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martedì 11 novembre 2014

Il robot spara missili

Settimana scorsa sono stata invitata da una maestra elementare per coordinare e seguire i bimbi della sua classe durante un tortuoso e difficile cammino: costruire un racconto per partecipare a un concorso letterario rivolto alle scuole.
La maestra si è affidata a me perché mi conosce, perché sa che in passato ho scritto e vinto con racconti per l'infanzia, perché sa che mi piacciono molto i bimbini e perché probabilmente non sapeva più dove battere il capo. La sua richiesta si può riassumere in “Ho 25 racconti e ne devo fare uno. Ovviamente i racconti sono tutti differenti e devo invece seguire una traccia già delineata. Ergo: vojo morì.”
Allora io, armata di mantello rosso e tutina blu, mi sono catapultata in loro aiuto al grido di “SuperSimoooo!!!”
Già come mi hanno accolto mi doveva far capire che sarebbero stati due giorni fantastici.
Busso alla porta e si leva un coro di “Avanti!”
Decidono loro, evidentemente.
“Bimbi, questa è Simona.”
“Ramona? Che nome è Ramona?”
Ottimo.
Mi hanno squadrata da capo a piedi, fino a che un bambino mi ha detto “Sei la nostra ultima speranza. Abbiamo fatto un casino che la metà basta e avanza.” Pure la rima, si vede che è bravo nelle poesie.
La maestra mi fa: “Siediti alla cattedra”
“No, ma ti pare? Sto in piedi.”
“Ho detto mettiti alla cattedra. Questi, se stai in piedi, ti vengono dietro”
Mi siedo alla cattedra e dio che figata! Mi sono sentita molto la maestrina dalla penna rossa!
Guardo la classe e mi accorgo che ognuno si fa i cazzi propri: c'è chi si scaccola, chi è in ginocchio sulla sedia in bilico come un numero da circo, chi passeggia indisturbato che manco in Corso Italia, chi si improvvisa lanciatore del peso con l'astuccio del compagno, chi si regge la patta dei pantaloni chiedendo non solo di andare in bagno ma anche pietà e chi sta facendo col gessetto la sagoma del compagno sul pavimento in perfetto stile Scena del Crimine. L'ho amati. Da subito.
Dopo aver cercato di attirare la loro attenzione lanciando bombe a mano, finalmente possiamo iniziare a lavorare sul racconto. Ovviamente hanno scelto il genere più difficile da costruire: il giallo. D'altronde sti bambini oltre a Peppa Pig sono bombardati da signore in giallo e don mattei, e quindi cosa ti devi aspettare? Leggo loro l'incipit (già incasinato di suo) li lascio pensare, poi raccolgo le loro idee per farne un unico pezzo. Riuscire a ingoiare una spada infuocata, per me, sarebbe stato più facile.
Alzano la mano a turno.
“Dimmi.”
“Allora, c'è il delitto, no? Poi arriva un robot...”
Lo fermo “Un robot? Si svolge in una casa nel bosco, e l'incipit fa capire che non è una storia fantascientifica.”
“Ah.”
“Comunque vai avanti, vediamo dove ti porta la fantasia.”
“Sì, allora... dopo che hanno scoperto il morto, arriva un robot..” Vede il mio sopracciglio alzato e rettifica “...Un robot che abita nel bosco.”
“Ok, vai avanti.” Gli sorrido per incoraggiarlo.
Riporto testuali parole:
“Insomma c'è questo robot che fa paura e nessuno riesce a catturarlo!Fa una strage e c'è tutto il sangue e combatte con la sua voce robotica 'IO SONO UN ROBOT CATTIVOOOO'!! E anche la polizia ha paura perché è alto due metri e poi perché spara missili e ammazza tutti!”
“Spara missili? Deve essere un racconto veritiero, ricordi l'incipit?”
“Okay, allora spara polpette.”
Mi son cappottata sulla sedia. E niente, lui il robot ce lo voleva. Non è stato possibile farcelo realmente incastrare un robot in questa storia però per il concorso abbiamo scelto un suo disegno, perché era uno dei più colorati e ad effetto. Secondo me se lo si osserva per più di due minuti appare veramente un robot che spara missili in 3D.
