martedì 21 ottobre 2014

Il reggiseno del vero amore





Sì, avete letto bene: il reggiseno che si sgancia da solo, solamente se c'è vero amore.
Che questa frase a me ricorda molto Shrek, tipo bacio del vero amore, quelle robe lì.
Ora vi spiego: praticamente hai su questo reggiseno che contiene un dispositivo proprio all'altezza del cuore ed è collegato al cellulare tramite un'App. L'App riceve l'impulso che il tuo cuore batte forte (ergo: sei innamorata) e si sgancia da solo offrendo le tue poppe al fortunato.
Ora, avrei da dire giusto due o tre cosette su questa roba.
Cominciamo col dire che io per esempio avrei un casino di difficoltà, perché se il Santo mi zompa addosso dopo una serata in cui siamo usciti, io dentro al reggiseno c'ho 3 kg di cotone. Il tubino nero sennò mi torna male sul davanti, capisci? Quindi metto il ripieno e il mio cuore non capta una beata minchia, quindi hai voglia di pastrugnare.
Poi: metti che una esce con uno sgorbio ma l'ultima volta che ha visto un uccello è stato nell'83 durante Super Quark nella puntata dedicata alle quaglie,  e le partono comunque le fregole. Ovvio che non è innamorata, le è solo partito l'ormone. Metti che a casa di lui, sul più bello, parta sulla televisione a 85 pollici la pubblicità della nuova borsa di Hermés con uno sconto stratosferico. Roba che bisogna approfittare subito sennò quando la ripigli a quel prezzo. Ecco, caro il mio sgorbio, in quel frangente il reggiseno non si sgancia, parte proprio a mo' di razzo e ti prende in pieno sulle gengive, io te lo dico. Una donna davanti a uno sconto di una borsa firmata non solo si innamora ma va in fibrillazione, quindi il cuore ha circa 8000 battiti al minuto e no, non è amore. Almeno non per te. Per la borsa. Quindi sta cosa, cari scienziati, è poco gestibile.
Poi ci può essere che il lui in questione ti scopra subito, del tipo “Andiamo a casa mia?” Con tanto di occhiolino. E se lui somiglia vagamente a uno spogliarellista, a te si sgancia non solo il reggiseno ma pure le mutande e non è bello che lui ti faccia “No, guarda, non ci siamo capiti. Ti porto solo ad assaggiare la parmigiana di mi' madre”. Immaginate la figura di merda. Così, scoperta subito. Ennò.
Poi c'è un'altra questione: togliete la poesia del momento. Cioè, è bello spogliarsi no? Anche se non sei Kim Basinger e non hai uno straccio di veneziana. E lasciarsi spogliare, ovvio. A meno che tu non abbia a che fare con un uomo che per sganciarti il reggiseno impiega lo stesso tempo che impiego io a risolvere un'espressione matematica, direi che fa tutto parte del gioco. Ci sono uomini così esperti che addirittura sganciano il reggiseno con uno schioccar di dita, con un click, manco tu fossi un link su Facebook. Poi ti tagga e ti condivide pure. Quindi in questo frangente è pure inutile.
Ci sono casi in cui non si sgancia per nulla, perché magari il gancino è arrugginito o al momento dell'attacco lo hai agganciato alla trina invece che nell'apposito buchetto. In quel caso l'uomo può andare in tilt e preso dalla passione te lo tira su e te lo sfila dalla testa. A volte lo fa con talmente tanta foga che rischia di strapparti testa e capelli, ma son rischi che per amore si corrono volentieri.
