martedì 30 dicembre 2014

Ma come fanno le foodblogger



Io lo dico sempre e lo ripeterò all'infinito: non potrò mai essere una foodblogger.
E non me ne rammarico di questa cosa perché in fondo non è che ho mai sognato di diventarlo, proprio no. Mi piace cucinare, fare dolcetti e muffin ma coi mestoli sono un casino.
Tipo che per fare un dolce ci vogliono al massimo due ciotole e una forchetta e sul mio piano trovate: due ciotole, tre piatti, un tegamino, otto posate, le fruste elettriche, il minipimer, il barattolo dello zucchero infilato in quello della farina, il burro semi sciolto perché me lo scordo fuori dal frigo, i gusci delle uova rotte insieme a quelle ancora da rompere, un gatto e via dicendo. In poche parole: un casino che basta e avanza. Sono una creativa, che ci volete fare.
Non solo, sono anche un po' despota: faccio solo cose che mi piacciono. Tipo che al Santo piace tanto la mandorla, a me non garba e quindi non ho mai fatto un dolcetto alle mandorle. Nulla. Nada de nada. Lo so, ma non sono stronza, è che mi disegnano così. Io le cose le devo fa' di pancia e di cuore e se provo a fa' una ricetta che non mi ispira o che 'non sento', mi vien fuori una ciofeca. Giuro! Però c'è da dire che il Santo pecca di gola (tre avemarie e un paternostro) e quindi gli vanno bene anche tutti gli altri dolcetti che preparo. Dev'essere roba semplice, però. Parecchio semplice. Io sono per le ricette da fare al volo, veloci e così facili che potrebbero essere cucinate da un bimbino. Sennò sminchio alla grande. Io sono da tutto e subito, se c'ho da aspettare mezza giornata già mi prende male. Per questo, bensì mi vengano buone, faccio raramente le brioches, va via mezza giornata, io ve lo dico.
Quest'anno m'era preso lo schiribizzo di fa' il pandoro o il panettone. Ho chiesto alle amiche foodblogger una ricetta 'semplice' e tempo tre secondi mi son resa conto di aver bestemmiato.
Le parole PANETTONE o PANDORO con la parola SEMPLICE son come due rette parallele: NON SI INCONTRERANNO MAI.
Le mie amabili cuochine mi hanno linkato alcune ricette, ma tempo di leggerne mezza e già perdevo sangue dal naso. Troppo sforzo. Io davvero non so come fanno. Per un panettone e affini ci vogliono tre giorni. Tre giorni. No, ma mi ci vedete? Io che, mentre mi depilo, con una mano tengo il rasoio e con l'altra pulisco il bidet. Io, che trovo unpardipalle anche girare spesso il sugo sennò si attacca. Io, che guardo solo le ricette con una stellina di difficoltà.
Ora sarebbe bello se vi sorprendessi con una megafoto di un bel panettone con su scritto “E invece l'ho fatto!!!”
Mi spiace deludervi: non ho fatto una beata fava. C'ho rinunciato. Ho fatto altro. Mi sono lasciata spaventare da tutta quella lievitazione, quella lavorazione, da tutto quell'aspettare, che vi giuro, mi farebbe morì.
Che poi è tutto un dai la cera togli la cera.
Prendiamo l'impasto.
Che qui mica vorrai usare farina normale, no? Ma che sei pazza? Minimo dev'essere farina del campo di grano del quarto imperatore della Cina con l'aggiunta di polvere d'oro egiziana ritrovata nella piramide di Cheope.
Il burro? Uè, mica il burro del Super. No, crema di latte delle montagne svizzere lavorata a mano direttamente dal nonno di Heidi e solidificata nella grotta di Betlemme.
Il lievito? Ce l'hai il lievito madre? Se non ce l'hai non sei NESSUNO. Ce lo devi avè, per accudirlo come un tamagotchi e sfruttarlo tipo lavoro minorile per i tuoi impasti. Davvero non ce l'hai? A parte il fatto che non ti far sentire dalle Foodblogger stellate che per questa tua mancanza ti potrebbero impalare e darti fuoco in piazza come una Giovanna D'Arco qualunque, e poi provvedi santoiddio, non è che puoi usare un lievito qualunque come abbiamo usato fino a tre anni fa prima che Cracco &C scassassero la minchia con le prelibatezze in cucina, chiaro?