Poi è stata la volta del vero giallista. Un bimbo che mi avrebbe fatto comodo averlo accanto  nella stesura di Chiudi gli occhi, perché ha avuto delle idee non solo geniali, ma molto molto logiche e mature. Sono rimasta colpita. Ha esposto la sua teoria e sinceramente c'è sembrata la meglio. I compagni, per niente gelosi, lo hanno supportato e hanno accolto questa pseudo trama con molto entusiasmo, anche se ha smontato con un'arguzia e una lucidità degna di Poirot le varie ipotesi degli altri bambini. In parole povere, i suoi ragionamenti non facevano una piega. Perfetti.
“Bravo, sei un giallista nato, i miei complimenti!Leggi molti libri gialli?”
“No, ho visto tutte le puntate di Castle.”
Poi, in ordine sparso c'è stato:
il disfattista: “A me mi sembra che non torni niente. Bah!Poi fate come vi pare, ma a me non mi garba. Se lo dite voi...mah!...”
il pigro:
“Senti oh! Io sono arrivato a scrivere fino a qui. Andate avanti voi che io per oggi ho fatto già abbastanza!Quando avete finito, m'avvertite.” Un ganzo.
L' impressionabile:
“Possiamo fare che il morto non è morto e che invece fa finta e che il sangue in verità è succo di pomodoro, e che poi finisce che era uno scherzo?”
Il confuso:
“Senti, Lucia...”
“Lucia? Mi chiamo Simona, ricordi?”
“Ah sì, Simona.”
Dopo cinque minuti “Lucia?”
“Simona”
“Sì, Simona...”
Dopo tre minuti “Lucia?”
“Dimmi, topo.”
È rimasto interdetto “Ma non ti chiami Simona?”
“Volevo vedè se stavi attento.”
C'è chi mi ha chiamato 897 volte Maestra (la forza dell'abitudine), chi mi ha chiesto generando dieci secondi di terrore “Ma te a chi la dai?” (riferendosi alla mia storia una volta finita.) C'è chi mi ha detto “Ah, e quindi te sei una scrittrice. Quindi lavori in libreria (???). Bene, se mi dici quale così poi io vengo e mi fai lo sconto.”
Chi mi ha detto:
“Somigli alla mi'nonna”
chi: “Anche la mia baby sitter si chiama Simona ma è più giovane di te”
e chi “Hai una figliola di quattordici anni? Me la fai conoscere?”
Verso la fine della lezione si è avvicinato il bambino del robot “Senti Simona, io c'ho ripensato. Lui in verità (indovinate il soggetto? Bravi) non ammazza tutti sparando polpette ma ha una maschera che con gli impulsi del suo cervello fa esplodere le cose. E poi....e poi...lui ha dei guanti speciali che se ti stringe la mano muori!!”
“Mmh...la storia ormai è terminata, ma credo che farò tesoro delle tue parole, magari per il mio prossimo libro, va bene?”
Lui mi guarda e poi, la svolta.
“Anche io sto scrivendo un libro!”
“Ma dai?! Fantastico! Di cosa parla? Aspè, fammi indovinare...un robot!”
“Sì!”
Se fosse cresciuto a Goldrake e Mazzinga non oso immaginare dove sarebbe arrivato:“Dimmi a grandi linee la trama, via!”
“Allora c'è questo robot che è malvagio e va dentro casa e sale in camera sua fino all'ottantesimo piano...”
“Ottantesimo piano? Allora non è una casa, è un grattacielo.”
Mi guarda dubbioso rendendosi conto dell'incongruenza, poi sentenzia convinto “In realtà è un albergo.”
“Bene, vai avanti che si fa interessante.”
“Va in cima e trova un computer dove ci sono dati importanti sulla distruzione del mondo. E lui deve combattere e allora prende l'ascensore ma ci trova tutto il sangue e le braccia morte e una gamba tagliata e le teste mozzate e allora poi va in un ufficio e scopre il computer del nemico e un succo di frutta e poi lo beve che così gli dà forza e spara missili a tutta randa e muoiono tutti!!”
“Mmh...interessante. Potrei intanto leggerne un pezzettino, magari?”
“E no. Non puoi.”
“E perché? Non hai detto che l'hai scritto?”
“Sì, ma l'ho scritto nella mia testa.”
Semplicemente fantastico.
Sono stati due giorni meravigliosi dove davvero ho bevuto le loro storie e mi sono nutrita dei loro pensieri strambi, folli ma appunto per questo bellissimi.
Una bambina, pronta già con lo zainetto in spalla, mi ha detto tutta triste “Ma ora non torni più?”
“No, mi sa di no, la storia è finita. Mi dispiace.”
Lei, coccolina, per tutta risposta ha abbassato la testa, l'ha infilata sotto il mio braccio e si è lasciata accarezzare la testa fino a che non è suonata la campanella.
Non si vincerà il concorso, ma quello che mi hanno regalato in questi due giorni, vale più di un primo premio.