Devi solo assicurarti di togliere lo scalpo dal tappeto prima che il gatto tenti di accoppiarcisi.
Altra scena: lui sa che indossi sta minchiata e va sul sicuro. Sa che sei innamorata e che il tuo reggiseno si aprirà come le acque davanti a Mosè. L'aria nella stanza è talmente calda che pare di stare all'inferno, lui ti si struscia addosso, annaspa nemmeno fosse asmatico ma il tuo reggiseno non intende aprirsi. Tu preghi che si apra. La finestra. Preghi che si apra la finestra con una folata di vento perché rischiate di morì di caldo. Non solo: ti viene in mente che in una stanza assolata con 45 gradi all'ombra stesa sul letto è figa solo la Bellucci nella pubblicità del profumo di Dolce & Gabbana. Te no. A te si appiccicano i capelli alle tempie e i peli del pube ti si arricciano che pare tu stia partorendo Riccardo Cocciante.
Comunque.
“Embè?” fa lui, leggermente scocciato.
“No, ma ora s'apre” fai tu come se fossi a teatro e aspettassi di vedere il sipario spalancarsi.
“Si sgancia da solo se sei innamorata!” continua lui con fare accusatorio mentre la passione scema. Tu nel frattempo dai un'occhiata nei bassifondi e ti accorgi che non scema solo quella.
“Ma no! Si sarà inceppato. Ma ti pare!?” Provi a difenderti.
“Aveva ragione lui quando mi diceva che non sei innamorata di me!”
“Lui, chi?”
“Mio fratello!”
SDENG! Aperto. Poppe al vento come se non ci fosse un domani. Se pronunciava anche il nome pure i lacci delle mutande si aprivano scodinzolando come cagnolini. E ti scoprono. Perché al cuore non si comanda.
No, ma vi rendete conto che prova d'amore è questa qui? Non c'è macchina della verità che tenga. Se sei innamorata non ti si aprono solo le gambe ma ti si deve aprì pure il reggiseno con un botto. Roba che se lui è troppo vicino gli cavi gli occhi.
Tutto questo con un cellulare e un'App che se per caso ti si inceppa, minimo ti esplode addosso come un petardo.
“Allora, Mario? Luisa è innamorata?”
“Non so, è saltata in aria.”
Vorrei terminare dicendo che Meg Ryan ci ha insegnato che alcune donne fingono l'orgasmo talmente bene da meritare un premio Oscar e qua, scienziati puppologi, vi illudete che questo aggeggio si sganci solo se il cuore dice che è amore vero.
Mapperpiacere. Voi non avete idea, ma non avete idea, di cosa può arrivare a farvi credere una donna, soprattutto quando ha un uomo infoiato davanti.
Una donna, spogliata all'improvviso, senza quel necessario avvertimento di accoppiamento che torna sempre utile soprattutto nei mesi invernali, è capace di farvi credere che i peli che vedete sulle sue gambe non sono altro che un effetto ottico in 3D dovuto ai vostri neuroni specchio, e non una foresta di mangrovie da abbattere con la motosega.
E se una donna è capace di questo, il dispositivo dell'amore vero se lo mette in bocca, lo mastica e vi ci fa un origami a forma di M.
M di Minchioni.






