Visualizzazione post con etichetta So' esperienze. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta So' esperienze. Mostra tutti i post

martedì 5 marzo 2013

Com'è avere un ex?






Quando con le mie amiche si tocca il tasto EX io me ne sto ad ascoltare tutte le mirabolanti avventure che hanno da raccontarmi. Ex marito, ex fidanzato, ex convivente, ex amante, perfino della ex suocera mi parlano.Cioè, manco Beautiful.
A me non mi domanda niente nessuno perché non ho un aneddoto piccante, oppure qualche scena hot, ma più che altro non ho un ex degno di questo nome.
Non c'ho l'ex. E guardate che quando siamo a cena e tutte cominciano a sciorinare aneddoti non è che posso sempre annuire come i canini finti degli anni '80 sui cruscotti delle macchine.Eh.
E quindi mica vogliamo considerare ex quei ragazzini con i quali ho scambiato (al massimo) un po' di saliva o suggerimenti se era il caso o no di usare Topexan per combattere i brufoli?E andiamo su.
Ma io ve lo voglio raccontare ugualmente, suvvia.
Il mio primo, primissimo ragazzo, si chiamava Tommaso.Aveva i capelli neri, occhi scuri e pure i baffi. Pareva Clarke Gable.E pensare che aveva solo 13 anni.Il nostro incontro più infuocato è stato quando ci siamo toccati la mano mentre mi consegnava una musicassetta come regalo di San Valentino. Ci siamo messi insieme perché... “Senti, in classe mia hanno tutti una ragazza...”
“Tho!Anche in classe mia hanno tutte un ragazzo”
“Eh. Allora che ne diresti se io e te, visto che abitiamo vicino...ehm...vuoi diventare la mia ragazza?”
“Certo. Come no”
Ci mancava solo “Dove devo firmare?” e poi pareva in tutto e per tutto un contratto. E' stato bellissimo. Ci siamo visti UNA volta nel suo cortile, DUE volte a scuola e poi è finita. Che amore travolgente. Da brividi. Due cretini fatti e finiti.
Poi c'è stato Ricky (Qui, l'aneddoto) . Con lui è durata un mese. Un mese fatto di mani nelle mani e casti baci sulle guance. Poi mi ha mandato a cagare. Ho sofferto? Molto. Un dolore pari a una pellicina strappata del dito medio.
Dopo di lui (che per tutto il tempo ha sperato che tornassi sola) c'è stato Isaia (che già dal nome dovevo capì. Dovevo capì). Isaia s'è fatto avanti in maniera carina ma assillante, in maniera gentile ma insistente, in poche parole gli ho detto sì presa dallo sfinimento. Come non cedere quando lo trovavo a fissarmi con gli occhi a palla tipo gatto di Shrek? No, ma si può vivere così?
Penso sia stata la storia più breve sulla faccia della terra.
Il primo giorno: “Mi dai un bacetto?”
“Un bacetto? Di già? Enattimo!”
Il secondo giorno “Ehm...oggi che me lo dai un bacetto?”
“Mìììì!No, oggi no, non mi sento pronta”
Il terzo giorno “Oggi sono tre giorni che stiamo insieme..”
“Solo tre giorni???Dio, come passa il tempo quando ci si diverte!”
Il quarto giorno “Simona, oggi sono quattro giorni che stiamo insieme e nemmeno un bacetto m'hai dato...”
“Senti Isaia, via, mi fai cagare, non mi garbi, mi fai pena ed è inutile stare qui a chiedere sti bacetti.Via, ti lascio!”
“Come mi lasci? Sono solo quattro giorni che stiamo insieme!”
“Infatti, troppi. Via, scendi dal motorino.Ciao!” Il motorino non m'è partito subito, sennò davvero ero stata una favola. Mi adoro proprio.
Nell'estate che arrivò presi una cottarella per un certo Gabriele che dopo due settimane di appuntamenti e qualche bacetto mi confidò che aveva un cane, tre gatti, una zia americana e una fidanzata. “Ma se vuoi ti tengo e ci vediamo di nascosto. Tanto la mia fidanzata non lo saprà mai”
Mi propose di fare l'amante. A me. No, dico. Prese due sberle, un vaffanculo e citai amorevolmente sua madre. E avevo solo 16 anni. Quando si dice che il carattere si forma a quell'età, mica scherzo.
E poi ci fu una cotta tremenda, na batosta per Fabiano. Sportivo, con una cascata di riccioli biondi da sembrare un cherubino. Io, romantica, mi facevo dei film che manco a Hollywood. Tipo noi sulla spiaggia al tramonto, robe così. E lui, bastardo, mi faceva sentire l'attrice protagonista, sempre, ma di fatto non si era mai esposto.E non ci fu mai nulla di nulla, a parte un abbraccio (dove io ci vidi i titoli di testa) una sera prima di lasciare il nostro gruppo.Oh, ricordo ancora i violini...
Sì, vabbè poi si è messo con la mia migliore amica. Volevate che a me mancasse un classico? Ennò.
L'amica dopo un mese è tornata con la coda tra le gambe dicendomi “Se vuoi prenditelo te, che sarà anche bellino, ma è scemo come una capra garfagnina”
Secondo voi io vado a prendere uno scarto? Torno da uno che m'ha preso per il culo e s'è messo con un'altra? No, fammi capì. E c'avevo pure pianto quando seppi la notizia, ma ha sempre prevalso quella presunzione di meritare di meglio, quindi “Ma anche no”.
E poi c'è stato Francesco. Ecco lui si può dire che sia stato il mio primo, vero ragazzo. Ma solo perché è durata tre mesi, mi ha regalato un orologio e voleva conoscere la mì mamma.
E' finita di merda, l'orologio faceva cagare e gli risposi “La mì mamma non la vedi manco col cannocchiale” Mi ha lasciato lui, però. Per delle divergenze caratteriali, idee discordanti, per delle incompatibilità di carattere, idee politiche differenti, in poche parole: non gliela davo.
Nisba. Nada de nada. Né a lui né a nessun'altro. Ero così famosa che uno arrivò ad urlarmi davanti al baretto “Ohhhh, ma che ce l'hai d'orooooooo???” In effetti credevo di sì. Era molto preziosa.
Da lì (buongiorno principessa!) mi sono accorta che tutti volevano il Sacro Graal. Tutti sti Indiana Jones in erba, tutti a volè sto tesoro.
E figuriamoci. Te la vuoi? E' la volta buona che manco ti ci faccio avvicinà.
“Ma Simo, potremmo...”
“No. Vaffanculo”
Una mano si insinuava sotto la maglietta “Dài, non ci vede nessuno...”
“Manco te se continui. Seguita e ti faccio due occhi così”
“Ma...”
“No.Ho capito, vaffanculo”
Ero una gatta indomabile e selvatica. Una simpatia proprio.
Fino a che non è arrivato il Santo, sceso sicuramente da un altro pianeta, che con la frusta e lo sgabello mi ha domata. E tho! Lui non mi ha chiesto subito il Sacro Graal, ha solo aspettato che fossi io a porgere la coppa. E porgi la coppa solo quando sei sicura di essere abbastanza matura da saper sopportare il vino e non fare cazzate.E soprattutto quando trovi l'annata che hai sempre sognato,che ti inebria e che ti fa girare la testa.
Che metafore che ti fo oggi.
E realizzo solo adesso che ho quarant'anni e nella mia vita ho dormito solo con un uomo.
Ma pensa te.
Oh, via, anche io ho parlato dei miei ex. Robe importanti nevvero? Mi sento proprio realizzata.
Voi sicuramente avete storie più ganze e se avete voglia, ditemelo: com'è avere un ex? Vivete quelle scene tipo "Abbiamo incontrato la sua ex ed io ero senza trucco!!" 
"Ho rivisto il mio ex e Dio, com'è ingrassato!"
"Ho rivisto la mia ex e ci son cascato di nuovo"
No, davvero, raccontatemi qualcosa. Non mi si può leggere con ragazzetti brufolosi in piena fase ormonale!Donate qualcosa di concreto a  questo post, ecchediamine!