mercoledì 13 marzo 2013

Io sono strana.




Quando parlo con le mamme con figlie dell'età di Alice, il tema è sempre lo stesso: l'impossibile gestione dell'infante. Si sa, l'adolescenza è un periodo da trattare coi guanti e con le pinze manco fossimo cardiochirurghi, ma s'ha da fare. Vedo e sento intorno a me cose e frasi che per ora (ripeto, per ora) non mi sfiorano nemmeno. Alice non è ancora entrata in quella fase di ribellione, scazzo, mancanza di rispetto, ringhi, lacrime e varie&eventuali. Non segue il gregge, non si fa ammaliare dalle amiche, non cede alle regole del gruppo. In poche parole, come dice lei, si sente strana.
Strana perché le amiche leggono Cioè e lei i romanzi. Strana perché loro hanno abbandonato la fase ludica e invece lei c'è ancora dentro. Strana perché le cose che loro reputano importantissime, per lei son cazzate. E quelle che lei reputa importantissime, per loro sono fonte di scontro/cazzate.
Quello che mi fa riflettere un filino è perché nostra figlia debba sentirsi strana solo perché non segue la scia. Il fatto che sappia non cedere alle mode del momento 'perché sennò sei fuori', mi rende orgogliosa. Il fatto che non scimmiotti, che non imiti e che continui a seguire la sua linea di pensiero, mi fa sentire una che ha fatto un buon lavoro. E credo ci voglia una grande determinazione a rimanere quella che sei, anche se quelle che ti cercano e quelle che ti vogliono sono lontane anni luce da te nei gusti, nei modi e nelle scelte. Lei si offre così e a vedere quante amiche ha e come le vogliono bene, credo che stia facendo un buon cammino.
Oh certo, che la fase della ribellione arriverà, sì che arriverà, magari tra un anno o due. O magari mai, come è successo a me. Non ricordo di aver avuto grandi scontri con mia madre, anzi.
Alice, quando hanno cominciato ad affrontare questo delicato argomento a scuola, è andata in crisi. Non si riconosceva nella rabbia dei compagni, nella richiesta di libertà e nell'odio verso i propri genitori.
Alice cambierà, come tutti. Cambierà grazie ai nostri sì, ma soprattutto ai nostri no, ai quali ha sempre risposto senza lacrime e grugniti ma facendo molte domande. Ma non sono no a prescindere. Sono no spiegati, illustrati, argomentati, dei no fatti di pro e contro, di cosa vorrebbe lei e di cosa possiamo e vogliamo offrire noi, dei no costruttivi e recepiti con interesse. Va da sé che abbiamo il lavoro facilitato perché Alice è una grande ascoltatrice, lo è sempre stata, e le sue idee, le sue ambizioni, le sue parole vengono trattate sempre con molto rispetto. Lo stesso che pretende dagli altri, ragazzini e adulti.
Questo è un testo che ha scritto a metà febbraio. L'argomento doveva essere una sorta di sfogo su questa fase che stanno attraversando, a lei per ora sconosciuta. E questa cosa l'ha gettata nel panico e i “Non ho niente da dire su questo argomento. Io non mi ci ritrovo!” si sprecavano. E lì, mi son sentita di spingerla a dire la sua, a far sentire la sua campana, ad andare pure controcorrente anche se rischiava di andare fuori tema. A far sentire la sua voce nell'essere, come lei sostiene, una diversa.
Al di là della grammatica, della sintassi, dello stile semplicistico e chi più ne ha più ne metta, (si sa, l'italiano non è il suo forte) abbiamo cercato di cogliere nelle sue parole un significato diverso. Qualcosa di ancora intatto e pulito.