giovedì 16 ottobre 2014

Shirley Temple de noattri

Da piccina parevo Shirley Temple.
No aspè, non ero così bellina, c'avevo i capelli a Shirley Temple, tutta ricci o boccoli. Poi crescendo mi son sciupata, in generale, capelli compresi, ma questo è un altro discorso.
L'altra sera mentre ero intenta a documentarmi su internet sulla scissione dell'atomo per una relazione che devo presentare a breve (Leggasi: cazzeggiare su FB), mi imbatto per puro caso su un video postato da un'amica (che manco mi ricordo chi è) che parlava di capelli. Apro il link, che mi rimanda su you tube dove mi si spalmano davanti tutorial per fare tremila pettinature in meno di dieci minuti. Mi si è aperto un mondo pilifero. A quel punto non guardo nemmeno più il video incriminato ma il mio sguardo volge a destra dove c'è tutta quella sfilza di videini uno sotto l'altro che sono il male. Ti incantano, ti stordiscono, ti ubriacano e ti fanno esclamare cose tipo “Voglio farmi i boccoli!” alle undici di sera mentre tua figlia e tuo marito sbavano di sonno sul divano. Pura poesia.
Guardo questo video di Clio (ammetto che, data la mia ignoranza, poteva essere anche Cleo, Cluo, Flua, Nina, Pinta o Santamaria) dove spiega come fare i boccoli (o riccioli belli definiti) in una sola mossa. Facile, indolore, con poco stress per i capelli. Basta una fascia e via. Vai a letto liscio come un levriero afgano e ti svegli che pari un barboncino incazzato. Perfetto.
Il giorno dopo ho costretto il Santo per le vie della città alla ricerca di una fascia adatta, perché quelle che avevo in casa non andavano bene. Erano troppo alla moda e traforate. Se avessi usato quelle, la mattina avrei avuto un bassorilievo artistico in fronte da permettere a Vittorio Sgarbi di farci dieci puntate di storia dell'arte.
L'ho trovata ovviamente subito e a poco prezzo.
“Che ci devi fare? Mica l'ho capito.”
“I boccoliiii”
“E come fai, scusa? Ma non erano meglio i bigodini?”
“Eh, ma con i bigodini mica ci posso dormire!”
“Fammi capì: te stanotte ti bardi e dormi con la fascia?”
“Fidati amò, tranquillo che domani son tutta carina e boccolosa!”
La sera li preparo: li spazzolo per bene, ci metto un po' di siero per ricci, li divido in 5 ciocche, mi metto la fascia in fronte, infilo le ciocche dentro, mi guardo fiera allo specchio e...sembro Rambo.
Dopo l'incidente.
Dio, non mi si può guarda'.
Davanti sembro Rambo che imita la principessa Leila di Guerre Stellari, grazie a due girelle di capelli sopra le orecchie. Dietro sono un misto tra una fanciulla dell'ottocento e un nido di cicogna.
Ridicola, son ridicola. Il mio motto però sapete qual è: chi bella vuole apparire un po' deve morire. Di vergogna. Insomma, esco dal bagno molto tronfia perché so che il giorno dopo sarò molto faiga, e sfoggerò i miei boccoloni con molta sicumera.
“Andrea, guarda come...”
“AAAHHHHHHHH!!!” Andrea ha fatto un salto degno del miglior primato del salto in alto. Nemmeno avesse visto la bambina dell'esorcista. Ci mancava solo che si poggiasse una mano sul cuore e si accasciasse e poi eravamo a posto. Esagerato.
“No, cioè, ndo vai te così?”
“In casa!”
“E vorrei vedere! E quanto la tieni sta roba?”
“Tutta la notte, caro.” A quel punto mi son messa a limarmi le unghie con aria di sufficienza.
“Stai scherzando.”
“Mai stata così seria.”
“E vieni a letto così”
“Esatto”
Poi ha scosso la testa e si è messo a ridere. Non a sorridere, a ridere proprio. Molto ridere.
Dio, che nervi. Cioè, ma non capisce proprio. Io domani sarò stupenda e lui ride. Ride dei miei capelli, che ora sì, magari sono un po' strambi, ma bisogna essere avanti e immaginarsi il dopo. Bisogna essere lungimiranti, perdio!
Tzè!
Comunque vado a letto con sta cofana e ci dormo bene, a dire la verità. Credo che la fascia sia rimasta al suo posto 40 minuti, poi è scivolata non so dove perché come sapete io dormo molto precisa, no? (Se volete sapere come dormo leggetevi questo). In pratica ho rischiato di strozzarmici.
La mattina ci svegliamo e il Santo ha le lacrime, ma non di commozione. Continua a guardarmi e a ridere e non so come si permetta visto che... AAAHHHHHHH!!!!
OMMIODDIO! Mi guardo allo specchio e sembro Einstein quando fa la linguaccia. In quel momento sono tentata di denunciare Clio, perché non può avermi ridotto così. I miei capelli sono un ammasso informe e non capisco più cosa ho infilato dove.
Ma dopo aver trovato la fascia e sfilata...TA- DANNNN!!! I boccoli come per magia. Tanti bei boccoletti super elastici bellini bellini che ondeggiavano divinamente.
Ah ah ah, caro il mio Santo!
Sono andata in cucina sculettando in mutande fiera dei miei boccoli e sono inciampata nel gatto. Poco poco che non mi pianto nella credenza.
“Ma daiii!” fa lui, colpito.
“Visto? Belli vero? E solo indossando una fascia!”
Stupendi e i miei boccoli mi sono durati, quanto...due ore e un quarto? No aspettate, mi sbaglio. Che sciocca. Mi son durati un'ora e dieci. Secondo più secondo meno.
Dopo un'ora e dieci c'avevo una capigliatura moscia, ma così moscia che sembrava mi avesse masticato un alano. Fatto tutto per niente. Non mi dura. O ci metto il cemento armato o i miei boccoli mi si sboccolano in due ore. Da effetto fisarmonica a effetto arpa sminchiata: di una tristezza unica. Ma non demordo, riproverò fino a che non mi chiameranno la Shirley Temple della Toscana. E allora lì riderò io. Ah ah ah! E il Santo si ricrederà!

p.s. Raga, io non lo so, ma sarà l'avvio alla menopausa che fa fare ste cose a bimbeminchia?





