lunedì 24 novembre 2014

Chi ha un cane è una persona paziente


Chi ha un cane è una persona paziente.
Sono arrivata a questa conclusione stamattina, dopo aver portato a spasso per la prima volta il cane della mi'mamma. Cane...vabbè, quel cosetto peloso alto un barattolo e poco più.
Insomma, io ero dalla mi'mamma ad aspettare l'ora per andare a prendere Alice e sto canetto girottolava un po' inquieto. Il mi' babbo non era ancora arrivato e ho detto “Dammi il guinzaglio, vai, che lo porto io a fa' una passeggiatina.”
Cioè, l'inferno.
Premetto che non ho un cane, non l'ho mai avuto e credo che nemmeno lo prenderò nei prossimi mesi perché ritengo che un cane vada tenuto bene e che richieda un impegno e una dedizione  che noi sul momento non possiamo dargli. Tuttavia i cani a me piacciono, più quelli grandi che quelli piccoli a dire la verità, ma è solo una questione di gusti, niente di più.
Insomma, dicevo: io il cane non l'ho mai avuto quindi non so come si comporta un cane a passeggio. Io sognavo o di essere trainata tipo slitta sulla neve (ma vista la mole del toporagno 'sto sogno è svanito subito) o camminare a testa alta con 'sto canetto che a coda ritta mi seguiva passo passo tipo la pubblicità di Barbie e Toby, l'amico del cuore.
Lui tutto contento si fa mettere la pettorina da me e la mi'mamma e in due c'abbiamo messo l'equivalente di quanto ci vuole alla sottoscritta per capire come cambiare canale su Sky. Poi tutto trotterellante mi precede fuori. Oh che bellino! Ganzo!
Me la devo essere gufata a bestia perché già dopo dieci passi si ferma.
Okay, dovrà fare pipì. E infatti.
Poi riparte e dopo tre passi si riferma.
Okay, la dovrà finire. E infatti.
Dopo due passi si riferma. Ma ha la cistite 'sto canetto? Alza la gamba ma non produce.
Okay, non indaghiamo troppo. Prendo atto della mia ignoranza sui cani e va bene così.
Dopo tre secondi si riferma. Scappa cacca.
Produce una cosa che mi fa domandare se mia madre da mangiare gli dia le pantegane ma non voglio soffermarmi nemmeno su questo. Soffermiamoci piuttosto sul fatto che essendo uscita in stile Barbie Fashion e il suo Yorkshire non ho pensato a prendere le bustine. E quindi ho dovuto fare con quello che avevo in borsa e cioè: svuotare un sacchetto di fazzolettini, usarne uno per raccogliere quel che resta di un cane dopo la digestione e usare il sacchettino di nylon Tempo per metterci dentro una roba che una fogna di Calcutta in confronto è un Arbre Magique.
Già qui ero intenzionata a tornare indietro. E avevamo fatto solo sei metri. Ma io sono impavida. Cosa può fare ancora il microcane? Nulla, a parte fermarsi ogni due secondi. Due secondi. Ad annusare la qualunque, assaggiare una foglia, sniffare l'erba, giocare con un legno, litigare con una lumaca...Allora: io sto alla pazienza come Orietta Berti al rock and roll, per capirsi, e il mio motto è GO!, quindi potete immaginare la mia faccia davanti al toporagno che pare si interessi alla flora e alla fauna di tutto il pianeta. Hai voglia di tirarlo, chiamarlo e dirgli “Andiamo!”, a lui non fregava una benemerita fava. Un'ora e un quarto per fare dieci metri. Senza contare che si è fermato spesso di botto e si metteva immobile davanti ai pali della luce manco fosse in preda alla sindrome di Stendhal. Forse gli appariva la Madonna. Non è dato sapere.
Poi ha cominciato a grattarmi le gambe. Un passo e grattava. Un altro e grattava. Tipo bimbino che vuole essere preso in braccio. E infatti era stanco. L'ho preso in braccio e mi ha leccato il mento come a dire “Grazie. Come dog sitter fai cagare, ma grazie.” Poi l'ho rimesso giù sotto minaccia e lui ha camminato per quanto...quattro passi? Poi si è rifermato.