Pubblico col suo permesso:

A scuola stiamo affrontando il tema dell'adolescenza ma ad essere sincera non mi ci ritrovo per niente perché le mie amiche hanno uno scontro coi genitori, non li sopportano, io invece non ho tutti questi problemi. Io ho il cellulare come tutti però non lo uso come le mie amiche perché loro ci stanno attaccate, quasi ipnotizzate, io invece mi scordo di avercelo e lo uso solamente per mandare gli auguri, chiedere qualcosa della lezione alle compagne e chiamare mamma quando sono fuori casa. Le mie amiche quando vengono a scuola pensano anche alla moda, io invece penso a prendere un paio di jeans, una maglia, una felpa e sono pronta. Ora vanno anche di moda gli occhialoni super giganti e a me non piacciono perché se io dovessi prendere gli occhiali, non li prenderei così, li comprerei normali, cioè adatti al mio viso. Se poi si guarda bene si intravede anche il trucco. Certo stanno bene, ma secondo me il loro viso è più bello senza perché con il trucco sembrano delle maschere di carnevale. Io non posso truccarmi perché mamma non vuole e comunque a me dopo un po' che ce l'ho mi cominciano a prudere gli occhi, quindi direi che non posso.
In questo periodo hanno la fissa della musica, non fanno altro che parlare di musica, musica e musica. Ma cosa ci troveranno di bello nei One Direction che sono cinque ragazzi che cantano? (ad essere sincera non so nemmeno quanti sono di preciso). Saranno pure carini (a me però non piacciono) ma non li sopporto.
Io sono strana in fatto di musica, cioè ascolto una canzone “Ok. Mi piace”, ne ascolto un'altra “No, Non mi piace”. Non ho una band preferita, mi baso solo sulle canzoni.
Ritornando sempre alle mie amiche quando sono a casa si truccano tutte, si fanno le foto e poi le mettono su Facebook...eehh Facebook, ma cosa ci troveranno di piacevole a mettere frasi o foto su un sito internet?Senza contare che sono esposte a rischi.
Io non ci sono perché i miei non vogliono ma a me non interessa.
Le mie amiche vorrebbero anche più libertà. Invece i miei genitori mi lasciano fare quasi tutto quello che voglio, evidentemente i loro genitori non glielo permettono.
Una mia compagna dice che prima o poi anche io affronterò questa fase di ribellione, ma per adesso la sento lontana, quindi vivo bene i miei dodici anni.
                                                                                                                       

                                                                                                                     Alice. 






lunedì 31 dicembre 2012

Mi raccomando le mutande!