venerdì 22 febbraio 2013

L'altro


"E ora dove vai?”
Guardo Luca e sospiro “A casa.”
“E mi lasci qui. Come sempre.”
Fisso i suoi occhi scuri, contornati da delle ciglia lunghissime e penso che siano il sogno di ogni donna. “Sì, come sempre.”
“Perché non rimani un altro po'?”
“Lo sai che non posso”, rispondo di schiena buttando la roba nel borsone.
Lui mi cinge la vita da dietro e mi attacca le sue mani sui fianchi. “Ti prego.”
Mi stringe; un abbraccio disperato che mi riserva a ogni nostro appuntamento. Un abbraccio struggente carico di richieste.
Mi volto, gli prendo il viso tra le mani e lo bacio. “Questo te lo devi far bastare fino a lunedì.”
“Perché non rimani? Dai!”
“T'ho detto che non posso! Basta adesso, non far finta di non capire.”
“Ma che vai a fare a casa?”
“A casa ho Andrea che mi aspetta.”
Lui socchiude gli occhi con fare minaccioso, inclina la testa di lato e si pianta i pugni chiusi sui fianchi.
“No, te adesso non ci vai! Te stai qui!”
“Ma figurati! Dai, fammi passare.”
“No. Voglio stare con te. Ora. E anche domani. E lunedì, e martedì. Sempre.”
Non ce la faccio più. Mi accascio sulla panca, sfinita. Ogni volta è una lotta, un addio doloroso, una guerra, una pace. E lui ogni volta è sempre più determinato e lasciarlo è sempre più difficile.
Lo fisso attraverso i vapori e il caldo di questo spogliatoio che mi fa afflosciare i capelli, mentre lui sa di bagnoschiuma al borotalco. Ora mi è davanti, allunga una mano e comincia a toccarmi i capelli, li prende in mano con una delicatezza infinita, e mi guarda con un amore innaturale.
“Stai con me, ti prego. Non lasciarmi.”
La sua mano scivola sul mio viso, fa un passo incerto e alla fine si tuffa nel mio collo.
Sento il suo respiro nelle mie pieghe, mi circonda le spalle con le braccia e mi avvinghia con tutto il suo corpo.
Luca ha 5 anni e tiene molto a me. Non so se è innamorato, ma è qualcosa che somiglia molto a questa definizione adulta.
Da quando gli ho rivolto la parola, due mesi fa, il dopo-piscina diventa un addio da telenovela brasiliana.
Lo sento urlare negli spogliatoi con sua madre: “Facciamo presto, voglio andare da Simona!” e una volta uscito si avvinghia. Mi viene in braccio, mi bacia, mi accarezza e vuole che salga nella sua nuova auto spaziale che non è altro che la panca gialla messa di traverso.
E ogni volta è un doloroso addio. Non gliene frega niente che io abbia una figlia da accompagnare a casa, un marito e chissà che cosa, potrei dirgli anche che in salotto tengo un gorilla. La sua richiesta è sempre la stessa: “Portami con te” o “Stai qui.”
E io mi ci sfinisco. Se sono troppo dolce lui se ne approfitta, se sono decisa lui ci rimane male, si arrabbia e mi stringe ancora di più dicendo: “Lo vedi? Ora mi lasci solo.” E sua madre è a mezzo metro di distanza che mi mima ridendo: “Scaraventalo pure”.
L'altra sera è scappato dallo spogliatoio e me lo son visto apparire sulle scale.
“Dove stai andando?”
“Da te”, e mi ha preso la mano. “Andiamo.”
“Ma andiamo dove? Io vado a casa!”
“E allora? Vengo anch'io!”
“Ma non puoi venire, tesoro.”
“Perché no?”
“Be', perché la tua mamma, per esempio, piangerebbe tanto poverina.”
“Sì, ma poi le passa.”
“Ma non posso portarti a casa mia. Via, Luca, torna giù, dài. Senti che ti chiama la mamma.”
“No! Voglio stare con te!”
L'ho dovuto prendere in braccio e riportare giù. Ha strillato, ha pianto, ha fatto una scena dove i “Non mi lasciare!” e i “Voglio te!” si sprecavano.
Alla fine una porta a vetri smerigliata ci ha diviso.
Ero a pezzi.
E sulle scale mi son ricordata di quando tre giorni prima son salita sulla sua auto spaziale e mi ha detto di allacciarmi bene la cintura di sicurezza.
“Ah, okay. Dove andiamo?” ho domandato.
Lui si è girato, mi ha guardato con dolcezza e col suo sorriso smagliante mi ha sussurrato:
“Tieniti stretta. Ti porto a cena a Parigi.”



 

mercoledì 31 ottobre 2012

I DIECI COMANDAMENTI PER BLOGGER











Avviso agli utenti: Post da prendere con ironia (ho mai fatto il contrario?) e leggerezza. Sono l'ultima delle persone che può insegnare qualcosa.

Io sono il blogger tuo:

1-Non avrai altro Blogger all'infuori di me. Lo so, il nostro blog ci pare er mejo, il più ben fatto, il più originale, il più tutto.Ed è giusto che sia così, lo curiamo nemmeno fosse un bambino, e vuoi che non ti piaccia il tuo bambino?Certo. Ma bisogna essere anche obiettivi,e qui a volte non ce la si fa. E' come essere all'asilo coi pargoli: c'è la mamma che sale in cattedra a dire quanto è bello e bravo il figlio suo, che è il meglio della classe e che non tollera che le venga detto, anche con cautela, il contrario. Poi c'è la mamma che il pupo lo raccomanda.All'insegnante, al catechista, al maestro di musica etc etc.In poche parole lo pubblicizza a bestia. Manda foto a destra e a manca e un MI PIACE te lo fa recapitare anche nella cassetta della posta. Poi c'è quella che davanti ti sorride, ma dietro je rode da morì e vorrebbe vederti marcire tra un codice html e un link andato a male. Poi c'è la mamma che usa solo amicizie vip per il suo bambino, che se non fai parte della cerchia degli amici IN manco ti caca di striscio. E poi ci sono tutte le altre, quelle che non importa se sei figo, bravo o bello o il primo della classe, l'importante è che tu sia te stesso, che in questo frangente tu ti diverta, che tu porti rispetto per le opinioni altrui e che tu faccia dell'umiltà il tuo punto di forza. Di Dio ce n'è uno solo e non sta certo su una piattaforma. Ha da fare, lui.

2-Non nominare il mio nome invano. Se invece mi nomini nel tuo post,se usi una mia fotina per te, o un mio testo, linkami. Che non è una cosa sporca o strana da pornostar (della serie: linkami tutta!)semplicemente è un modo civile e gentile di farmi sapere che stai parlando di me. Io così posso farti visita e condividere il tuo pensiero (nel mio caso arriverò dopo la banda, ma arrivo)

3-Ricordati di santificare le feste. Natale. Capodanno. Pasqua. Ricordati di fare gli auguri ai tuoi lettori, loro ci tengono, e poi è carino. Basta anche una cartolina virtuale o un piccolo ma sincero augurio. Se poi santifichi con un Candy, un Giveaway o un Contest saranno ancora più felici.Magari quando tutto ritornerà ad essere semplice.

4-Onora il padre e la madre. Se hai un nick name e il tuo blog vive in anonimato puoi tranquillamente parlare dei tuoi famigliari in maniera molto aperta e veritiera. Tipo che zia Luigia fa delle puzze che stenderebbe un montone, che nonno Goffredo ha l'abitudine di sbiancare la dentiera nella varechina, o che tua sorella è donatrice di organi da viva e ha salvato da morte certa tutto il reggimento della caserma vicino a casa tua. Se invece attraverso il tuo blog sei riconoscibilissima, ti suggerirei di onorare parecchio i tuoi famigliari o di omettere determinati argomenti, per non essere esclusa da un eventuale testamento, per far sì che tua madre non si precipiti a casa tua armata di mattarello e per non incorrere in querele e denunce da parte della tua splendida famiglia.

5-Non uccidere. Ecco, qua cerchiamo di non esagerare. Ora, vabbè che se mi rubi un post mi incazzo, ma arrivare a uccidere mi pare un tantino troppo. Magari cerchiamo di non uccidere il senso della piattaforma blogger, quello cioè di permetterci di avere una nostra pagina personalissima e di poterla gestire come più ci piace. Cerchiamo di non far fuori la voglia di fare degli altri lasciando commenti acidi, cerchiamo di non abbattere a badilate il pensiero altrui, cerchiamo di non essere gli autori di parole e gesti maleducati e fuori luogo.

6-Non commettere atti impuri. Ecco, l'atto impuro. Se per impuro intendiamo la foto che ci ritrae col deretano mezzo fuori quando siamo inciampate sugli scogli quella volta al mare, o del nostro balconcino talmente sporgente che dovrebbe essere condonato, o di qualsiasi atto che mette in piazza la nostra intimità, direi che è bene non commettere questi atti sul blog. Anche se a volte anch'io perdo di vista questa cosa, mi sento di sconsigliare di pubblicare foto compromettenti al fine di proteggere soprattutto i nostri figli. Esempio: se ho 13 anni e nel blog di mia madre ci trovo la foto di quando ne avevo 2 mentre sto tentando di fare la cacca nel vasino di Winnie Pooh, con la mia faccia che ha lo stesso colore di un pomodoro pachino, potrei avere uno sturbo e non rivolgerle la parola per almeno un mese. Da mamma capisco che i figli so piezz e core, ma da figlia mi creerebbe angoscia scoprire che mia mamma mi ha messo in prima pagina mentre mi sto scaccolando alla grande.

7-Non rubare. Mai. Perché tra i blog prima o poi ti sgamano. E' assai brutto e controproducente appropriarsi di foto o testi non tuoi e prelevati da altri blog. Non puoi spacciare una mia foto per tua, un mio testo per tuo, sia che si tratti della ricetta del fagiano in umido sia che si tratti del tema di terza elementare di mio figlio. Soprattutto trovo bruttissimo e per niente carino modificare le foto altrui togliendo il link e la firma dell'autore con Photoshop. Tuttavia, a mie spese, ho imparato che anche le foto estrapolate da Internet e senza firma possono essere personali. Detto questo, se proprio vi piace usare photoshop, prendete una foto di vostro marito e photoshoppatela con il fisico di un giocatore di rugby. Fa bene agli occhi e non avrete leso nessuno.

8-Non dire falsa testimonianza. Se (vedi punto 7) sei stato sgamato, non dire bugie, non farmi passare per fesso, non arrampicarti sugli specchi, anche quando la cosa è trasparente e chiara come un bicchier d'acqua. A volte è meglio un “Sì, è una tua foto, chiedo scusa, la tolgo subito” che un “La foto l'ho scattata dieci anni fa e il fatto che abbiamo lo stesso piatto, la stessa tovaglia, la stessa ricetta, la stessa inquadratura, la stessa finestra, e t'ho!lo stesso figlio sullo sfondo, non vuol dire proprio niente!” Ecco. Un errore o una mancanza si perdona e a volte da questi equivoci nascono anche delle belle amicizie. La presa per il culo anche no. Dimmi la verità e ti sarò amica. Mi spari na minchiata arrampicandoti sugli specchi che manco Spiderman e per me è finita.

9-Non desiderare il blog di altri. Se la tua giornata è scandita da confronti tra il tuo blog e gli altri, a breve potresti essere costretto a recarti al pronto soccorso per ulcera fulminate. Non c'è niente di peggio, secondo me, fare confronti e paragoni con i mille blog esistenti in internet. Ognuno è bello e particolare a modo suo e cercare di fare 'uguale a' o 'simile a' porta solo ad avere una brutta copia del suddetto. Non importa il numero dei followers, non importano le pagine lette o i commenti giornalieri, l'importante è avere una pagina personale, che ci piaccia e che ci faccia stare bene. Ritengo che avere un blog sia una bellissima valvola di sfogo, da curare con la giusta dose di leggerezza e scazzo. Se ci lasciamo sopraffare dai confronti, dall'auditel e dai numeri, secondo me perdiamo di vista il vero senso di un blog, che a mio avviso non deve diventare un lavoro. Perché dal momento che lo diventa perde di spontaneità. Se invece del vostro blog ne avete fatto un lavoro avete tutta la mia stima.E sicuramente se ne avete fatto un lavoro vi sarete attenuti a queste semplici ma importantissime regole di convivenza e educazione.