No, vabbè. “Ascolta un attimo porcellino d'india, non sei una compagnia telefonica che gira tutto intorno a te, chiaro? Io c'ho da fa'. Ci diamo una mossa?”
Lui ha tirato su la faccetta e l'espressione diceva “Cazzo vuoi?” Il tutto sempre con sto sacchettino di merda appresso, badate bene.
Poi si è nascosto sotto un'auto. Ferma. Sennò non sarei qui a pubblicare un post ma starei piangendo la morte di un cosino peloso. Poi ha rincorso un altro cane e mi ha tirato per un metro e Dio che goduria, sembrava un husky! Vabbè, non esageriamo, l'importante è sognare. Poi, vicino al traguardo, si è fermato di nuovo e non si voleva schiodare. Lo ammetto: per fare prima ho alzato la pettorina e ho lasciato che volasse un attimino. Ma solo un attimo, il tempo di fargli sentire cosa provava Icaro. Bellino, però. Muoveva le zampettine quasi a tempo. Poi siamo rientrati e l'ho visto triste, perché con me è ovvio che si è divertito un casino.
“Com'è andata?” Mi ha chiesto la mi'mamma.
“Bene, mamma. Ma oh! Una fatica!”
“Come una fatica.”
“È bravo, eh? E pure bellino, ma è di un lento ma di un lentooo! Si ferma ogni due secondi! E poi è duro! Ma durooooo!! Non puoi capì! Hai voglia di chiamarlo 'Charlie!Charlie andiamo!!' e lui nulla, non si muoveva.”
“Ci credo. Si chiama Fonzie.”

p.s. Il bello è che quel nome l'ho scelto io.

martedì 11 novembre 2014

Il robot spara missili

Settimana scorsa sono stata invitata da una maestra elementare per coordinare e seguire i bimbi della sua classe durante un tortuoso e difficile cammino: costruire un racconto per partecipare a un concorso letterario rivolto alle scuole.
La maestra si è affidata a me perché mi conosce, perché sa che in passato ho scritto e vinto con racconti per l'infanzia, perché sa che mi piacciono molto i bimbini e perché probabilmente non sapeva più dove battere il capo. La sua richiesta si può riassumere in “Ho 25 racconti e ne devo fare uno. Ovviamente i racconti sono tutti differenti e devo invece seguire una traccia già delineata. Ergo: vojo morì.”
Allora io, armata di mantello rosso e tutina blu, mi sono catapultata in loro aiuto al grido di “SuperSimoooo!!!”
Già come mi hanno accolto mi doveva far capire che sarebbero stati due giorni fantastici.
Busso alla porta e si leva un coro di “Avanti!”
Decidono loro, evidentemente.
“Bimbi, questa è Simona.”
“Ramona? Che nome è Ramona?”
Ottimo.
Mi hanno squadrata da capo a piedi, fino a che un bambino mi ha detto “Sei la nostra ultima speranza. Abbiamo fatto un casino che la metà basta e avanza.” Pure la rima, si vede che è bravo nelle poesie.
La maestra mi fa: “Siediti alla cattedra”
“No, ma ti pare? Sto in piedi.”
“Ho detto mettiti alla cattedra. Questi, se stai in piedi, ti vengono dietro”
Mi siedo alla cattedra e dio che figata! Mi sono sentita molto la maestrina dalla penna rossa!
Guardo la classe e mi accorgo che ognuno si fa i cazzi propri: c'è chi si scaccola, chi è in ginocchio sulla sedia in bilico come un numero da circo, chi passeggia indisturbato che manco in Corso Italia, chi si improvvisa lanciatore del peso con l'astuccio del compagno, chi si regge la patta dei pantaloni chiedendo non solo di andare in bagno ma anche pietà e chi sta facendo col gessetto la sagoma del compagno sul pavimento in perfetto stile Scena del Crimine. L'ho amati. Da subito.
Dopo aver cercato di attirare la loro attenzione lanciando bombe a mano, finalmente possiamo iniziare a lavorare sul racconto. Ovviamente hanno scelto il genere più difficile da costruire: il giallo. D'altronde sti bambini oltre a Peppa Pig sono bombardati da signore in giallo e don mattei, e quindi cosa ti devi aspettare? Leggo loro l'incipit (già incasinato di suo) li lascio pensare, poi raccolgo le loro idee per farne un unico pezzo. Riuscire a ingoiare una spada infuocata, per me, sarebbe stato più facile.