L'anno scorso (Gennaio)  ho iniziato il nuovo anno sognando Luca Ward, cioè voglio dire, mica pizza e fichi. Na roba che se ci ripenso, mi entusiasmo di nuovo.E poi a metà mese me ne sono andata a RAI 1. Quando una è televisiva ci sta poco da fa'.
A Febbraio ho scritto una lettera ad Adriano Celentano sollevando non poche polemiche.E pensare che Adrianino bello quando canta mi garba anche, ma non deve essere stato chiaro il concetto.
E poi RadioRai mi ha intervistata. Tho, davvero!Un'intervista a me, vi rendete conto?Non ci credete? Manco io.
A Marzo impugnavo una pistola (Dio, a leggere qui sembro una pazza!), festeggiavo il mio compleanno, e vi confidavo che io la do a tutti. Oh allora. E poi c'è stato l'evento, io e le mie tope al Taste. Se ci ripenso piango dalla commozione. Cerebrale.
Ad Aprile (udite!udite!) ho imparato a cucire a macchina, affrontavo per la prima volta i colloqui coi professori (AIUTO) e facevamo gite un giorno sì e uno pure.
A Maggio...ehm...che ho fatto a Maggio? ah sì, ho scritto un'altra lettera all'uomo medio.Minchia, ma quante lettere scrivo?Il bello è che non mi risponde mai nessuno. Vabbè, ho scritto sta letterina, no?  quella che ognuna di noi scriverebbe  al proprio compagno, marito, fidanzato, amante, insomma a colui che c'ha i gioielli di famiglia, per intenderci.Alle donne è piaciuta molto, c'è da sottolinearlo? Poi vi ho spalancato la porta della mia cucina e mi sono data al bricolage. Geppetto mi dovevo chiamà.E poi ho rivisto lei, che ha aperto il vaso di pandora. Io, il vaso, gliel'avrei aperto in testa, ma questo è un'altro discorso.
A Giugno ho parlato di uomini, alcuni uomini. I Metrosexual. Se volete sapere cosa ne penso, cliccate sul sexual. Ma solo su quello, eh? non fate le furbine.E poi mi sono data allo sport estremo: allestire un catering sul tacco 12.  Sono viva per miracolo.
A Luglio...oh ma che caldo faceva a Luglio? Terribile. Mi sono messa a raccontare di quella volta, quella volta che io me lo sentivo che sarebbe successo. Quella volta che. Andavo ai concerti e facevo marmellate che manco nonna Papera.
Ad Agosto (figlio mio non ti conosco.No, amor mio non ti conosco. No...ehmm..non lo so, insomma Agosto) sono stata una pigrona sapete? Pochi post. Sono stata tutto il tempo a gironzolare con sua Santità, cucire e leggere.
A Settembre (l'uva è matura e io fi'o pende, direbbe la mì povera nonna)  c'è stato il nostro bellissimo, fantastico, stupenderrimo viaggio in Inghilterra sulle tracce di Jane Austen. Se volete, trovate tutte le tappe di questo viaggio nell'etichetta Inghilterra del Sud. Vi ho mostrato la mia posizione strategica riguardo la scuola di Ali e ho avuto a che fare con dei piccoli mostri. Che settembre impegnativo.
A Ottobre ho scritto i dieci comandamenti per i blogger. Il Signore mi perdonerà per il mio mancato dono della sintesi. E anche di averlo fatto su un normale foglio word, ma sa, Signore, con lo scalpello e la pietra non sono molto pratica, è già tanto se faccio il punto croce, non so se mi spiego. Poi mi sono data al teatro (Proietti ha da tremà!Ricordo ancora gli applausi e le rose lanciate!Sì, nei miei sogni) e di nuovo alla televisione finendo su La7 in studio con Benedetta Parodi. In più ho lanciato mio fratello. Non dalla finestra. Ho lanciato il suo disco.Ottobre è stato ganzo, oh!
A Novembre mi sono fatta due palle così, e sono stata guardata male per una minigonna. Che se quel post l'avessi scritto in questi giorni (con le notizie che danno ai tiggì) sarebbe stata un'ulteriore provocazione. Ma guarda te come sono Auanti, a volte.
A Dicembre sono stata un po' hot, chennesò saranno stati gli ormoni. Prima ho affrontato un argomento un po' erotico, poi ho scritto una lettera a Silvio Berlusconi parlando anche dell'amica sua e non è come parlare di Suor Germana, per dire.
E a Gennaio...no aspè, Gennaio c'ha da arrivare. E allora se deve arrivare io vi faccio gli auguri. Ma tanti. 
Però mi raccomando, non fatevi scoppiare un petardo in mano che le ditina vi servono (avete mai provato a scaccolarvi senza dita? No, ma ditemi come fareste).
Non bevete troppo che sennò rischiate di accoppiarvi con quello coi brufoli che non se lo prenderebbe nemmeno la figliola di Fantozzi.
Voi uomini, non palpate, non fate la mano morta con la scusa "Uh perdonami, non l'ho fatto apposta". Se vuoi palparmi, portami almeno dietro una tenda. O il lavoro lo fai a modo sennò niente.Eh.
E poi mi raccomando: mutande rosse. Dicono che porta bene e, soprattutto in questo momento, qualcosa di buono deve arrivà. Quindi forza, a ravanare nei cassetti. E se c'avete quelle di dieci anni fa che vi stanno strette o non vi stanno più, tagliatele e fateci uno chignon per capelli, piegatele e ficcatele nel taschino del vostro uomo a mo' di fazzoletto, fateci un girocollo, un braccialetto o una cavigliera, ma portate addosso ste benedette mutande rosse.
Io? Oh io ne ho un paio talmente fini che se stasera mangio i  fagioli, vedi come le fagocito. Al massimo con un soffione boracifero le sparo dal terrazzo, va là. E il prossimo anno mi tocca pure ricomprarle.
Insomma bimbi, AUGURI e che il 2013 vi porti tutto quello che desiderate.