10-Non desiderare la roba d'altri. Come detto sopra, credo sia estremamente fastidioso constatare che il tuo post sia stato preso pari pari o a pezzi e bocconi e stampato da un'altra parte.Posso capire se ti ho ispirato, se ne abbiamo parlato, se ho lanciato un argomento e tu lo continui, se ne vogliamo parlare insieme, se qualcosa o qualcuno ci accomuna, capisco tutto. E sono felice di condividere un'idea o un tema con te. Possiamo anche aver parlato dello stesso argomento senza sentirsi, così per puro caso, può accadere benissimo, in fin dei conti gli argomenti son sempre quelli. Ma devi scriverlo di tuo pugno. Se invece trovo non solo il medesimo tema, ma frasi copiate pari pari, o qualsiasi cosa estrapolata dalla mia pagina e schiaffata senza tanti complimenti sulla tua, bhè, non va mica bene.

Direi che... anche basta. Erano dieci, no? Ne avete altri? Raccontatemi la vostra esperienza, creeremo un documento con tutte le regole di un buon blogger :-D
E se lo dico io che predico bene ma razzolo male...siamo a posto.
Però ce la metto tutta per migliorarmi.
p.s. Questo post è nato grazie a voi che mi avete messo al corrente di alcune diatribe.
p.p.s. Mi sento molto Santi Licheri.

venerdì 12 ottobre 2012

I DELIREMEMAMI (Adoro!!)



“Guarda un po', che ne pensi?”
Sono nella mia cameretta con a fianco mio fratello.
Il bello è che non siamo nell'83, ma nel 2012. Io ho 39 anni e mio fratello 34.E la cameretta ha assunto un aspetto leggermente diverso. Non è più mezza rosa e mezza blu, ma è molto maschia, rivestita di poster e aggeggi che stanno bene proprio nel periodo di Halloween. Ma oh, i gusti non si discutono. Se provo a mettere un poster del genere in casa mia, scapperebbe anche la gatta, per dire. E' che io di musica non è che ci capisca molto, e in questa camera adesso si respira pure quella.
Comunque dicevo: mio fratello mi fa “Che ne pensi?”
E sulla sua televisione parte un video.
La mia bocca assume questa forma: O e giuro non mi sembra vero che mio fratello sia proprio là, dentro il tubo catodico.
Mi fa un effetto strano, soprattutto perché è vero. Il gruppo di mio fratello, i Delirememami, ha inciso un album Se fosse per me e questo è il video del singolo.Vi avevo già parlato di loro qui e qui, e forse anche  altre volte, e ora ci siamo.
Sapete che in questo blog non si parla mai di musica, ma stavolta mi sento di farlo, non solo perché è mio fratello (che come dice Pino Daniele 'Ogni fratello è bello a sorella soja'), ma perché so cosa c'è dietro. In primis una grande passione, che è il motore di ogni progetto.E lui ce l'ha. E tanta.
Il bello è che da piccolo voleva fare l'esploratore,il meccanico, il fantino, il corridore, il motociclista e si volle far comprare una chitarra.
Ora suona la batteria. E' coerente come la su' sorella.
Il bello è che pensi che uno si è fatto un bel po' di scuola per suonarla così bene.Invece ha imparato da solo, ha visto che sapeva usare quelle bacchette sui tamburi meglio di un cinese con un piatto di riso. Le fa rullare e roteare con la maestria di un prestigiatore, le manda in aria e le riprende come uno sbandieratore. C'ho provato io e manca poco mi porto via un occhio. Per me lui ha avuto quelle folgorazioni che ti colpiscono un giorno e prendono forma man mano che passa il tempo. Tipo “Oh!Ma io son portato per suonare la batteria!” per la gioia di mamma e papà, ovvio. Che non vi dico durante le esercitazioni in casa. Babbo a fine giornata raddrizzava tutti quadri, per dire.
E poi è arrivato il gruppo. Un gruppo, che vojo dì, qualche soddisfazione se l'è levata. Hanno aperto concerti importanti come quelli di Simone Cristicchi, i Nomadi, Bandabardò, Roy Paci e Aretuska, Buena Vista Social Club e altri.
Un gruppo musicale nato dall'amore per la buona musica, con un occhio al sociale che davvero non ha niente di scontato.
Ottimi tutti i componenti, con la voce Marco Catola che è in qualche modo il simbolo dei Delirememami, con la sua immagine graffiante e sopra le righe (che io adoro). Autore di testi con una profondità che lèvati.
L'altra voce Annamaria Raffa che dà ai pezzi un tocco femminile e a mio parere gitano.Una cantante che non sciommiotta, che non imita, che non 'somiglia a'.(Che quando provi ad emergere è un rischio che purtroppo corri). Lei ha il suo stile e in questo è unica.
E poi Daniele Burchi alla chitarra e Donatella Mariotti al basso con una carica e una preparazione non indifferente, Marco Marini ai fiati che dona alle canzoni dei Delirememani un tocco inconfondibile e prezioso, col quale crea un filo conduttore tra tutte le melodie.
Infine Roberto Fruzzetti (detto Bufera) alla batteria.
Ehm...
No vabbè, è mio fratello, non riesco a essere obiettiva. Potrei dirvi che suona bene a bestia, che quando l'ho visto suonare per la prima volta in pubblico mi sono commossa, che me lo ricordo piccino e ora mi fa i concerti, che è riuscito, lui, a coronare il suo sogno, anche se siamo solo all'inizio. Infatti vi chiedo (vi chiedo mai niente, io?Per me, dico) di far girare il video, per far sì che il gruppo venga conosciuto il più possibile, che continui questo sogno e questo progetto fatto da ragazzi con una grande passione nel cuore e una grandissima conoscenza musicale. Perché davvero la musica può fare grandi cose.
Qui c'è il video del singolo:

ditemi cosa ne pensate, e facciamolo girare.

Come ha detto la mia amica Simona “Mi piace questo incrocio Irish-pizzica!”
Insomma, chiamatelo come volete, ma a me garba una cifra!
Infine pubblico anche il testo che davvero merita una riflessione:

Puoi pagare un militare con il prezzo di una battaglia. Giocare con la sua vita, fargli vincere una medaglia. Usarlo per la pace in nome di una guerra, torna eroe in una bara un altro padre di famiglia. Sulle coste puoi raccogliere uomini senza scelta, sopravvissuti senza acqua sopra una scialuppa. Sono cotti dal sole, che è su tutti sulla testa, anche sopra chi si sente invaso e si mette subito sull'allerta.
Terrò per me il sidro di mele...prima che il tempo lo faccia diventare vino! Poi...terrò per voi il vino da bere...prima che il tempo lo faccia diventare aceto. Puoi cambiarci la cultura con i talk show per l'istruzione, gratta e vinci, cocaina, nei cent'anni alla pensione. Puoi in Val Susa malmenarci a tutta birra per Lione, restano in tenda i senzatetto o dentro ville di cartone. Sui cantieri puoi trovare uomini di ferro, con lo sforzo in faccia di chi erige tutto, con la ruggine in tasca che gli corrode il volto, ai loro funerali niente fanfare, niente croci sul petto.
Terrò per me il sidro di mele...prima che il tempo lo faccia diventare vino! Poi...terrò per voi il vino da bere...prima che il tempo lo faccia diventare aceto.
With you following the path of dreams...With t you following the path of dreams...
Duecentoquaranta vittime per fare un metro quadro di un abito di visone per un set di vestiario.Pappone sul mercato è il cacciatore ordinario, ogni Stato bracconiere, contrabbandiere e mercenario. Siamo tutti quanti sopra quella famosa barca, sei miliardi di animali come dentro una stanza. Due metri sotto terra livellano la distanza tra chi beve e chi è bevuto e chi è ubriaco abbastanza.
Terrò per me il sidro di mele...prima che il tempo lo faccia diventare vino! Poi...terrò per voi il vino da bere...prima che il tempo lo faccia diventare aceto.
...Wait me, take me following the path of dreams. Because you can' t realize yourself if you don' t share your joy! 
Buon ascolto.
P.S. Grazie a chi condividerà questo video. Farete felici il gruppo, ma soprattutto me.






lunedì 17 settembre 2012

Secondo albero a sinistra



Se mi vuoi, per sei giorni a settimana, io sono al secondo albero a sinistra.'Come una mignotta' verrebbe da dire. No, ma per davvero. Il secondo albero a partire da sinistra è la mia postazione mattiniera dalle 8 alle 8. 20 circa.Ma mica solo mia, oh no. Mia e di altre mamme. Una manciata.
Che poi, viste da fuori, magari facciamo anche un po' pena.Cioè, le nostre figliole vanno per i tredici anni (la mia no, va per i dodici perché è andata a scuola prima), quindi che stai ad accompagnare fino al cortile? Nella migliore delle ipotesi possiamo sembrare:
-delle mamme ansiose (della serie: ndo vai, cosa fai, ti devo controllà, ti devo vedè, varie e eventuali)
-delle mamme non lavoratrici (della serie: ma non c'avete un cazzo da fa' che stare qui davanti alla scuola a spettegolà?)
-delle donne che non sono mamme (della serie:passavo qui per caso e mi sto riposando al secondo albero a sinistra)
Invece. Invece quella postazione è strategica. Qui, sotto quest'albero (che non so che razza è ma lancia dei frutti che somigliano a cacatine di vitello.E dove potevo stare io?) abbiamo preso anche delle decisioni importanti,ma più che altro è la nostra base per l'organizzazione settimanale. Facciamo un orario tipo cassieri dell'Ipercoop:
“Io passo domattina, te le prendi all'uscita.Venerdì le prende lei, io le prendo sabato”
“No, Simo.Sabato ci sono io, te le prendi lunedì.”
“Lunedì esco a mezzogiorno, semmai le prendo io.Martedì ci sei te?”
“Al ritorno. All'andata c'è lei”
“Io son di turno mercoledì ed esco alle quattro.Semmai all'andata ci sono io”
Tutto chiaro, no? Perché quando la scuola non è servita dallo scuolabus, l'unica alternativa è organizzare i turni dell'andata, del ritorno ed eventualmente dei laboratori. E noi siamo efficienti, efficientissime. Il Mammabus non ha mai lasciato nessuno a casa. Roba che parti con una figliola e torni con tre. Fantastico.
Ma non organizziamo solo l'orario delle settimana in base ai turni/impegni/cazzi&mazzi, ma quei venti minuti sono considerati il nostro pit stop.
Fortunatamente possiamo concederci venti minuti di chiacchere in tranquillità sotto il nostro alberello spara merdine. Non siamo come le altre mamme che entrano in ufficio alle otto e che quindi, porelle, scappano lanciando il figlio dal finestrino. Noi no. Fortunatamente abbiamo un' autonomia di venti minuti, massimo mezz'ora, come un cellulare con una tacca.
E in quella mezz'ora apriti cielo. Accordate sull'orario, non ci rimane che chiaccherare del più e del meno e gli argomenti possono spaziare dalla cucina:
“Indovinate cosa ho fatto per cena ieri sera?”
“Le fave!”
“Cretina”

Al lavoro:
“Allora a domattina!”
“Ma non sei di turno?”
“Di turno il venerdì? Mai”
“Domani è giovedì”
“E' giovedì?”
“Sì”
“Allora oggi è mercoledì?”
“Eccerto”
“Cazzooooo!!! Non ho svegliato mio maritoooo!!”