Il latte? Che latte c'hai in frigo? Fai vede'? Non va bene. Ma ti pare? Ce l'hai una stalla? No? Un garage? Ecco, allora vai da un allevatore, comprati una mucca, trasforma il garage in una stalla e mungi la tua Lola. Solo così avrai latte genuino per il tuo super panettone. Minchia, ma ti devo insegnare tutto.
Lo zucchero. Ti dico solo una cosa: sappi che lo zucchero bianco è considerato IL MALE, regolati di conseguenza.
La frutta candita. Cooooosaaa??? Togli subito quella scatolina commerciale se non vuoi essere presa a sassate. La frutta candita TE LA DEVI FARE DA TE. Tzè, i canditi mi compra, lei.
Guarda, facciamo finta che hai tutta sta roba che t'ho detto, va bene? Tu dici 'ora lavoro l'impasto' e invece no! Mettilo lì che deve riposà dodici ore minimo, poverino. In forno spento con luce accesa perché evidentemente ha paura del buio. O sennò armata di sensore da rabdomante devi girare per tutta casa alla ricerca di un angolo asciutto al riparo da correnti d'aria, perché all'impasto l'aria fa male alla cervicale. Io non so manco in quale cassetto ho i calzini figuriamoci se so in che pertugio c'è meno aria; e, se anche ci fosse, minimo sarebbe dove si rintana il gatto in fondo all'armadio.
Dopo un tempo in cui avresti potuto imbiancare casa puoi riprendere l'impasto e lavorarlo con altra roba, ma non è ancora pronto. Lo devi fa' riposa' un'altra volta. Manco io dopo due lezioni in palestra sono così stanca, ma sorvoliamo. Dopo un tempo in cui avresti potuto fare un trasloco, lo riprendi e lo rilavori di nuovo. E non a cazzo di cane come tuo solito, ci dev'essere un verso anche per piegarlo. Tipo asciugamano da ospite. Pieghi lì, pieghi qui, CON CRITERIO, non a caso. E CON CALMA. Poi, quando sei lì che festeggi il tuo ottantaseiesimo compleanno, è pronto e lo puoi mettere nello stampo. Ma non lo puoi infornare perché deve lievitare ancora. Lo inforneranno i tuoi parenti prima di venire al cimitero perché nel frattempo sei morta, ma vuoi mettere la soddisfazione? Avrai fatto un panettone degno di questo nome, super cheffato, super stellato, che anche Bastianich direbbe 'Vuoi che muoro?' e tu risponderesti “No, per farlo son già morta io e mi pare più che sufficiente”.
Senza contare che ai parenti, ai quali hai lasciato solo 'la cottura', hai dato una piaga immane. Quindici minuti a centonovanta, dieci minuti a centottanta, tre minuti e dodici secondi tra centosessantacinque e centosessantaseivirgolatre, due minuti e ventisette statico, un minuto e trentatrè ventilato, quattro minuti con forno aperto mentre canti l'ultimo cd di Natale di Michael Bublè, e altri venti secondi a forno chiuso a patto che tu intoni Tu scendi dalle stelle in do minore.
Poi hanno il coraggio di augurarti Buon Natale. È una battuta, vero? Io me lo rovino il Natale se solo provo a fa' metà di 'sta roba con questi ingredienti.
E niente. L'ultimo post del 2014 è questo, dove dichiaro che non so fare il panettone e il pandoro, dove dichiaro (lo giuro vostro onore) che ho fatto con tanto amore il tronco di Natale che non è bello e buono come un panettone fatto in casa, ma dio solo sa se c'ho messo il cuore. L'ultimo post dove dichiaro che menomale ci sono le foodblogger che stimolano i miei neuroni e che cucinano con professionalità e una preparazione che io mi sogno la notte. Dove dichiaro che, a parte le battute, la mia è tutta invidia. Una sana invidia, perché girando per blog vi ho sfanculato con amore ma sbavavo come un San Bernardo d'Agosto davanti alle vostre splendide prelibatezze. A volte, ve lo dico, siete un bello stimolo. (Lo so sembra la pubblicità del confetto Falqui, ma tant'è)
Dove dichiaro che  ho la certezza che non potrei mai essere alla vostra altezza (ho fatto la rima?) anche se facessi 987 puntate di Masterchef.
Però ho un anno di tempo. Capace che a Dicembre 2015 io mi rinvenga e sforni il mio primo panettone.
Ora scusate, vado a sgomberare il garage sennò la mi' Lola non mi c' entra.