p.s. Ebbasta sempre a chiedere Raoul Bova e Gabriel Garko!Eh!! 







lunedì 17 settembre 2012

Secondo albero a sinistra



Se mi vuoi, per sei giorni a settimana, io sono al secondo albero a sinistra.'Come una mignotta' verrebbe da dire. No, ma per davvero. Il secondo albero a partire da sinistra è la mia postazione mattiniera dalle 8 alle 8. 20 circa.Ma mica solo mia, oh no. Mia e di altre mamme. Una manciata.
Che poi, viste da fuori, magari facciamo anche un po' pena.Cioè, le nostre figliole vanno per i tredici anni (la mia no, va per i dodici perché è andata a scuola prima), quindi che stai ad accompagnare fino al cortile? Nella migliore delle ipotesi possiamo sembrare:
-delle mamme ansiose (della serie: ndo vai, cosa fai, ti devo controllà, ti devo vedè, varie e eventuali)
-delle mamme non lavoratrici (della serie: ma non c'avete un cazzo da fa' che stare qui davanti alla scuola a spettegolà?)
-delle donne che non sono mamme (della serie:passavo qui per caso e mi sto riposando al secondo albero a sinistra)
Invece. Invece quella postazione è strategica. Qui, sotto quest'albero (che non so che razza è ma lancia dei frutti che somigliano a cacatine di vitello.E dove potevo stare io?) abbiamo preso anche delle decisioni importanti,ma più che altro è la nostra base per l'organizzazione settimanale. Facciamo un orario tipo cassieri dell'Ipercoop:
“Io passo domattina, te le prendi all'uscita.Venerdì le prende lei, io le prendo sabato”
“No, Simo.Sabato ci sono io, te le prendi lunedì.”
“Lunedì esco a mezzogiorno, semmai le prendo io.Martedì ci sei te?”
“Al ritorno. All'andata c'è lei”
“Io son di turno mercoledì ed esco alle quattro.Semmai all'andata ci sono io”
Tutto chiaro, no? Perché quando la scuola non è servita dallo scuolabus, l'unica alternativa è organizzare i turni dell'andata, del ritorno ed eventualmente dei laboratori. E noi siamo efficienti, efficientissime. Il Mammabus non ha mai lasciato nessuno a casa. Roba che parti con una figliola e torni con tre. Fantastico.
Ma non organizziamo solo l'orario delle settimana in base ai turni/impegni/cazzi&mazzi, ma quei venti minuti sono considerati il nostro pit stop.
Fortunatamente possiamo concederci venti minuti di chiacchere in tranquillità sotto il nostro alberello spara merdine. Non siamo come le altre mamme che entrano in ufficio alle otto e che quindi, porelle, scappano lanciando il figlio dal finestrino. Noi no. Fortunatamente abbiamo un' autonomia di venti minuti, massimo mezz'ora, come un cellulare con una tacca.
E in quella mezz'ora apriti cielo. Accordate sull'orario, non ci rimane che chiaccherare del più e del meno e gli argomenti possono spaziare dalla cucina:
“Indovinate cosa ho fatto per cena ieri sera?”
“Le fave!”
“Cretina”

Al lavoro:
“Allora a domattina!”
“Ma non sei di turno?”
“Di turno il venerdì? Mai”
“Domani è giovedì”
“E' giovedì?”
“Sì”
“Allora oggi è mercoledì?”
“Eccerto”
“Cazzooooo!!! Non ho svegliato mio maritoooo!!”