Alzano la mano a turno.
“Dimmi.”
“Allora, c'è il delitto, no? Poi arriva un robot...”
Lo fermo “Un robot? Si svolge in una casa nel bosco, e l'incipit fa capire che non è una storia fantascientifica.”
“Ah.”
“Comunque vai avanti, vediamo dove ti porta la fantasia.”
“Sì, allora... dopo che hanno scoperto il morto, arriva un robot..” Vede il mio sopracciglio alzato e rettifica “...Un robot che abita nel bosco.”
“Ok, vai avanti.” Gli sorrido per incoraggiarlo.
Riporto testuali parole:
“Insomma c'è questo robot che fa paura e nessuno riesce a catturarlo!Fa una strage e c'è tutto il sangue e combatte con la sua voce robotica 'IO SONO UN ROBOT CATTIVOOOO'!! E anche la polizia ha paura perché è alto due metri e poi perché spara missili e ammazza tutti!”
“Spara missili? Deve essere un racconto veritiero, ricordi l'incipit?”
“Okay, allora spara polpette.”
Mi son cappottata sulla sedia. E niente, lui il robot ce lo voleva. Non è stato possibile farcelo realmente incastrare un robot in questa storia però per il concorso abbiamo scelto un suo disegno, perché era uno dei più colorati e ad effetto. Secondo me se lo si osserva per più di due minuti appare veramente un robot che spara missili in 3D.
Poi è stata la volta del vero giallista. Un bimbo che mi avrebbe fatto comodo averlo accanto  nella stesura di Chiudi gli occhi, perché ha avuto delle idee non solo geniali, ma molto molto logiche e mature. Sono rimasta colpita. Ha esposto la sua teoria e sinceramente c'è sembrata la meglio. I compagni, per niente gelosi, lo hanno supportato e hanno accolto questa pseudo trama con molto entusiasmo, anche se ha smontato con un'arguzia e una lucidità degna di Poirot le varie ipotesi degli altri bambini. In parole povere, i suoi ragionamenti non facevano una piega. Perfetti.
“Bravo, sei un giallista nato, i miei complimenti!Leggi molti libri gialli?”
“No, ho visto tutte le puntate di Castle.”
Poi, in ordine sparso c'è stato:
il disfattista: “A me mi sembra che non torni niente. Bah!Poi fate come vi pare, ma a me non mi garba. Se lo dite voi...mah!...”
il pigro:
“Senti oh! Io sono arrivato a scrivere fino a qui. Andate avanti voi che io per oggi ho fatto già abbastanza!Quando avete finito, m'avvertite.” Un ganzo.
L' impressionabile:
“Possiamo fare che il morto non è morto e che invece fa finta e che il sangue in verità è succo di pomodoro, e che poi finisce che era uno scherzo?”
Il confuso:
“Senti, Lucia...”
“Lucia? Mi chiamo Simona, ricordi?”
“Ah sì, Simona.”
Dopo cinque minuti “Lucia?”
“Simona”
“Sì, Simona...”
Dopo tre minuti “Lucia?”
“Dimmi, topo.”
È rimasto interdetto “Ma non ti chiami Simona?”
“Volevo vedè se stavi attento.”
C'è chi mi ha chiamato 897 volte Maestra (la forza dell'abitudine), chi mi ha chiesto generando dieci secondi di terrore “Ma te a chi la dai?” (riferendosi alla mia storia una volta finita.) C'è chi mi ha detto “Ah, e quindi te sei una scrittrice. Quindi lavori in libreria (???). Bene, se mi dici quale così poi io vengo e mi fai lo sconto.”
Chi mi ha detto:
“Somigli alla mi'nonna”
chi: “Anche la mia baby sitter si chiama Simona ma è più giovane di te”
e chi “Hai una figliola di quattordici anni? Me la fai conoscere?”