martedì 23 dicembre 2014

Il Natale in 10 punti.





1 . Il Natale a casa mia è quel giorno in cui il mio babbo (uscito da tavola alle cinque del pomeriggio) chiede guardando l'orologio e malcelando un prosit “Bene. E da cena che si fa?”

2.  È lo scambio di regali alla cazzo de cane, tipo che non usiamo metodo e disciplina. No, si tirano i regali alla rinfusa urlando il nome del prescelto e guarda di essere attento che sennò ti arriva tra i denti il minipimer di acciaio inox.  E quando sei in diciotto in un salotto la cosa si fa molto interessante.

3.  È il pranzo di Natale con 25 portate (dolci esclusi) dove la cosa più dietetica ha un ripieno fritto e messo in umido. E non t'azzardà a non mangiare che mamma mi si offende. La parola DIETA viene vista come una bestemmia.

4.  È la cena di Natale che guai a saltarla (vedi punto uno) a base di focaccine e affettati dove si infiltrano gli amici, gli amici degli amici, i conoscenti degli amici degli amici e i chiccazzoteconosce. Categoria meglio conosciuta come 'L'infiltrato al matrimonio'.

  1. Sono i giochi da tavolo che per spiegarli a mi'madre o alla nonna di turno impieghi circa tre anni luce e inizi la partita che è il 15 d'agosto. E puntualmente vincono con una stratosferica botta di culo.
  1. È la tombola dove dopo il primo numero c'è il genio che grida ambo, dopo quattro 'cinquina' e dopo dieci 'tombola', per poi scoprire che il 67 non è manco uscito e i fagioli è bene che tu li mangi invece di piazzarli sulla cartellina. Quando va bene si vince un osso finto rosicchiato dal cane.

  2. È il giorno in cui mia madre sentenzia “Domani semmai mangiamo gli avanzi” e puntualmente il 26 potresti morì di fame perché in casa mia non è MAI avanzato nulla. Quindi se hai fame oltre ad attaccarti al tram, attaccati pure alle gambe del tavolino, ciccio.
8. È il giorno in cui si bussa per andare in bagno. Mia madre bussa alla porta del SUO cesso in casa SUA. A volte c'è un pellegrinaggio che manco a Lourdes. Se poi riesce (grazie alle prugne del tacchino ripieno) a evacuare pure lo stitico, si può gridare al miracolo. E lì la gioia collettiva.

9. È il tappo di spumante sulla rampa di lancio che puntualmente fa avvolgere il capo con le mani alle donne al grido di “Il lampadarioooo!!” che in quarantun'anni di vita non ho mai visto cogliere. In fronte a nonna, in bocca al cane, nei gioielli di famiglia dello zio e nel vaso cinese sì, ma nel lampadario no. Mai una gioia.
  1. È il giorno in cui siamo stati anche in 27 intorno a un tavolone stretti stretti, vicini vicini, che per magnà ti conviene farti imboccare da quello davanti perché non puoi muovere le braccia, figuriamoci usare le posate. L'ideale sarebbe infilare direttamente la testa nel piatto come un bassotto nella sua ciotola. E cerca di fare prima i tuoi bisogni, perchè NON PUOI alzarti e NON PUOI passare, perché dovresti far alzare diciotto persone sia all'andata che al ritorno. Al massimo ti è consentito di portare  un catetere o un pitale; l'importante è che tu all'una in punto trovi una tua collocazione da seduto e da lì, per le restanti cinque ore, non te devi move. Piuttosto muori, ma rimani dove sei.


