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Parliamoci chiaro:
sentivamo la necessità che la Fruzzetti facesse l'ennesima
recensione su Inside Out? No, vero?
Epperò io la faccio
ugualmente perché il film mi è piaciuto tanto. Talmente tanto che
non voglio farmi smontare l'entusiasmo da chi dice il contrario. Che
mo' (senza fare polemica) sono tutti laureati in psicologia e
fioccano trattati e commenti che Maria Rita Parsi scansate.
Io l'ho preso per quello
che è: un film che parla di emozioni. E ne parla usando la chiave
che, a mio avviso, arriva a grandi e piccini: un cartone animato,
appunto. Ovvio che la mente e più complessa e non si può ridurre
alle sole cinque emozioni che ci detta il film (questo lo saprebbe
pure mi'nonna che aveva la terza elementare), ma sono le emozioni con cui il bambino ha più a che fare:
rabbia (avete mai
provato a fare il bagnetto a un bambino che non vuole farlo? Per
esempio a tre anni Alice mi si è trasformata nella bambina
dell'esorcista, per dire. Poi piano piano ha imparato a gestirla.)
gioia (giocattoli
nuovi, correre nel prato, giocattoli nuovi, fare una gita con mamma e
papà, giocattoli nuovi, vedere il suo eroe preferito in carne e
ossa, ho già detto giocattoli nuovi?)
disgusto (se avete
qualche dubbio su questa emozione provate a far mangiare i cavolini
di Bruxelles, o le cervella ai vostri figli, poi ne riparliamo)
paura (buio,
insetti, fuoco, stanze vuote etc...nel mio caso includerei anche le
altalene che si muovono da sole col vento e i cani, e abbiamo fatto
bingo)
tristezza (un
giocattolo che si rompe, il tradimento di un amichetto, la mamma che
scappa al lavoro, il papà che è troppo stanco per giocare con
loro...).
È altrettanto ovvio che
di base, questo film, non voglia insegnare niente, ma farci
soffermare sulle nostre emozioni e su come la mente cerchi di viverle
e controllarle. E, considerato che è un cartone animato, secondo il
mio modesto avviso, ci sono riusciti alla grande.
Il film è una miscela di
poesia e ironia, dove le gag e le battute vanno a braccetto con
momenti onirici e commoventi. Si parla del processo dei ricordi
base, quelli indelebili, quelli che anche a cinquant'anni ci fanno
ricordare il primo giorno di scuola. Si parla dei ricordi che
svaniscono, che si polverizzano con il soffio del vento forse perché
poco importanti per la nostra crescita e il nostro equilibrio. Si
parla dei sogni, di cosa accade nel cervello di una bambina quando
chiude gli occhi e si lascia andare nelle braccia di Morfeo. Parla di
come siamo capaci (tutti) di creare un mondo nuovo, spesso fantasioso
anche a occhi aperti. Parla degli amici immaginari ai quali molti
bambini affidano la loro vulnerabilità e fantasia. E li conosceremo
questi amici immaginari, col loro corpo buffo che non ha niente di
umano ma che hanno la chiave giusta per essere l'amico che più amico
non c'è. Parla del treno dei sogni, che magari, come per noi adulti
se lo lasci scappare non torna più. Parla degli angoli più remoti
del nostro cervello, di quello che non capiamo, di quello, come nel
caso del dejavu, ci sorprende e ci spaventa ogni volta. Parla della
memoria a lungo e breve termine, parla di sensazioni che
immagazziniamo anche inconsciamente. Parla di famiglia, di come un
piccolo screzio la può far letteralmente vacillare. Parla di
amicizia che per un'incomprensione rischia di sgretolarsi. Parla
della passione (per lo sport, per un hobby) che a volte è l'unico
motore che ci fa alzare la mattina col sorriso. Parla delle millemila
informazioni che il nostro cervello ogni giorni elabora, tiene a
bada, rifiuta, respinge e accoglie. E infine parla di tristezza. Un
sentimento che, da che mondo e mondo, viene ricacciato e allontanato
forse per paura, forse perché è sinonimo di debolezza. Ebbene:
questo film ci insegna, in un modo per niente scontato, che senza la
tristezza non esisterebbe la gioia. Non esisterebbe una mano amica
che va ad asciugare delle lacrime. Non esisterebbe un sorriso
regalato per farti ridere. Non esisterebbe la consolazione di un
abbraccio. Non esisterebbe semplicemente un sentimento che deve far
parte di noi per insegnarci a elaborare una perdita e ricominciare da
capo. Renderci forti per gioire con più vigore. Perché solo se hai
conosciuto la tristezza puoi assaporare appieno la gioia. Così,
lapalissiano.
Ecco perché vi consiglio
questo film. Perché parla di noi. Di noi tutti. Che combattiamo
tutti i giorni con queste e altre emozioni quando a volte,
semplicemente, dovremmo lasciarci andare.
Qui: info del film.
Di seguito il trailer ufficiale.