Verso la fine della lezione si è avvicinato il bambino del robot “Senti Simona, io c'ho ripensato. Lui in verità (indovinate il soggetto? Bravi) non ammazza tutti sparando polpette ma ha una maschera che con gli impulsi del suo cervello fa esplodere le cose. E poi....e poi...lui ha dei guanti speciali che se ti stringe la mano muori!!”
“Mmh...la storia ormai è terminata, ma credo che farò tesoro delle tue parole, magari per il mio prossimo libro, va bene?”
Lui mi guarda e poi, la svolta.
“Anche io sto scrivendo un libro!”
“Ma dai?! Fantastico! Di cosa parla? Aspè, fammi indovinare...un robot!”
“Sì!”
Se fosse cresciuto a Goldrake e Mazzinga non oso immaginare dove sarebbe arrivato:“Dimmi a grandi linee la trama, via!”
“Allora c'è questo robot che è malvagio e va dentro casa e sale in camera sua fino all'ottantesimo piano...”
“Ottantesimo piano? Allora non è una casa, è un grattacielo.”
Mi guarda dubbioso rendendosi conto dell'incongruenza, poi sentenzia convinto “In realtà è un albergo.”
“Bene, vai avanti che si fa interessante.”
“Va in cima e trova un computer dove ci sono dati importanti sulla distruzione del mondo. E lui deve combattere e allora prende l'ascensore ma ci trova tutto il sangue e le braccia morte e una gamba tagliata e le teste mozzate e allora poi va in un ufficio e scopre il computer del nemico e un succo di frutta e poi lo beve che così gli dà forza e spara missili a tutta randa e muoiono tutti!!”
“Mmh...interessante. Potrei intanto leggerne un pezzettino, magari?”
“E no. Non puoi.”
“E perché? Non hai detto che l'hai scritto?”
“Sì, ma l'ho scritto nella mia testa.”
Semplicemente fantastico.
Sono stati due giorni meravigliosi dove davvero ho bevuto le loro storie e mi sono nutrita dei loro pensieri strambi, folli ma appunto per questo bellissimi.
Una bambina, pronta già con lo zainetto in spalla, mi ha detto tutta triste “Ma ora non torni più?”
“No, mi sa di no, la storia è finita. Mi dispiace.”
Lei, coccolina, per tutta risposta ha abbassato la testa, l'ha infilata sotto il mio braccio e si è lasciata accarezzare la testa fino a che non è suonata la campanella.
Non si vincerà il concorso, ma quello che mi hanno regalato in questi due giorni, vale più di un primo premio.



CHICCO TICIFICCO

Possibile che una vada in lavanderia a ritirare un indumento e che questo evento sia la causa di uno spignattamento creativo al limite dell'assurdo? Spiego. È iniziato tutto stamattina quando in casa mia c'era più casino che all'apertura del nuovo centro Trony dove prendi un telefonino barattandolo con una caffettiera dell'83. Il fatto è che la sottoscritta e la bimba piccola (quella che va alle medie) siamo state intralciate dal bimbo grande (quello brizzolato, di un metro e 87, che ogni tanto si dà al giardinaggio), perché lui era in partenza. In gita, diciamo. Andava a Roma per la partita di rugby e quindi dovevo aiutarlo a preparare lo zaino. Amore. I “Il cappello dov'è?” “Lo zaino? Era qui qui fino a tre anni fa” “I fazzoletti? C'avete mica i fazzoletti?” si sprecano, e il Santo girava intorno a noi come i rotoli di fieno nel Far West. Se ci mettiamo che Alice andava a rilento per via di un raffreddore/mal di gola/ sinusite/mal di orecchie che ha da tre giorni a questa parte, potete capire il grado di casino. Dopo aver fatto le raccomandazioni di rito a quello grande, lasciando per ultima “E mettiti la sciarpina che a Roma fa freddo”, io e Alice siamo partite alla volta della scuola con una leggera spruzzata di neve a tenerci compagnia. Però. C'è un però. Se durante il tragitto casa-scuola, mia figlia sta zitta, direi che non sta bene. Proprio no. Oddio... stamattina a sentirla parlare metteva paura. Na voce bassa, roca, gutturale e mocciosa. Arriviamo davanti alla scuola, spengo la macchina, mi giro e la vedo con la testa penzoloni e l'occhio lucido. “Ali, ma ti senti bene?” “Mica dando. Mi sendo la febbre” Evvai. Come l'ultima delle cretine riaccendo la macchina, faccio inversione e torno indietro, sotto gli occhi allibiti delle altre mamme che mi hanno visto arrivare, salutare e andare via. Avranno pensato “Se voleva salutarci, bastava una telefonata!” Morale: Ali non è in forma, è piena di moccio fino agli occhi e... okay, basta, avete capito, non siamo mica a Elisir. Ma non abbastanza da