A vita vissuta e mondanità:
“A che ora siete andate a letto ieri sera?”
“Dieci e dieci”
“Dieci meno un quarto”
“Vi batto tutte. Alle nove e mezzo dormivo già sul divano”

Per finire con la  scuola:
“Allora? Ti son riusciti gli esercizi di matematica?”
“Zitta!Non me ne parlare. Anzi piuttosto: ma storia era da pag. 32 a pag 40?”
“Mmh... credo di sì. Poi c'erano gli esercizi”
“No!”
“Mi sembra...o era geografia? Guarda, speriamo non ci interroghi”
Perché quando la figlia fa i compiti in cucina, legge a voce alta, ti chiede una cosa, e poi “Mamma me la risenti?” oppure “Non ho mica capito tanto bene, me lo rispieghi?”, cioè farsi prendere la mano è facile, ti prende un'ansia da prestazione che non vi dico.
E poi si vedono un sacco di cose.Professori che vanno e vengono (alcuni sorridenti tipo matrimonio, altri avviliti tipo funerale) la bidella che chiude la porta o la tiene se c'è vento, ragazzini in ritardo che tirano giù un santo sì e uno pure dal calendario, mamme con la cartelletta da disegno sotto un braccio (dimenticata dal maggiore) con un pargolo semiaddormentato sotto l'altro, amoreggiamenti di qualche Romeo e Giulietta con uso spropositato di lingua, tanto per darsi un po' la carica mattutina e partite di pallone nel cortile, che se ti va bene ti usano come secondo palo.
Quindi niente, in quella mezz'ora se ne vedono tante e noi facciamo solo del bene alla comunità. Cioè siamo testimoni oculari e guardiane del cortile. Tipo ti sappiamo dire quante volte Alfredo arriva in ritardo, quante volte Gemma manda affanculo Davide e già che c'è anche il prof di musica, quante volte Giulia si dimentica la merenda a casa, e quante volte la mamma di Pierfrancesco, facendo retromarcia, prende in pieno il cartello del divieto d'accesso. Che noi, diciamocelo, sotto un cospicuo pagamento, saremmo anche disposte a coprire il misfatto, davanti al marito della signora. Tipo che il cartello ce l'hanno messo ora ora. Voglio dì, è un anno che tutte le mattine siamo qua, lo sapremo? Eh.
E insomma dopo aver lasciato le figliole e prima del lavoro, ci scappano tutte queste visioni e queste chiacchere comode comode. Che poi vabbè, potremmo anche lasciarle in cima alla strada come fa il Santo. Lui scende, le prende lo zaino, la saluta, e riparte. Al massimo concede un salutino alle mamme presenti ma mica la accompagna sotto l'alberello. L'ha fatto una volta e mi ha detto “Mi sento un cretino. Minchia, manca poco ci porta il fidanzato e la devo accompagnare nel cortile?”
Ora via. Infatti i babbi non scendono, non si palesano, non chiaccherano alle otto di mattina, lo fanno più volentieri all'una. Andranno a energia solare, bho!
Fatto sta che noi siamo affezionate al nostro alberello spara merdine.Se c'è il sole ci fa ombra, se piove piano non importa nemmeno aprire l'ombrello,insomma è anche romantico!Infatti abbiamo deciso che alla fine della terza incideremo sulla corteccia i nostri nomi racchiusi da un cuore. Dobbiamo lasciare un segno. Per forza.
E poi siamo diventate un punto di riferimento, a rotazione si aggiungono mamme, anche di altre sezioni.Vengono, chiedono, ridono con noi ( e sicuramente di noi), si aggiornano e noi accogliamo tutte.Precise precise.E pure gratis.
Ma fino all'anno scorso c'eravamo solo noi, c'era solo la nostra postazione, tipo 'punto di ascolto' o 'ufficio informazioni' dell'Esselunga. Da qualche mattina invece, tho!c'è un'altra manciata di mamme, sicuramente della classe prima. Sono appollaiate sotto il primo albero a partire da destra.
Le abbiamo guardate come un gatto che guarda il topo, un po' di sguincio, un po' con gli occhi semichiusi (più che altro perché siamo cecate) e abbiamo detto “Oh, qui c'è nostro. Non vorranno mica fregarci il posto sotto l'albero sparastronzolini.”
“Ennò, davvero. Questa è la nostra postazione”
E allora abbiamo fatto l'unica cosa che potevamo fare.
C'è un albero?
Ci sono degli estranei?
Siamo o no, proprietarie del posto?
E allora con una pisciatina abbiamo marcato il territorio.
Come i gatti.
E prima o poi arriveranno i carabinieri, me lo sento.






martedì 21 agosto 2012

Al Lago Santo col Santo



No, ma che dire ragazzi. Qua si schiatta. Ora c'è lucifero, mortacci sua.
Il prossimo è Satana, me lo sento.
La Top family in questi giorni si trascina tra casa e giardino e suda come non so cosa. Tre docce al giorno, per uno, e il climatizzatore nella zona notte che va da due mesi a questa parte. Non oso pensare alla bolletta della luce.Ma almeno dormiamo, perché  se la notte non dormi dal caldo e il giorno poi ci sono 42 gradi, tu scleri. Lo vedo io, la gente con sto caldo è impazzita.
Dicevo. Anzi no, non dicevo, ma vi volevo dì. Per trovare un po' di refrigerio Domenica siamo stati al Lago Santo.
Domenica.
Lago Santo.
Col Santo.
Se dite un'Ave Maria abbiamo fatto bingo.Amen.

E' un bellissimo posto, bello bello, dove io personalmente non ero ancora stata. Invece Andrea e Alice sì, in un giorno in cui io ero rinchiusa in negozio.Sono andati in avanscoperta praticamente.
E allora mi ci hanno portato. (notare l'espressione 'mi ci hanno portato', manco fossi una novantenne con i due badanti)
Siamo partiti con le felpe nello zainetto, col solito pensiero tipo: in montagna fa sempre un po' freschino. No, se c'è lucifero alla porta,no. Infatti c'erano 32 gradi. Ma si stava da Dio (ridaglie).
L'aria era più secca e poi, arrivati lì ci siamo spogliati manco fossimo al mare e manca poco facciamo pure il bagno.Apppproposito di bagno, come tutte le donne sui quarant'anni che-la-vescica-non-è-più-quella-di-una-volta, appena accampati che mi scappa? Bravi. Che piaga che sono.
"Amò, mi scappa la pipì. Io vo' nel boschetto!"
"Sì, ma stai attenta però"
"Ma cosa vuoi che mi succeda?"
"Attenta alla gente, intendevo"
Tzè!Solo perché l'ultima volta che l'ho fatta all'aperto manca poco piscio in capo a  un carlino di due ragazzi che stavano passando di lì. Cioè, non è colpa mia, è il canetto.
Comunque io e la mia fida compare siamo partite per il bosco armate di zainetto con dentro un telo mare.L'idea era di farsi tipo una canadese intorno per poi fare plin plin.
ALT. Non ci credo. Vi sto davvero raccontando di come sono andata a fare la pipì?
Quando dico che il caldo da' noia, mica scherzo.
Insomma, questa volta niente carlino o chihuahua, no no. Abbiamo fatto tutto molto velocemente, con molta discrezione e non c'ha visto nessuno.
A parte la coppia sopra di noi, che se anche non ci ha proprio visto, si deve essere accorta che non eravamo lì a raccogliere frutti di bosco. Solo perché ci nascondevamo con il telo tra risolini e occhiate.
Che belle cose insegno a mia figlia.
Diciamo che gli insegno le cose pratiche, che le possono servire per la vita.
Il Santo invece le insegna a tirare i sassi con lo svirgolo in modo che facciano uno, due, tre, quattro salti con triplo carpiato.Che è bello (a  me son vent'anni che prova a insegnarlo ma nisba), ma voglio dire, cosa gli può tornare utile un domani? E andiamo!
Le cose che abbiamo fatto:
-le coccole
-il tiro del sasso
-la pipì nel bosco
-letto un libro
-pranzato in compagnia di qualche ape
-pestato una merdina di cane
-taaaante foto
-spettegolato su quanto fosse vestita male quella donna che è passata dietro di noi (chiedo: si può fare la gita al lago coi sandali col tacco 10? No, ve prego)
-avuto allucinazioni tipo "Andrea, Alice, guardate!Laggiù c'è una cascata!" "E' il riflesso del lago su un albero, Simo" E pensare che avevo gli occhiali da vista. Ma davvero sembrava una cascata!Giuro. Effetto ottico abbestia. Non ci credete? Malfidati.
Insomma, posto bello che vi consiglio, dove vi potete rilassare, fare un pic nic (o potete mangiare al ristorante-rifugio in riva al lago), portarvi il costume e mettere i piedi nell'acqua, portarci pure il vostro cane (magari avvertitemi) e godervi questo spettacolo.