    Da questi pochi punti si evince che per noi il Natale ha un significato molto profondo.
    Gnaàfamo proprio.

    Detto questo: BUON NATALE, bimbi.
    E che qualcuno becchi un lampadario, scatti la foto del misfatto e della faccia della padrona di casa e me la mandi.
    Non chiedo poi tanto. Grazie.





      lunedì 15 dicembre 2014

      Un Natale diverso



      Sono le cinque e mezzo di un 15 Dicembre e io sto sorseggiando un tè agrumato mentre guardo fiera sotto l'albero di Natale: oggi ho impacchettato con calma e cura quasi tutti i regali. In più, stamattina, ho sfornato quattro teglie di biscotti così belli e profumati che la mia casina sembrava una piccola pasticceria.
      Voi direte: embè? e che c'è di strano?
      C'è di strano che, negli ultimi diciamo...vent'anni?  il 15 Dicembre,io  non abbia mai potuto fare quello che avete letto. 
      È la prima volta che nel periodo pre Natale  ho del tempo per la mia famiglia, per i  miei amici, per me stessa e per fare le cose che amo. E per godermelo, questo periodo. Senza essere fagocitata dall'isteria della gente, senza fare le corse, senza tornare a casa stanca morta con la pagliuzza nelle mutande. Non preoccupatevi per me, sto ancora lavorando, ma...diversamente diciamo. Ho un lavoro che mi permette un piccolo stipendio e tanto tempo da dedicare alla mia famiglia e alle mie passioni: infatti, tra le tante,  ho finito il terzo romanzo. È un Natale particolare questo qui, pieno di cose, di meraviglia, di novità. Riscopro la gioia di fare i regali handmade, di trovarmi con le più care amiche per farsi gli auguri più caldi davanti a un tè, fare biscotti al cioccolato insieme ad Alice con un  cd di Natale in sottofondo. Passeggiare tra i vicoli illuminati, sbirciare nelle vetrine vestite a festa, camminare mano nella mano  nelle vie del centro assaporando ogni passo, ogni metro. Senza fretta.  Riesco a godermi i preparativi con mamma e babbo che, negli ultimi anni, mi vedevano solo il 25. E che bellezza parlare con mamma di menù e offrirsi per fare un dolce strepitoso per il pranzo di Natale. Quello che per tutti viene vissuto come un bel periodo, di aspettativa, di preparazione, di impacchettamenti sotto le lucine colorate dell'albero, per la prima volta lo assaporo anche io e non mi sembra vero. È un Natale diverso. Più consapevole, più maturo, abbracciato e coccolato da una scelta  fatta un anno fa. Una scelta difficile, coraggiosa, ma che ho affrontato con grinta guardando avanti fiduciosa, nonostante i tempi, nel futuro. E ora, dopo tutto questo tempo, ho la conferma di aver fatto la cosa giusta. No, non solo per godermi il Natale, è ovvio. Per godermi tutto quello che c'è al mondo, che diamo così per scontato ma che scontato non lo è. Perché il tempo passa e non ce lo restituisce nessuno. E io il tempo lo voglio, lo pretendo, lo voglio vivere e prendere a morsi, gustarlo. Non sono mai stata una che si accontenta delle briciole. E questo tempo lo rivedo nei sorrisi sereni di Alice, negli abbracci stretti del Santo, nelle nostre passeggiate, nelle cene a un orario decente, in un dolce fatto a quattro mani.  Questo tempo preziosissimo lo rivedo in noi. Questo tempo che ora c'è, che ci alimenta, che ci sostiene e che ci unisce. E del quale non potevamo farne a meno.
      È un Natale diverso.
      È un Natale più bello.

      venerdì 5 dicembre 2014

      Il Natale nella Craft House

      Disclaimer: questo post nasce perché decine di persone mi hanno detto "Avete scassato così tanto con la casetta in Canadà che se non ci fate vedere come l'avete addobbata ve la tiriamo giù con un peto disumano."