non ricordarsi “Mamma, debi addare in labanderia a ridirare la tuta da sci per la mia gita sulla nebe”. Eccerto. La gita sulla neve con la scuola. Io dico che si riprenderà prestissimo, infatti si offre volontaria per fare pure l'aerosol, pensa te. Fatto sta che vado alla mia lavanderia di fiducia (conosco bene le ragazze), smanettando dentro alla borsa a testa bassa per cercare la ricevuta e quando finalmente alzo lo sguardo, lo vedo. LUI: UNA FOLGORAZIONE. A quel punto dimentico tutto, il perché, il percome e tutto il cucuzzaro. No, non ho visto Raoul Bova, Luca Ward o qualsiasi attore figo di soap opera. Ho visto una cosa che mi ha fatto partire l'embolo, che mi ha fatto dire “Lo voglio!” e dopo due secondi mi ha fatto pensare “Mo' me lo faccio!” Sì, okay queste due frasi potevano benissimo essere usate anche per il figo delle soap opera, ma tant'è. Vi presento CHICCO TICIFICCO. (Il nome è frutto della mente malata di due femmine che abitano in questa casa) Ma non è fantastico? Quando l'ho visto, ho esclamato “Nuooooooo!!!E questo?”
 “Hai visto bellino? È perfetto per i nostri biglietti da visita. Eh...!Son cose che si fanno in pensione...” “Ma se state lavorando!”
“Ma non l'abbiamo mica fatto noi! Ce l'ha regalato un nostro cliente!” 
A quel punto me lo sono guardato e riguardato, l'ho preso in mano (ve prego), l'ho studiato, l'ho scannerizzato, fotocopiato, copiaincollato, perché nella mia mente bacata già lo stavo facendo a casa al grido di “Lo so fare. È facile”. La ragazza, nel frattempo, ha preso la mia ricevuta e si messa a cercare la tuta da sci e ho pregato che ci stesse tanto così, nel mentre, potevo studiarmi l'animale. Manco fossi Piero Angela. E ce l'ho fatta. Perché è facile, mica per altro. Potete anche voi crearvi in 20 minuti un porta-foglietti/scontrini/bigliettini/post-it/ in maniera simpatica e originale. Roba che possono fare tranquillamente anche i vostri figli. Vi occorre solo un bottone nero per il naso, un libro dalla copertina semirigida (doppione o che non vi piace, o che vi ha regalato vostra suocera, o che avete deciso di buttare, o che volete sacrificare fino a un certo punto per creare il vostro CHICCO TICIFICCO) e altri due bottoncini scuri o occhietti mobili che vendono nelle mercerie più fornite a pochi centesimi. Il lavoro originale prevedeva il taglio della copertina, ma io non me la sono sentita, mi sembrava veramente un sacrilegio, quindi anche voi potete fare come me. Prendete il libro, piegate la pagina nel mezzo e piegate l'angolino in cima. Così per tutte le pagine, compresa la copertina. Vi consiglio di usare un libro non troppo alto perché le pagine acquistano volume, ovviamente, e rischiate di ritrovarvi un riccio obeso. A questo punto con una puntina di colla a caldo incollate il naso e gli occhietti, e il vostro CHICCO TICIFICCO è pronto per accogliere qualsiasi vostro appunto di famiglia. Ficcateci appunto quello che vi pare, dall'appuntamento col dentista, al buono da spendere in profumeria. Farà bella figura soprattutto sulla scrivania e vicino alla libreria. Ed ha pure un lato B bello e invidiabile. E poi non dite che non vi do i consigli su come riciclare in maniera carina dei libri vecchi e in disuso. Altro che bruciare nel caminetto, scambiarlo alle bancherelle o relegarlo sotto il comò che traballa. Qua si reinventa la cultura. Un'altra cosa: ho cercato di usare poca colla perché se mi dovessi pentire di aver sacrificato proprio quel libro, basta che tolga gli occhietti e il naso, che stiri un po' le pagine e il libro tornerebbe in libreria come prima e non se ne accorgerebbe nessuno che una volta è stato un riccio. Se uno volesse fare una ganzata per questo lavoretto sceglierebbe 'L'eleganza del riccio'. Sarebbe una furbata da paura, nevvero? Ecco cosa partoriscono due donne lasciate sole un sabato intero. Il bello è che quella più giovane poi guarisce dal raffreddore che le annebbia la mente, ma per quella grande è un casino. Non c'è proprio cura. p.s. Il pensionato aveva usato un librino Harmony. Della moglie. Sicuramente sottratto a sua insaputa. E te credo che non si è fatto scrupoli a tagliarlo :-D p.p.s. QUI potete ascoltare l'intervista a Fuoriserie (per chi fosse interessato e l'avesse persa).Quando ancora non trasformavo libri in ricci.