Basta, la chiudo qui, perché mi stanno sudando le mani. Dio, d'estate è faticoso pure bloggare!
Non ho mai sofferto il caldo come quest'anno. Sarà la menopausa, me lo sento!
Di questo passo ci risentiamo quando farà più fresco.
A Ottobre.
Scherzooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!




domenica 22 luglio 2012

Le quattro dell'Ave Maria







E' iniziato tutto con un sms.La mia amica Barbara mi propone un concerto, precisamente dei Buena Vista Social Club. Musica cubana. Che io conosco bene come mia madre può conoscere le coreografie di Lady Gaga. Ma conosco bene il gruppo che apre il loro concerto: I Delirememami, il gruppo di mio fratello. Quindi decidiamo di andarci a sentire sti due gruppi. Lei non conosce una cippa lippa dei primi e io dei secondi. Un'accoppiata vincente!Tanto per non sembrare due comari di Villa Arzilla nel loro giorno di libera uscita, decidiamo di portarci due ggggiovani con noi, due minorenni per giunta: La Secca (indovinate chi è?) e La Bionda, che accolgono tutto questo con entusiasmo:
“Ma chi sono sti gruppi?”
“Ma quanto dura il concerto?”
“Ma dobbiamo pagà anche noi?”
I mariti, quando gli abbiamo proposto la seratina musicale, hanno rifiutato con molto dispiacere. Molto. Uno ha improvvisato una gastroenterite fulminante, l'altro si è rinchiuso in ufficio ricoprendosi di scartoffie (false) mormorando “Davvero Barbara, non ce la faccio. Guarda quanto devo lavorare, guarda” e la scrivania era sgombra come un corridoio di un supermercato il 15 d'Agosto.
Evabbè. Ma noi andiamo ugualmente. Sarà la nostra serata di sole donne, sììììììììììì!!!!Gli uomini non servono in questi casi, cioè possiamo tranquillamente andare da sole per il mondo, certo! Eccheccevò?
“Te lo sai dov'è il posto di preciso?”
“Chi, io? No!”
“Manco io. Aspè che chiedo ai parenti”...
“Aspè che chiedo a mio fratello”...
“ Più o meno ho capito”
“Anch'io ho capito. Forse. Quasi” A dire il vero la spiegazione di mio fratello sembrava la supercazzola con scappellamento a destra. Non c'ho capito una beata fava. Ma tra lui che si spiega male e io che non capisco, ho avuto il coraggio di prendermi anche due appunti. Chiarissimi.
Prima della chiesa girare a destra- poi sinistra- poi la prima a destra-proseguire avanti-forse trovi il prete- chiedi a lui- prosegui dritto lasciandoti la chiesa a sinistra- fatti il segno della croce e dì un' Ave Maria, segui l'argine- attenta all'Arno-gira destra- poi a sinistra e forse ci sei. Se trovi una con la bandana del Che chiedi a lei: è la perpetua.
Che poi far fare sta musica vicino a una chiesa è da coraggiosi, ma vabbè. Applausi al sindaco.
Insomma siamo partite troppo convinte e seguendo più o meno le indicazioni (leggasi: andare a cazzo di cane) abbiamo trovato il posto. E pure parcheggio!
Pensiamo di essere arrivate in ritardo, invece siamo quasi in anticipo. Approfittiamo per prendere il gelato a La Bionda e la cosa è stata così veloce che il barista è sempre lì che aspetta. Manco dovesse decidere del suo futuro e a disposizione c'erano solo 5 gelati. Manca poco gli chiede anche gli ingredienti. Mentre i Delirememami provavano i microfoni, la coppia delle dodicenni ha trovato un passatempo innocuo e bellissimo: si sono messe a fare le ombre cinesi...sui vestiti della gente!Ma si può? e le dovevate sentì "Vieni qua, che questa c'ha i pantaloni chiari!Vè vè come vengono bene qua!"
"Tho!Ti faccio il cigno!"
"Mo' ti faccio il coniglio!"
"Speriamo che sta tizia non si muova che così ci facciamo lo zoo!"



Prima dell'arrivo del 113, che ci avrebbe denunciato per detenzione di dodicenni moleste, finalmente il gruppo di mio fratello attacca a suonare e si può dire che la serata ha inizio. Io, che le canzoni un po' le conosco, balletto sui piedi, La Secca continua a dire “Vedi quello là alla batteria? E' il mio tato!”, La Bionda, mangiato il gelato, si scola una bottiglietta d'acqua come se non ci fosse un domani, e Barbara mi illustra tutti i prodigi del suo telefonino che io, ovviamente, non ho capito. Lei, quella sera, col cellulare ha: fotografato, filmato, registrato, messo in onda, ascoltato musica extra, fatto la doccia, scaldato una piadina e anche telefonato.E' tecnologica, c'è poco da fare.Però con tutto sto smanettamento le è venuta sete e scoprendo che La Bionda aveva finito pure la sua acqua (ma quanto beve sta ragazzina?) si è diretta di nuovo al bar. E qui, l'apoteosi.
Torna dopo cinque minuti tutta stranamente eccitata e mi fa:
“Simo, non ci crederai!”
“Ti ha detto 'Ti riconosco.Tu sei la mamma della bambina indecisa?'”
“No, scema. Mi ha regalato l'acqua!”
“Come, ti ha regalato l'acqua?”
“Giuro. Gli ho detto 'Quant'è?' e lui mi ha detto 'Niente niente, vai...'”
“Ma come te l'ha detto?”
“Mi ha sorriso...cioè è stato carino...gentile...”
“L'hai beccato!Hai affascinato il barista, ti ha regalato l'acqua!Nuooooooo!!Bella mandrapponaaaaa!!”
“Ma dai non può essere!E'...è...più giovane di me!Perchè mi ha regalato l'acqua?”
“Perché sei carina, gli sei piaciuta e te l'ha regalata. Ao!Facciamo faville!I mariti hanno da tremà!auhauhahhhahhah!!!Minimo se ci torni ti regala il gelato e ti offre il caffè!”
“Ma davvero!”
“Io proverei a chiedergli un gioiello o un paio di scarpe!Se l'hai ammaliato non si sa mai!”
“Huhahhahhahhahha!!!”
e come ce la ridiamo. Qua si esce da sole e troviamo chi ci offre da bere. WoW! Fantastico!fa bene all'autostima, no?
No. Non fa bene. Perché abbiamo scoperto più tardi che la consumazione era inclusa nel prezzo del biglietto. Altro che abbordaggio del barista. Smistavano da bere gratis a cani e porci.
E rincoglionite.
Finita la performance dei miei ragazzi arrivano i cubani, che a me sembravano un misto tra i Gipsy King e i Neri per caso, ma si sa io mi intendo di musica come mio padre di uncinetto, quindi capitemi. E lì si è scatenato l'inferno. Sembrava di essere nei peggiori bar de Caracas. Chi si fumava il sigaro, chi si fumava una cicca dall'aria dubbia e chi si era fumato il cervello, come quella tipa col vestito di sangallo con la pamela e gli occhiali da sole che sculettava che manco Shakira. Alle 23.00 con la pamela e gli occhiali da sole. Quando una pensa di essere a Cuba non ce n'è. Hai voglia di dirle che siamo in una stradina poco lontano da una chiesa in Toscana, non ci crederà mai. L'autosuggestione in questi casi è fortissima.
Abbiamo anche ballato un po' questi ritmi cubani e avvolgenti facendo fare le piroette a La Bionda e La Secca che tempo mezz'ora sono crollate sul prato come delle capre prese in pieno da un'insolazione. Visto che la mattina la sveglia suonava presto per tutte, abbiamo abbandonato il peggior bar de Caracas quando il fumo, il casino e la musica era sempre in circolo. Ci siamo avviate al parcheggio brancolando nel buio come quattro 'mbriache orbe scortate da un povero disgraziato con la torcia che ha avuto pietà di noi.
Le pivelle, le ggggiovani, le squinzie si sono spalmate sui sedili posteriori con tanto di rivolo di bava all'angolo della bocca e russamento generale.
Le senior invece hanno parlato di musica. Cioè una ha parlato di musica, l'altra ascoltava e ogni tanto faceva di sì con la testa come i cagnetti sul cruscotto negli anni '80.
E a proposito di anni '80 ho raccontato di quando mi portavano a vedere i concerti e non chiedetemi come mai non me ne intendo. Io non mi intendo di musica perché mi perdo nei dettagli.
Quando, alla fine degli anni '70, mi portarono al concerto di Renato Zero, io rimasi folgorata da tutte quelle paillettes, piume e vestiti stravanganti. E mi dissi “Sto tizio è troppo ganzo!In tre secondi si cambia d'abito, è un uomo ma si trucca come una donna e c'ha i tacchi. Farà strada!”
Cioè, non ci capirò una mazza, ma voglio dì, avevo ragione o no?
E voi, che concertini avete visto o avete in programma per questa estate?
Io mi son persa Nora Jones a Lucca e son sempre qui che mi mangio i gomitiiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!!

