque cosa pur di sfogarmi.

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  2. Eheh, la battuta finale mi ha fatto sorridere.
    Comunque sia dev'essere davvero fastidioso, tremendo. Stavo pensando a un mondo del lavoro e non troppo maschilista, ma poi c'ho un attimo pensato. Spesso è vero che voi donne venite giudicate dagli uomini troppo poco per quel che sapete fare a troppo in base al sesso, ma è anche vero che le stesse donne, tra loro, si giudicano a vicenda in quanto donne. E' proprio un circolo vizioso e malato. Talvolta litigo con voi donne quando si parla del maschilismo che avremmo noi uomini. Litigo perché se da una parte do loro ragione, dall'altra sostengo che uno dei primi limiti nella realizzazione piena di una donna siano proprio le altre donne, come nel caso che hai raccontato. Se questi comportamenti poi siano innescati dai maschi o meno non credo abbia importanza. Cercare l'origine di un problema troppo stratificato non porta mai a niente. Sarebbe meglio cercare le soluzioni.

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    1. In questo caso, se avessi trattato solo con gli uomini, sarei andata liscia liscia. È stato tutto molto cortese, professionale. Siamo andati subito al sodo. Ma come hai letto, non c'erano solo loro. Purtroppo.

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  3. Se ti può consolare, ultimamente sono stata "scartata" in quanto donna e soprattutto madre. Il mio lavoro di geometra è più adatto ad un uomo ha detto! Come per te anche per me a nulla è valsa la mia esperienza quasi ventennale dove ho gestito cantieri e collaborato a grandi opere. Mentre gli stringevo la mano sorridente e con le spalle dritte dentro di me è risuonato un sonoro "vaffanculo" peccato che lui non abbia potuto sentirlo...................

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    1. Ma almeno a te l'ha detto! A me no, sono io che mi sono 'accorta' di tutto senza che loro aprissero bocca. Sono sicura che l'uomo ha pure chiamato il commercialista e fosse convinto di assumermi fino a che non è rientrato a casa e ha parlato con la moglie. Di questo sono straconvinta.

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  4. credo che a tutte le donne sia capitato qualcosa del genere mentre cercavano lavoro. a me è capitata la domanda : vuoi avere figli? e me l'ha fatta UNA DONNA!!!! già è una domanda odiosa se la fa un'uomo, ma quando te la fa una donna, credo sia peggio

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    1. lo credo anche io. Ogni volta che lo racconto mi vengono riportate altre esperienze.

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  5. grande simo! sempre la numero 1 by monica

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  6. Pazzesco che questi due bei tomi non facciano curare la femmina malata. Perché è malata, non c'è dubbio. Alla fine penso anch'io che a volte si perde quel che a noi sembra un'occasione e spunta qualcosa di meglio. Ma lì per lì è difficile digerire la situazione, non c'è dubbio.

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    1. sì, è come dici tu. Pensi "Ecco, questo poteva essere perfetto!" per poi scoprire che c'è di meglio, come il classico detto 'Chiusa una porta si apre un portone'. Paro paro.

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  7. Brava Simona! Occasioni del genere fanno capire che sono più gli altri a perdere che noi stessi. Ora stai molto meglio così !

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  8. Brava Simona! Occasioni del genere fanno capire che sono più gli altri a perdere che noi stessi. Ora stai molto meglio così !

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  9. Malata lei, ma malato anche il marito che si dimostra un senzapalle di fronte alla mogliettina gelosa. Meglio così, Simona, ti saresti avvelenata in quell'ambiente
    Cesj

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    1. Lui mi ha fatto veramente pena. Un uomo zerbino in tutto e per tutto. Oibò.

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  10. Io ho avuto il mio lavoro grazie a due donne che mi hanno proposto al capo. Nei mesi di prova ho dimostrato che ha fatto bene a fidarsi di me (e di loro due che hanno fatto il mio nome ).
    In passato ho conosciuto una donna tipo quella che hai raccontato tu. Sono stati mesi lunghi e faticosi, in cui le ragazze più deboli hanno retto un mese o due prima di mollare (in lacrime, per l'umiliazione ).
    A me quel genere di donne fa tristezza, vedono nelle altre il pericolo e non si rendono conto che fanno male a se stesse e agli altri.
    Però vorrei stendere un velo pietoso su quegli uomini che si adeguano alla situazione senza provare a gestire la gelosia della propria compagna. Sono davvero succubi?

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    1. non lo so se sono succubi, evidentemente sì. Io mi immagino stampare un casino ogni volta. Te lo immagini tornare a casa e trovare una matta del genere? Per forza di cose poi cedi. O divorzi. O la lasci (perché quello non è amore), o provi ad arginare una situazione del genere, o gliela dai vinta ogni volta. Così è stato.

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  11. Io ho sempre lavorato (e fatto colloqui) con uomini, vuoi per il tipo di lavoro, vuoi per chissà quali altre congiunture astrali. Mai avuto problemi. A nessuno è mai fregato un tubo della mia vita privata, ma, una volta assunta (e non mi riferisco ad una sola azienda) ho notato sempre una grande attenzione per eventuali problematiche personali).
    Se hai voglia e tempo di dare un'occhiata a questo post al riguardo, Simona, mi farebbe molto piacere :) http://www.nonpuoesserevero.it/2015/11/figliare-e-lavorare.html

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    1. ho visto, sei stata fortunata e menomale che esistono anche belle situazioni. 'Tutti abbiamo una famiglia' l'ho trovata una bellissima frase ^_^

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    2. Si è molto bella e soprattutto molto vera.
      Ed è bello trovare persone che la pensino così.
      Un bacio!

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  12. Che storia tristissima, tristemente vera.

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  13. Purtroppo nel mondo del lavoro la parità dei sessi è una vera chimera. Pensa che una volta (avevo 36 anni) una responsabile (sottolineo DONNA) mi mise come condizione per potermi assumere che non avessi figli fino ad almeno 40 anni (!!!!!). Ho rifiutato il lavoro perché una promessa del genere non la potevo certo fare! Poi i casi della vita mi hanno portato a diventare madre a 42 anni... ma che certe cose vengano imposte proprio non è accettabile!

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Nel frattempo, visto il periodo, vuoi una tazza di thè?

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