martedì 4 novembre 2014

Il Triangolo Rovesciato



Vi ricordate quel giochino da bambine anni '80 che si chiamava Gira la moda?
Ma quanto era bello?
Ma io non ce l'ho mai avuto. Ce l'aveva mia cugina mi pare, o una mia amica, anche se sono passati solo dieci anni (sì vabbè qualcuno in più, ma c'è bisogno di ricordarmelo?) io non me lo ricordo a chi lo fregavo.
Insomma dicevo: c'era sto giochino dove tu potevi creare vestiti. Più che creare potevi combinare quelli che oggi chiamiamo outfit. La maglia a righe con la gonna a fiori, i pantaloni larghi con la canotta, la camicia bianca con i jeans. Poi ricalcavi tutto e coloravi. Era bellino pe' davvero.
Forse la mi' mamma, in quanto sarta, non me l'hai mai comprato perché io il Gira la moda lo avevo in diretta in casa tutti i giorni. Le volte che ho visto mamma imbastire un vestito o tenere gli aghi in bilico tra le labbra non si contano sulle dita di un'intera popolazione. Quindi che vuoi comprà quando cresci tra metro, stoffe e puntaspilli?
Tutto sto preambolo per dirvi che l'altro giorno ho scoperto i video di Anna Venere.
Anna Venere (che io non conoscevo - il suo blog è questo) è una graziosissima ragazza che insegna a vestirsi in maniera adeguata in base al nostro fisico. Mi piace tanto perché non è una fashion blogger, non sale in cattedra, non si atteggia, ma ci aiuta a capire come valorizzare il nostro fisico e più che altro che fisico abbiamo. Lo fa in maniera molto pacata, argomentando molto bene i contenuti e dando delle dritte molto efficaci tipo che è inutile che tu voglia mettere un tubino quando, da quanto sei secca, poi rischi di sembrare un lampione. Okay?
Ora. Un po' perché c'ho avuto mamma che mi faceva i vestiti su misura, un po' perché ogni donna SA quale è il proprio punto debole, io, anche senza Anna Venere so cosa mi sta bene e cosa mi sta malissimo. Ciò nonostante mi sono bevuta i suoi video perché sono molto molto carini e ho appreso altre cose che ignoravo.
Ho scoperto per esempio che faccio parte di una categoria rara e in minoranza, ergo: la più difficile da vestire. Te pareva? Tutto perché le vere femmene sono a Mela, a Pera o a Clessidra e quella alla quale appartengo io è classificata tra 'Mario il muratore' e 'Fabrizio il palestrato'.
Le categorie fisiche delle donne infatti si dividono in 'Pera' (spalle strette, fianchi larghi) 'Mela' (forma più rotonda con poco punto vita), 'Clessidra' (vitino da vespa, tette e fianchi prosperosi) 'Rettangolo' (le magre con le giuste proporzioni tra spalle e fianchi' e il raro (almeno in Italia) Triangolo rovesciato (spalle larghe con molto seno e fianchi stretti.) Di questo c'è una sotto categoria : Spalle larghe con zero tette e fianchi stretti che sul vocabolario della moda lo trovate sotto la voce: Simona.