giovedì 5 luglio 2012

UNA VITA DA MEDIANO




Se a me da bimbetta mi chiedevi “Cosa vuoi fare da grande?” io rispondevo “L'infermiera”
Poi dopo due mesi l'ostetrica, la veterinaria, la sarta, la gelataia e anche la commessa. Infatti come vendevo i sassi io, nessuno mai. Ore e ore a dire “Desidera?” ai miei amichetti e vai che ti incarto due fili d'erba che fungevano da asparagi o un pezzetto di legno a mo' di pane. Pensa te i casi della vita. Son commessa per davvero.
Tutti questo per dire che io ho sempre volato basso.
Ambizione, successo, questi sconosciuti.
Ovvio che come ho raccontato QUI, fare la commessa è stato un caso. Però un caso che mi ha permesso di essere economicamente indipendente a soli 17 anni. Quando dico economicamente indipendente intendo che disponevo di uno stipendio che mi permetteva di fare svariate cose e in più crearmi un gruzzolo.Ora non trovano lavoro manco i laureati, figuriamoci che culo ho avuto.
Quindi il mio essere semplicemente commessa (o bottegaia, come dice qualcuno) me lo tengo stretto.
Questo per dire che a volte mi sento un po' strana. Io sta smania di successo delle donne, non ce l'ho. Non ce l'ho. In nessun campo. Ma perché? Qualcuno me lo spieghi.
Probabilmente bisognerebbe scavare scavare e scavare ancora. E dire che di occasioni ne ho avute.
E non è che non mi metto in gioco, oh no. E non è nemmeno per la paura della sconfitta. Sconfitta de che? No. Io penso che principalmente siamo davanti a una sostenitrice del Macchimelofaffà.
Prendiamo ad esempio il lavoro.Poteva capitarmi di essere socia di un negozio, di avere un nome su un contratto e non era commessa, di avere un'entrata non indifferente, di avere qualcosa di mio, lavorativamente parlando.
Io ho detto no, non solo al colesterolo, ma pure a questa pseudofferta. Perché, se inizi un progetto del genere, è sicuro che da qualche parte e per qualcuno mancherai. Non voglio avere qualcosa di mio in questo senso se rischio di non godermi la mia famiglia, i figli, la casa, la gatta e tutto il cucuzzaro.Un lavoro sì, qualsiasi purché dignitoso, che mi permetta di confrontarmi, stimolarmi e concedermi pure qualche vizio. Trascurare il MIO (tutto compreso) per essere titolare di, non fa per me.
Prendiamo ad esempio la sfera creativa. Ho detto no a tre editori. Non lo sapevate?Essì. Per carità erano piccole/medie case editrici (con tutto quello che ne consegue, capiteammè) che hanno letto qualcosa di mio tramite concorsi, mi hanno contattato, mi hanno fatto la proposta e io ho rifiutato.
Per il semplice motivo che avrebbero speculato magari sui miei sogni/lavori/aspirazioni/creatività. Però sarei potuta andare in giro a dire “Ho pubblicato un libro!” “Sono una scrittrice!” Figo, vero? Voglio dire, avrei potuto farlo benissimo, ci mancava tanto così. Perché se hai culo mica ti chiedono come ci sei arrivata a pubblicarlo quel libro. L'importante è apparire, vantarsi, farsi grande. Poi il dietro (almeno in questo caso) sarebbe stato di un triste che non potete capì.
Prendiamo ad esempio i concorsi letterari. Anni fa partecipavo volentieri, fino a che non ho capito (per l'amor del cielo, mica tutti) che anche lì l'acqua non è molto limpida. L'assurdo è che l'ho scoperto a mio favore. Tipo che l'organizzatore mi chiama per congratularsi del mio primo posto. Ovvio che sono stata felicissima, davvero. Molto. E poi niente, durante il corso della telefonata, mi propone di partecipare anche al prossimo concorso. Io, dispiaciuta, ribatto che in quattro mesi non ce la faccio davvero a scrivere un altro romanzo, proprio no. E non avevo mica capito. E nemmeno voi, quindi vi riporto più o meno il suo discorso “Ma no, detto tra noi: lei non deve riscrivere il romanzo, cambia solo i nomi, qualche frasetta qui e là e il primo posto è suo. Visto che stavolta avrà la coppa, la prossima che facciamo, una targa? Dica lei cosa preferisce”
Primo posto annunciato, su circa 700 partecipanti. Voglio dire, avrei potuto farlo, il romanzo era già pronto, la targa, l'articolo di giornale e gli applausi mi avrebbero atteso. Che ganzata!Ma quanto mi sarei potuta vantare?Abbestia. Ecco, m'ha fatto talmente schifo che da quella volta lì ho smesso del tutto. Sono scema? Probabile. Perché magari mi perdo pure dei concorsi seri. Quattro mesi dopo ha vinto un'altra. Chissà che fine ha fatto ora.
Prendiamo ad esempio il blog. Questo blog è la mia valvola di sfogo, il mio pertugio, il mio diarietto che aggiorno quando ho tempo/voglia/ispirazione/cazzi&mazzi. Mi sono resa conto, nei mesi, che se vuoi un blog di successo ti ci devi smazzà. Ma da morire.Devi stare lì a ore, creare dei contenuti interessanti, non mollare la presa, mai.Gente che cerca i contatti giusti per fare i numeri, sponsor, collaborazioni, il tutto al limite della decenza. Gente che per accaparrarsi followers mangerebbe la propria nonna. Si fa per dire. Gente che ha decido di farci un lavoro (e le stimo), perché per stare dietro a un blog come si deve, davvero diventa un lavoro.
Ecco, io un lavoro ce l'ho già e il blog mi serve per avedere. E si vede. Soprattutto d'estate me la svigno che è una bellezza. L'estate chiama e io rispondo, sempre.D'estate non solo si boccheggia, ma si respira proprio un'aria diversa fatta di letture sotto l'ombrellone, cene all'aperto, vasche in piscina, gavettoni in giardino, giochi d'acqua in mare, passeggiate dopo cena e quell'impercettibile dilatamento della giornata che sembra non finisca mai. E mi ci entrano pure un sacco di cose. E' il periodo in cui la nostra famiglia (come credo le vostre) passa più tempo insieme. E io cestino. Cestino proposte, contatti, collaborazioni. Robe che magari mi farebbero avere anche più visibilità.In cambio di. In cambio del mio tempo per smazzare tutta sta roba. Perché devi stare lì, al pezzo. Dovrei farmi prendere da questa voglia di emergere, di sfondare, di essere al top.Dovrei dedicare minuti, ore delle mie giornate a cercare di lanciarmi, ore ad accanirsi per cosa, poi? Un blog? Rischio di perdermi un sacco di cose e il mio tempo non è in vendita. E' solo prezioso. Io ringrazio i lettori gli amici che mi leggono, che si aggiungono a queste pagine sminchiate, vi giuro vi bacerei in fronte uno ad uno. E ringrazio chi ha capito e accolto la mia vera personalità, perché questo blog non sarà figo, non emergerà mai, non farà dei numeroni, non avrà mai un nome altisonante, non sarà aggiornato con cadenza settimanale ma solo se la sottoscritta ne ha voglia, sarà dimenticato presto, ma una cosa ce l'ha. Il calore umano. Non solo quello fatto dai vostri splendidi commenti, ma quello creato fuori di qui. Perché spesso chi ha il bloggone, tratta tutti gli altri da lettori o semplici commentatori. Numeri.Talvolta nomi. C'è un certo distacco tra chi scrive e chi legge, una sorta di piedistallo in cui è facile salire, ma rischi che quando scendi, poi non trovi nessuno.Quella specie di regola 'Io Scrivo. Tu leggi'
Qui vige la regola: 'Io sono. Tu sei'. Con tantissimi di voi si è creata una rete che va al di là del blog, ma proprio fuori, roba che se lo racconti la gente non ci crede. Magari io non sono qui, voi non siete qui, ma io sono con alcuni di voi da un'altra parte, extra blog, extra internet. Siete nel mio telefono, nella mia casa, nel mio abbraccio, nella mia vita. Poi magari un giorno finirà tutto, magari si rivelerà tutto fittizio. E a quel punto, come faccio sempre, cercherò di trarre il meglio da questa vita da mediano.

mercoledì 20 giugno 2012

La mia è una missione



Ore 20.43 Luci mezze spente, vassoi coperti.
“Ma...state chiudendo?”
No, macchè, apro ora. E' il nuovo orario estivo. Apro alle 20.45 e tiro dritto fino alle 7 di domattina. Che ideona, nevvero?
“Chieda pure”
“Mi disosserebbe un prosciutto?”
Sì, se poi io posso disossare lei, e riempirla come un tacchino a Natale. Già che ci sono...lo facciamo?

Ore 20.57. Luci spente, scopettone in mano.Pavimento bagnato.
“Siete in chiusura?”
Tho!Ma è il fratello di quello di prima?No, perché siete dei geni in famiglia. Come ha fatto a capirlo? Davvero, io non ci sarei mai arrivata.
“Di cosa ha bisogno?” Un litro di latte? E' qui nel frigo.
Una mela? Prenda!Al volo!
Un pacco di biscotti? Ecco, sono lì.
“Dei panini ripieni”
Alle 9. Di sera. No, ma fijo mio, vatti a mangià na pizza!E' dalle 7.30 di stamani che siamo aperti e ti viene in mente adesso il panino?

Ore 21.00
Ne arriva nartro.
“Aspetti aspetti!”
E chi se move? Son talmente stanca che pare mi ci abbiano piantato in terra.
“Dica”
“Ha delle bibite fresche?”
“Certo!Nel banco frigo”
Il cugino degli altri due (no, perché dev'essere una famiglia) mi lascia tutte le impronte delle scarpe sul pavimento bagnato, manca poco mi ci balla pure il merengue, va davanti al frigo, non prende niente, gira il culo e se ne va.
“No, vabbè, non avete quello che piace a me”
Oltre alle sue impronte, ha rischiato che ci fosse anche la sua sagoma fatta col gesso, sul pavimento. Perché se non fa in fretta a salire sull'auto, avremmo avuto a breve la visita di un medico legale.

Io lo dico sempre: fare la commessa non è un lavoro, è una missione. Una missione importante.
Non me ne voglia la chiesa cattolica citata in tivù, ma invece di donare il tuo 8 per mille a Suor Maria che raddrizza i ragazzi in Brasile, a Don Francesco che ascolta i tossicodipendenti, a Chiara, che insegna in una scuola in Africa, donalo a Simona.
Dona il tuo 8 per mille a Simona, che sopporta una clientela al limite del fanculizzamento giornaliero, che mentre le nonne scelgono la frutta, intrattiene bambini talmente mocciosi da essere verdi tipo Shrek. Che elargisce sorrisi anche se nella nuvola sopra la sua testa c'è scritto “ASSORATA”, che ri-pulisce dove aveva già pulito per farti scegliere un aglio (uno) per la marinata, che deve rimettere a posto tutta la merce che pare mescolata da un pazzo orbo, che deve scaricare senza muletto un carico di settanta casse d'acqua. Che, nonostante tutto ciò, si deve sentir dire “A me urta la sua voce” e limitarsi a una battuta, piuttosto che spettinare la gentile signora con un rutto di 180 decibel.
Dona l'8 per mille alla comunità delle commesse di cui Simona fa parte, dai retta. Non abbiamo niente in meno di questi qua sopra.Anzi, semmai, in alcuni giorni abbiamo qualcosa in più: a volte un'aureola, altre volte delle palle che nemmeno sull'albero di Natale.
Donaci il tuo 8 per mille. Ce lo meritiamo.




mercoledì 13 giugno 2012

Di catering, spumante e tacco 12 (praticamente un suicidio)