      Una cosa che accomuna molto me e il Santo c'è anche la cura/manutenzione della casa. Non ho mai dovuto pregare per cambiare una lampadina, sistemare una staccionata, sturare un lavandino e via dicendo. Un'altra cosa che accomuna molto me e il Santo è che amiamo il Natale in maniera spassionata proprio. E c'è un'altra cosa che accomuna me e il Santo ed è la passione per la Craft House. Sì, lo so, la uso principalmente io per fare i lavoretti. Lui magari si sistema in verandina a leggere un libro, ma fatto sta che ci garba tanto (e vorrei vedè con tutta la fatica che ci abbiamo messo. Alimortè n.d.r.)
      Se mettete insieme Natale&Craft House è l'apoteosi. Abbiamo girato un po' per trovare le luci adatte e non vedevamo l'ora di addobbarla fuori e dentro  che manco Las Vegas!
      Sì, lo so, abbiamo esagerato, e pagheremo uno stonfo di bolletta, ma Natale quando arriva arriva. 
      Ho messo tuuuuutte le candeline sul mobiletto. (sì le accendiamo quando siamo dentro. No, non sono fisse accese. Sì, sono quelle di Ikea che costano poco.)





       

       Non guardate la mia cassettiera rustica per cortesia che è sempre work in progress. La mia idea è quella di tingere le cassette di bianco e studiarci qualcosa. Dentro ci sono le riviste di cucito e punto croce.





      Quella invece che vedete a sinistra è una stufina perché abbiamo scoperto che d'inverno ci si muore di freddo. Anche perché non ci faccio sollevamento pesi ma sto ferma ferma a cucire e se non voglio trasformarmi in Olaf in mezz'ora, era bene organizzarsi. Non posso dire nulla a riguardo sulla scelta della stufa perché mentre una sera ero lì a parlarne su FB con le amiche tipo "Prendi questa", "No, prendi quella," "No, prendi l'altra", il Santo è arrivato a casa e mha detto "Tho!Così cuci al caldo."
      Lo so è un uomo da sposare e infatti a 24 anni avevo già l'anello al dito, son mica scema.Eh.
      Ma non è bellina? Ma quanta atmosfera fa oltre a un caldo che se non la spengi dopo venti minuti mi ritrovano lessa come una castagna bollita, eh?



      E poi il fuori. Abbiamo addobbato prima il fuori che il dentro, chevvelodicoaffà, e non abbiamo ancora finito, tipo che la ghirlanda che intravedete era ancora scarna invece ora è tutta ripiena come un tacchino a Natale, appunto.
      E poi c'è da sistemare ancora qualche filo se non vogliamo che il pozzo parta tipo razzo sulla rampa di lancio di Cape Canaveral.















      Dalle foto potete ben capire che è una settimana che io lì dentro ci vivo. Ieri addirittura mentre cucivo, Alice è arrivata e m'ha detto "Posso studiare qui dentro?"
      No, ma ci garba solo un filino ino ino.
      Non ho altro da aggiungere,anche perché che devo di', giusto?

      p.s le foto non sono il massimo, ma leggere le istruzioni della Nikon mi fa perdere mazzi e mazzi di neuroni specchio, quindi stanno così, un po' sfocarelle.

      Ora vado che c'ho da cucire i regalini handmade per Natale proprio dentro la casetta.
      Mi piace vincere facile? Ponzi Ponzi pom pom pò!


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