Sia chiaro, io non mi lamento, non ho mai avuto grandi problemi di linea e sono sempre stata piuttosto magra. In alcuni casi gonfio come una zampogna e a volte ho preso qualche kg, ma non siamo qui a parlare di questo, siamo qui a parlare della mia forma, che mi è stata tramandata, io non ho colpa. Infatti nella mia famiglia, soprattutto le donne dalla parte di babbo, sono tutte leggermente androgine. Spalle larghe, poco seno, fianchi stretti. Quando dico spalle larghe intendo che spesso e volentieri mi chiedono se ho fatto nuoto a livello agonistico. Figuratevi. Ma vi pare?
Ricordate le misure perfette? 90-60-90?
Bene, io di seno ho 100. Cento. E se considerate che non ho tette potete ben capire che il mio metro è tutto di groppone. Che finezza. Due spalle che, soprattutto ora che vado in palestra, da dietro mi fanno assomigliare vagamente ai fratelli Bergamasco. Però posso lamentarmi a vita con “È tutto sulle mie spalle!” che voglio dire, son soddisfazioni.
Il problema che ho cominciato a capire fin da giovanissima è che quello che mi entrava di fianchi non mi sarebbe mai entrato di spalle. E quello che mi entrava di spalle mi stava largo di fianchi. Tipo che  un tailleur lo devo prendere di due misure diverse, perché se sotto vesto una 40- 42 di sopra mi ci vuole una 44-46. Perché se provo a indossare una 42 di sopra, la schianto sulla schiena come l'incredibile Hulk, e non è bello. La 40 manco mi entra in un braccio, per dire.
Le tute: se prendo una M mi stanno i pantaloni ma non mi entra la maglia. Quindi anche qui andiamo di spezzatino: una L per sopra e una M per sotto. In effetti sono la gioia di ogni sarta, mai una volta che mi entrasse uno spezzato della stessa misura. L'altro giorno mi sono provata un tubino nero che lèvate. Ho aperto la cerniera, l'ho infilato dalle gambe e wow! Fasciato stretto stretto sui fianchi, mi faceva un lato e B e una pancia così piatta che manco un tagliere, ma vado per infilarlo di sopra e...l'ho scucito. Scucito. Niente da fare. Due spalline piccine così. Dove io non entrerei nemmeno se mi segassi una scapola o mi piegassi una clavicola a mo' di origami.
Lo so, non sono problemi, si fa per parlare di moda, okay?
E poi? Vogliamo parlare dei vestiti che mi stanno di merda?
Uno a caso: il vestito all'imperiale. Tipo quello che indossavo per il Jane Austen Day. Avete voglia di dirmi “Ma come eri carinaaaa!!!” Bugiarde. QUEL TIPO di vestito a me sta malissimo. Qualsiasi abito con la fascia sotto il seno non fa altro che accentuare la grandezza delle mie spalle nascondendo il punto vita che ringraziando Dio almeno quello c'è. Ed evidenzia le mie braccia che non sono proprio diciamo da signorina dell'800.
Mi stanno male gli scolli tondi, mentre benissimo quelli a V.
Mi stanno male gli stivali tronchetto e mi stanno bene i sandali a schiava.
Mi stanno male le decolletè, le ballerine ma mi stanno bene le peep toe. Il fatto che io poi non ci sappia camminare bene e che mi appaia la Madonna quando alla sera me le tolgo, sono solo dettagli.
Mi stanno male i vestiti con i laccetti e tutti dritti fino ai piedi, ma mi stanno benissimo i cappelli.
Mi starebbe bene anche una quarta, un nasino alla francese e le extension, ma non si può avere tutto dalla vita.
Insomma, se volete avere la conferma di essere una mela, una pera, una macedonia, un triangolo isoscele o scaleno, vi consiglio una giratina sul blog di Anna Venere e di vedere i suoi video.
A me sono piaciuti tanto e no, non mi ha pagato. A dire il vero non ci conosciamo e non sa nemmeno che ho fatto sto post. Ora glielo vado a di'.









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