Eccomi.Lo so che stavate aspettando questo post, ma davvero non c'è niente da raccontare.
Mi preme innanzitutto ringraziare Lui, che mi ha permesso un trucco perfettissimo per 12 ore. E io pure lo snobbavo. Invece una grandissima scoperta.Poi: come vi avevo detto qui, non ho foto da mostrarvi, perché di lavoro si tratta, quindi che vuoi fa'? Eh. Questa fotina è di repertorio (ho sempre sognato dire 'di repertorio'. L'ho messa solo per dirlo, ecco)
Che dire...sono partita sabato mattina con un trucco e parrucco da far invidia alla Moira Orfei. Ti c'avevo un ciuffo che sembrava un nido di poiana.
Sono stata tutta la mattina in negozio tra gente, vassoi da preparare, in perenne contatto telefonico con le colleghe già sul posto che mi hanno fatto richieste come:
“Devi trovare almeno dieci tralci di vite finta”
“Ci serve un vassoio che non sia né tondo, né quadrato, un po' ovale ma non bislungo senza bordi ma non piatto”
“Dovremmo aver lasciato lì il cavatappi più bello, quello verde scuro, non chiaro, con cromature tendenti al bronzo. Lo trovi nel terzo cassetto. Forse. Altrimenti guarda nel quarto, o chiedi a M. Ma forse può essere nella scatola in alto a destra o in basso a sinistra. Insomma vedi te. Ma trova sto cazzo di cavatappi”
Mi aspettavo che mi chiedessero pure un tronista da piegare come un origami e ficcare in borsa per poi tirare fuori all'ultimo per la gioia delle signore presenti. Già che c'ero, vojo dì, eccheccevò?
Comunque. Dopo una bella mattinata all'insegna della tranquillità, mi avvio all'evento. La mia capa mi propone “Ma vuoi darti una rinfrescata? Ti vuoi vestire subito?”
Posso io darmi una rinfrescata quando devo salire su un'auto lasciata al sole per cinque ore? Sono sicura che se entro mi struggo come un ghiacciolo.
Declino l'offerta e ho fatto bene.
Arrivata all'evento, scarichiamo tutto con una lena che sembra che ci abbiano ficcato dei bengala nel deretano. Tempo due minuti e ho lo stesso colore di un red carpet. E la lingua felpata uguale.
E' tutto un “Corriamo!”
“Siamo in ritardo!”
“I tavoli devono essere pronti tra quaranta minuti!”
“I fiori!Dove sono i fiori? Ah. Li ho in mano”
“Ommioddio stanno per arrivare le autoritààààà!!Prestoooo!!!”
Quando ormai stavo per morire e abbandonare il campo, scatta l'ora X. Mi viene detto “Simo, vatti a cambiare che siamo quasi pronti”
Mi sarei messa a piangere. Le nike mi hanno guardata commosse per dovermi lasciare, io che con loro vado come una scheggia. Invece riparto correndo tipo Bolt a recuperare la borsa di Mary Poppins. Ma non ho portato tanta roba. Sembra un armadio quattro stagioni. Corro col fiatone con un occhio all'orologio, recupero la borsa, rifaccio uno scatto che il mio allenatore di un tempo sarebbe fiero di me e corro nei bagni. Sì, nei bagni. Perché non c'era propriamente una sala vestizione. E, anche se c'era, era sicuramente troppo lontana.
Arrivata lì, non solo c'ho il fiatone ma sono completamente sudata e color porpora. Dentro i bagni: 45 gradi con un tasso di umidità pari al 90%. Credevo di morì. Mi sono spogliata in fretta e furia , e più mi muovevo, più sudavo. Ho tirato fuori i miei pantaloni attillati e mi son detta “Così sudata non ci entrerò mai” No, ma avete mai provato a infilarvi i pantaloni quando siete un po' sudaticcie?
Parliamone. Allora tra salviette, lavandino, asciugamano e Padre Pio ho cercato di farmi una doccia in piedi. Dio che pena. Sembravo una zingara che si lava ai bagni pubblici. Pulita, sono pulita, ma ho la reazione, e quindi ri-sono rossa e accaldata. Sgranando un rosario e pregando pure Sant'Antonio Abate (protettore dei salumieri), cerco di infilarmi i pantaloni. Sono stati in cinque minuti peggiori della mia vita. Se uno mi prendeva a martellate le tempie pativo meno. Ho tirato, steso, plasmato, modellato e non respirato. Quelli che in condizioni normali mi entrano con un po' di preparazione, quel giorno lì non mi entravano manco a pregà. Ho temuto di strapparli tipo Hulk. Alla fine, dopo aver sospirato e gemuto come la protagonista di un film hard, sono finalmente riuscita ad agganciare il bottone. Così a culo che se faccio uno starnuto mi parte e ammazzo un passante. Sicuro. A quel punto il più è fatto. Indosso la camicetta, i tacchi e mi do l'ultima occhiata allo specchio. Il trucco, grazie al primer, regge a bestia. Il ciuffo alla Moira ha bisogno solo di una rassettata. Sistemo le forcine, ravvio un capello, faccio un respirone e sono pronta. Più o meno. Non faccio in tempo a posare il borsone che mi viene messo in mano un vassoio e detto “Corri,porta questo, le bimbe ti stanno aspettando!”
Avete mai provato a correre coi tacchi e un vassoio in mano? Poi fanno le Olimpiadi. Tzè!Prova a fa' sta roba qua, poi puoi chiamarti atleta. Se schivi anche tutti quelli che incontri sul tuo cammino ti danno pure la medaglia.
Nel mio tragitto ho pure rinviato un cane.
Arrivo alla mia postazione trafelata e malferma sulle gambe. Oddio a vedermi bene, così accaldata, di fretta, col fiatone e il bottone dei pantaloni mezzo sminchiato, pare abbia fatto una sveltina nei cessi col cameriere. Che bella immagine.
Ma finalmente ci siamo. Davanti a noi una quarantina di giudici internazionali, le autorità, qualcuno che forse (ma che ne so) era pure importante.
Ho cercato più volte di svignarmela dal tavolo dei vini, corrompendo i colleghi con frasi tipo
* “Se il vino lo servi sempre te, ti lavo la macchina per tre finesettimana di seguito, ci stai?”
*“Se stai qui e mi apri lo spumante, non dico a tua madre che ti ho vista in compagnia di P.”
“Mi hai visto in compagnia di P.???”
“No, ma pur di non aprire lo spumante sono pronta a inventare una storia d'amore travagliata che manco Beautiful”
“Apro io lo spumante”
E quindi ho evitato.
Fino a che.
Fino a che non sono rimasta sola nei paraggi e un ospite mi ha chiesto “Potrei avere del prosecco?”
“Certo...il prosecco” La so!E' quello che fa le bollicine. Ci sono solo cinque bottiglie aperte che fanno le bollicine, ma cosa vuoi che sia.
L'uomo mi guarda e la mia espressione è tipo “Ambarabà ciccì coccò...” Evito di mettere un mano al mento e contare col dito, ma dentro di me lo sto facendo.
No, dai, credo sia questo. Prendo la bottiglia per il culo (non è che le dico “Quattr'occhi spara pidocchiiiii!!”), la prendo dal fondo voglio dire, come mi hanno insegnato, e verso nel flute. Un po' troppo forte credo, perché si sta riempiendo di schiuma. Cazzoooooooooo!!! E ora? Ero tentata di uscirmene con un “Guardi là!Un asino che vola!” giusto per distrarlo un attimino. O sennò proporre “Barzellettina?” ma niente. Lui ha aspettato paziente.E dopo averlo riabboccato (orrore!) me l'ha tolto di mano sorridendomi.
Da quel momento in poi le cose sono andate un po' meglio. Ho versato altro spumante riuscendo a non schiumarlo (gli applausi a fine post,grazie), ho sorriso e servito sul tacco 12 senza piantarmi tra i tavoli. Ho solo un po' caracollato, ma lo facevo sembrare una mossa d'anca sensuale. Infatti qualcuno, fraintendendomi, mi ha chiesto “E' sposata?”
Ho pure dialogato con grande maestria:
“Gradisce un po' di prosecco? Le posso servire una tartina dolce? Le servirei questa alla frutta con gelatina, ottima per queste calde giornate”
“I'm sorry, I don't spaek Italian”
Oppure:
Pss! bimbe, ma qui son quasi tutti stranieri. Guarda questo che arriva, si vede che è straniero, guarda che giacca che c'ha. Prosecco? Prego! Speriamo di averci azzeccato, tanto vojo dì è sempre una bibita...”
Ottimo, grazie!”
Era anche del luogo.
Vabbè, ma oh!nessuno nasce imparato. Ah sì, ho pure aperto un bottiglia di vino. E mi si è troncato il tappo di sughero a metà. Ma vedete come sono tranquilla? E sapete perché? Perché era a fine serata, in compagnia delle bimbe, e quella bottiglia era per offrirla ad altri ragazzi dello staff, quindi voglio dire, anche se sa un po' di sughero va bene, no?
Comunque è andata. Tra alti e bassi, tacchi e pantaloni guaina, vini e spumanti, spagnoli e non, è finita.E non hanno intenzione di licenziarmi. Anzi sabato mattina devo andare al lavoro perché c'è da preparare una colazione di lavoro.
No ma davvero. Gnapossofa'.

giovedì 7 giugno 2012

Corso intensivo di sommelier







Simo, ce la puoi fare!"
"Uff!Pant!"
"Dai, così!E' quasi uscito!Respira però, con calma"
"Parli bene te!L'hai già fatto!"
"Dai che uscendo!"
"Uff!"
"Stringi bene e vai!"
"Anf pant!"
"Eccolo!Bravaaaaa!!!"