venerdì 10 ottobre 2014

Treccione-one-one di ricotta e limone


Oggi ricettina.
Di un dolce che ho visto su una rivista e che voglio condividere perché è bello e buono.
Tu dici: mo' scrivo la ricetta e via. Ennò! Non si fa! Mica puoi scrivere la ricetta così alla buona senza prima tutelarti! Eh. Perché sui blog non puoi scrivere una ricettina senza citare la fonte. Me lo hanno detto le guru del food. Le regine dei siti di cucina. Le amiche mie che cucinano che manco Cracco che imita Gualtiero Marchesi. E se lo dicono loro, c'è da fidarsi. Non puoi tu trovare una ricetta su un foglietto senza prima improvvisarti Poirot e scoprire a chi appartiene quella calligrafia e da lì risalire all'inventore della ricetta. Non puoi dire "Tho! Ecco la ricettina di un dolce, provatelo!" senza dire dove hai preso la ricetta, chi l'ha cucinata prima di te, chi ti ha ispirato, cosa hai cambiato, il codice fiscale di chi l'ha divulgata e il pin del bancomat di su' nonna. Niente è lasciato al caso: devi cità. E io cito. Io cito e tu Tarzan.
Comunque.
Questa ricettina bella bella l'ho presa dalla rivista Fior Fiore in Cucina. È un mensile che mi porta mia suocera, la quale lo prende alla Coop. Visto che a casa sua la sfoglio avidamente manco ci fosse fotografato Raoul Bova ignudo, lei, bella stella, adesso la prende apposta per me.
Non sono solita fare pubblicità e non è un post  sponsorizzato, ma se andate alla Coop  ve lo prendete con un piccolo contributo e ne gioirete per trenta giorni. È una bella rivista con ricette semplici, dettagliate e alla portata di tutti. Infatti se ci riesco io... Non solo: è piena di suggerimenti, curiosità, bellissime foto e consigli su tutto ciò che riguarda la cucina e la casa. E, cosa da non sottovalutare, ha un occhio di riguardo per il menù dei bambini, per i vegetariani, i vegani, il biologico e chi più ne ha più ne metta.
La ricetta di oggi è nel numero 17 di Aprile, quindi mi sa che non la trovate, ma ve la metto io pari pari quindi il problema è risolto.
Il dolce che volevo fare era questo:


Basso, contenuto, piccolo e leggermente dorato.Invitante, vero?
Orbene, mi è uscito questo:



Un treccione da fare invidia a Raperonzolo. Una roba che manca poco mi esce dalla teglia e ho seguito alla lettera le dosi, eh! è inutile che fate quella faccia come per dire "Chissà che cosa hai combinato!" Ho solo sostituito un uovo (nella ricetta originale erano due)  con il latte per la spennellatura ma temo che l'esplosione del treccione non sia imputabile a questa piccola variazione.
Comunque anche se non è venuto esteticamente uguale, è stramagnifico. Si fa in 5 minuti, non ha bisogno di lievitazione extra ed è un misto tra un dolce e un panbrioche.

Cosa ti serve:

Mezzo kg di ricotta
Mezzo kg di farina 00
230 gr di zucchero
1 uovo
1 bustina di lievito per dolci
1 limone non teattato
granella di zucchero
un po' di latte per spennellare la superficie

Cosa devi fare:

Accendi il forno e impostalo su 180°.
Mescola la ricotta con lo zucchero, poi aggiungi un uovo e la buccia del limone grattugiata.
Unisci la farina setacciata con il lievito e amalgama bene il tutto. A questo punto lavora un po' l'impasto con le mani, dividilo in tre parti, fai dei cilindri e posali su una teglia rivestita di carta da forno. Uniscili alle estremità e fai una treccia. Sai fare una treccia, vero? Se hai dubbi, vai su you tube e guarda un tutorial della tua parrucchiera di fiducia. Dopo aver fatto sto treccione, spennellalo con un po' di latte e cospargilo di granella di zucchero. Pronti. Ficca in forno per 30 minuti e dopo gioisci per la tua opera.
Questa ricetta fa parte della rubrica "Ricette per pic nic" e infatti la trovo ottima perché è un misto tra un pane dolce e una brioche. Secondo me sta bene con un velo di marmellata o con dell'uvetta all'interno.





Se la provate fatemi sapere ;-)



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