Questo dialogo starebbe bene in una sala parto, nevvero?Invece sono io alle prese con una bottiglia di spumante. Sono riuscita a stapparlo senza inondare quelli intorno a me stile festeggiamento sul podio del GP.
Siamo in pieno fermento per questa cosa, e stamani la sommelier ha avuto la malsana idea di farmi una lezione su come si maneggia una bottiglia.Una cosa così romantica e sensuale che mi sentivo Cicciolina alle prese con un joystick.
No, ma davvero.Il signor Muller dice di fare l'amore con il sapore. Ma figurati.
Se avesse provato a fare un corso di sommelier avrebbe consigliato di fare l'amore con un Chianti, altroché.
Tu la bottiglia devi porgerla, carezzarla, toccarle il culo  fondo, ruotarla con dolcezza, lisciare con movimenti soavi e non a scatto, non deve mai toccare il bicchiere ma solo avvicinarsi maliziosa al calice, per poi ritrarsi roteando su se stessa come se fosse preda di un capogiro e tornare al suo posto senza versare una lacrima,anzi una goccia.
Vi pare che io possa farcela?
"Hai visto come si fa. Ora tocca a te"
A parte il fatto che mi stavano guardando tutti e c'avevo la mano tremolante manco fossi appena scesa dall'otto volante, e poi Dio!ma quante cose mi devo ricordà?
Il mio primo amplesso l'ho avuto con la bottiglia di spumante che, in questi casi, non deve MAI fare il botto. Ti deve scoppià in mano come un petardo. BUM!E devi fa' finta anche di nulla. Deve fare un suono sordo, devi essere padrona della situazione e dopo averlo stappato con maestria devi far sparire il tappo tipo mago. Ualà!Il tappo non c'è più, sparito come per magia. Io già mi vedo che me li metto nel grembiulino per poi sembrare a fine serata una che s'è fatta due palle così. O sennò li metterò in una pianta. Và che belli nel ficus benjamin.
E poi ASSOLUTAMENTE non deve fuori uscire lo spumante. Gli è permesso solo fare un po' di fumo, un po' di vapore tipo i soffioni boraciferi di Larderello, quell'effetto lì. E anche qui mi immagino, che inondo tutti tipo Capodanno.
Poi è stata la volta della bottiglia di rosso. E qui ho avuto un amplesso col cavatappi. Che credetemi, per una astemia, è un casino, non lo sa usare. E' come dare un arriccia capelli a Collina, una manciata di neuroni ad Antonella Elia, un paio di mutande a fascia larga a Belen, una nave da crociera a Schettino, un' entrata gratis al Cocoricò di Riccione alla nonna novantenne. Se non sei avvezza, guarderai tutto ciò con stupore, non saprai dove mettere le mani e rischi di far danni.
Comunque. L'ho girato e aperto come un coltellino svizzero e alla fine ho imparato a usarlo. Più o meno. Anche qui la bottiglia va coccolata, etichetta esposta verso il cliente, mano sinistra sul culo  fondo come un palpeggiatore sulla metro, la destra invece aperta sulla schiena   sul dietro, e presentarla.
E poi versarla nel calice, ma non troppo, non devi superare una certa linea di mezzeria (che non è manco disegnata!), un po' più sotto di mezzo, via! questione di cazzutissimi cm che devo valutare a occhio. Tutto questo sorridendo impeccabile sul tacco 12 contornata da delle persone che quando me l'hanno detto mi ha fatto esclamare "Scappo in Brasile fino al 2020!" (non so se posso dirlo, male che vada ve lo dico lunedì)
Perché ve lo dico lunedì. Se sono sempre viva.
Magari a far l'amore con un Chianti c'ho preso gusto.
E diteglielo a Muller.





giovedì 31 maggio 2012

LETTERA APERTA ALL'UOMO MEDIO


Tu uomo, ascolta me.Questo post ti tornerà utile.
Parliamo di donne, ti va?
Ma levati quell'espressione dalla faccia, non parliamo di donne in quel senso lì.
Sono qui per illustrarti una cosa, per renderti partecipe di un evento con il quale avrai a che fare:
la sindrome premestruale.
No no, non mi sto sbagliando, è proprio con te che ne voglio parlare, le donne sanno già cosa le aspetta, tu no. Tu ne sarai la vittima passiva.
Ora siediti. Mettiti comodo che c'ho da dirti due cose.
Devi sapere, caro il mio uomo, che la donna, qualsiasi donna, in quel periodo lì si trasforma che manco il Dottor Jekyll e Mister Hyde.
Non è una donna, è un raccoglitore di malessere psico fisico che un uomo non arriverà mai a capire.Forse arrivate a capirlo solo quando la vostra squadra del cuore si becca una tripletta durante una partita per non retrocedere.
Ora ti spiego, partiamo dal fisico, okay?
A livello fisico ci sono dei cambiamenti notevoli, che magari possono renderti anche felice: si gonfiano le tette. Ma per davvero. Pensa che in quei giorni lì, sembra le abbia anch'io, per dire.
E tu ti immagini di approfittare di tutto sto bendiddio che la tua compagna offre, ma ti va male. E' come se tu fossi dentro un negozio di cristallerie, tutto è bello, tutto è luccicante, ma sul petto della tua compagna campeggia una bella insegna luminosa: Guardare ma non toccare. Perché sì, son belle, ma son doloranti e gonfie come gavettoni. Sembra scoppino da un momento all'altro. Ogni sussulto, tipo una serie di saltelli in palestra, possono essere piacevoli come una gastroscopia.
Dalla tua espressione vedo che non riesci pienamente a capire. Dici che esageriamo? Aspetta, ti faccio un esempio: prova a immaginare i tuoi gioielli di famiglia infiammati e incastonati in un collier, prova a immaginare un calore diffuso proprio alle tue di sfere, prova a immaginare che ad ogni saltello qualcuno te le strizzasse come mollica per fare le polpette.Male eh? Bhè più o meno è così.
E poi la pancia, che gonfia, che si modifica. Che se fino a tre giorni fa era piatta come la gazzetta dello sport, oggi, a cinque giorni dal ciclo, pare che tu ti sia mangiata un cocomero intero. Così. Dall'oggi al domani. E se vedi la tua compagna fanculizzare la Marcuzzi e tutti i suoi yogurt, lasciala stare, con qualcuno si deve pur sfogare. Perché noi gonfiamo. (Perché noi valiamo lo dicono solo quelle fighe in tivù). La donna normale a cinque giorni dal ciclo gonfia come una zampogna, ritiene più liquidi di un cammello sahariano, e c'ha la pancia come vuoi uomini prima di fare un rutto. Ecco, a voi passa con la digestione, a noi ci vogliono minimo dieci giorni. E ti dirò di più, caro il mio uomo. In quei giorni lì devi evitare frasi che potrebbero farti ritrovare in breve tempo sulla cronaca nera dei quotidiani, in quanto vittima di una moglie furiosa, tipo:
*“Ma ti sei ingrassata?” La probabilità che tua moglie ti pianti un mattarello tra una tempia e l'altra tipo le viti di Frankestein, è molto alta. Perché, se tu non lo sapessi, in fase premestruale, si possono prendere fino a due kg.Se ti va bene.
*“Perché stasera non ti metti quel bel vestitino attillato che ti sta tanto bene?” Questa evitala. Lo dico per il tuo bene. Tua moglie prima ti fanculizza con triplo carpiato dandoti dell'orbo, poi ti risponderà a denti stretti che il vestito è in tintoria. La verità è che in quel vestito, in quei giorni lì, non c'entriamo, okay? Tira troppo, ti fa l'effetto Laura Pausini coi pantaloni in pelle, ti fa l'effetto lucido tipo foca bagnata, la zip chiede pietà e alla fine non si chiude comunque, chiaro?
*“Ti è spuntato un neo?” Anche questa, tu uomo medio che non vedi manco un paio di pantofole davanti agli occhi e chiedi ancora dopo dieci anni dove sono le mutande, non la fare. Perché è pericoloso.E non si capisce per quale motivo non vedi mai una minchia e in quei giorni lì scopri anche un pelo superfluo albino. Quello che a te pare un neo, è un brufolo con una betoniera di correttore sopra per nasconderlo, va bene? Magari fosse un neo. In fase preciclo anche la pelle ne risente, sfoggiando brufoletti che nemmeno sulla fronte di un adolescente che si chiude in bagno. Quindi evita di fare domande che potrebbero costarti la vita.
Ora ti vedo parecchio interessato, quindi continuo giusto per finire il quadro.
Parliamo a livello psicologico, va bene?
Okay, tu credi di avere davanti a te una donna. In realtà è una iena. Nella fase premestruale, complice la trasformazione fisica, è simpatica e amorevole come un' emorroide. Non a caso, in quei giorni lì, sta sul culo a parecchi. Ma non è colpa nostra, sono gli ormoni che ci giocano un brutto scherzo. Quello che nei restanti giorni ci sembra un sorriso cordiale, in fase pre diventa un pretesto per farci dire “Mi stai provocando?Ce l'hai con me? Vuoi che ti dia un cinquino in fronte?”
Quel vecchietto che ci attraversa tutte le mattine la strada e che ci fa sorridere per la sua claudicante lentezza , in fase pre lo metteremmo sotto, per poi fare marcia indietro per spiaccicargli il salvavitaBeghelli.
Il tuo approccio amoroso, che viene accolto positivamente nove volte su dieci, in fase pre viene rinviato a data da destinarsi. Cioè, non solo non la puoi toccà, ma non ne puoi nemmeno parlà. A cuccia. Buono. Biscottino se ti va bene. La voglia di fare sesso in questa fase è pari alla tua voglia di farti fare la ceretta ai polpacci. Capito il concetto?
Per ironia della sorte, l'apice della voglia matta, tocca dei livelli altissimi proprio durante il ciclo, dove a dare retta, una donna ti sbatterebbe al muro un minuto sì e uno anche. Roba da coraggiose.
E' come se fossimo state tirate con un elastico per poi lasciate andare improvvisamente. E più è dura e in tiro la fase pre, più lo slancio sarà fortissimo. Quindi non lamentarti che ti va pure di culo.Sii solo paziente.
E la donna tornerà a sorridere. Perché per quasi cinque giorni ha nell'ordine:
ululato
abbaiato
ringhiato
e pianto.
Sì, perché leviamo gli ormeggi alle lacrime, siamo piagnone, roba che potremmo commuoverci per la pubblicità del cono algida. Potremmo arrivare a versare copiose lacrime guardando la scena dell'ennesimo matrimonio tra Brooke e Ridge, potremmo arrivare a sussultare di singhiozzi per l'ennesima vittima della signora in giallo, potremmo non trovare ragione di proseguire la nostra vita senza prima aver trovato una cazzo di zattera per salvare Jack in Titanic. Perdiamo proprio la misura.Ma non è colpa nostra, sono gli ormoni, caro mio. Siamo loro vittime, ci sconquassano, ci dilaniano, ci ingrassano, ci traviano, ci gonfiano e ci rompono.
Quindi, caro il mio uomo di ogni età, che ti appresti a intraprendere una vita a due con una donna, sappi che ti aspetta tutto ciò. Almeno per una settimanetta.
Ripeto: sii paziente, ma tanto, quasi quanto noi. Che guarda, saremo anche rompicoglioni una settimana al mese, ma poi passa.
Perché a noi, passa ;-)





LinkWithin

Related Posts with Thumbnails