A vita vissuta e mondanità:
“A che ora siete andate a letto ieri sera?”
“Dieci e dieci”
“Dieci meno un quarto”
“Vi batto tutte. Alle nove e mezzo dormivo già sul divano”

Per finire con la  scuola:
“Allora? Ti son riusciti gli esercizi di matematica?”
“Zitta!Non me ne parlare. Anzi piuttosto: ma storia era da pag. 32 a pag 40?”
“Mmh... credo di sì. Poi c'erano gli esercizi”
“No!”
“Mi sembra...o era geografia? Guarda, speriamo non ci interroghi”
Perché quando la figlia fa i compiti in cucina, legge a voce alta, ti chiede una cosa, e poi “Mamma me la risenti?” oppure “Non ho mica capito tanto bene, me lo rispieghi?”, cioè farsi prendere la mano è facile, ti prende un'ansia da prestazione che non vi dico.
E poi si vedono un sacco di cose.Professori che vanno e vengono (alcuni sorridenti tipo matrimonio, altri avviliti tipo funerale) la bidella che chiude la porta o la tiene se c'è vento, ragazzini in ritardo che tirano giù un santo sì e uno pure dal calendario, mamme con la cartelletta da disegno sotto un braccio (dimenticata dal maggiore) con un pargolo semiaddormentato sotto l'altro, amoreggiamenti di qualche Romeo e Giulietta con uso spropositato di lingua, tanto per darsi un po' la carica mattutina e partite di pallone nel cortile, che se ti va bene ti usano come secondo palo.
Quindi niente, in quella mezz'ora se ne vedono tante e noi facciamo solo del bene alla comunità. Cioè siamo testimoni oculari e guardiane del cortile. Tipo ti sappiamo dire quante volte Alfredo arriva in ritardo, quante volte Gemma manda affanculo Davide e già che c'è anche il prof di musica, quante volte Giulia si dimentica la merenda a casa, e quante volte la mamma di Pierfrancesco, facendo retromarcia, prende in pieno il cartello del divieto d'accesso. Che noi, diciamocelo, sotto un cospicuo pagamento, saremmo anche disposte a coprire il misfatto, davanti al marito della signora. Tipo che il cartello ce l'hanno messo ora ora. Voglio dì, è un anno che tutte le mattine siamo qua, lo sapremo? Eh.
E insomma dopo aver lasciato le figliole e prima del lavoro, ci scappano tutte queste visioni e queste chiacchere comode comode. Che poi vabbè, potremmo anche lasciarle in cima alla strada come fa il Santo. Lui scende, le prende lo zaino, la saluta, e riparte. Al massimo concede un salutino alle mamme presenti ma mica la accompagna sotto l'alberello. L'ha fatto una volta e mi ha detto “Mi sento un cretino. Minchia, manca poco ci porta il fidanzato e la devo accompagnare nel cortile?”
Ora via. Infatti i babbi non scendono, non si palesano, non chiaccherano alle otto di mattina, lo fanno più volentieri all'una. Andranno a energia solare, bho!
Fatto sta che noi siamo affezionate al nostro alberello spara merdine.Se c'è il sole ci fa ombra, se piove piano non importa nemmeno aprire l'ombrello,insomma è anche romantico!Infatti abbiamo deciso che alla fine della terza incideremo sulla corteccia i nostri nomi racchiusi da un cuore. Dobbiamo lasciare un segno. Per forza.
E poi siamo diventate un punto di riferimento, a rotazione si aggiungono mamme, anche di altre sezioni.Vengono, chiedono, ridono con noi ( e sicuramente di noi), si aggiornano e noi accogliamo tutte.Precise precise.E pure gratis.
Ma fino all'anno scorso c'eravamo solo noi, c'era solo la nostra postazione, tipo 'punto di ascolto' o 'ufficio informazioni' dell'Esselunga. Da qualche mattina invece, tho!c'è un'altra manciata di mamme, sicuramente della classe prima. Sono appollaiate sotto il primo albero a partire da destra.
Le abbiamo guardate come un gatto che guarda il topo, un po' di sguincio, un po' con gli occhi semichiusi (più che altro perché siamo cecate) e abbiamo detto “Oh, qui c'è nostro. Non vorranno mica fregarci il posto sotto l'albero sparastronzolini.”
“Ennò, davvero. Questa è la nostra postazione”
E allora abbiamo fatto l'unica cosa che potevamo fare.
C'è un albero?
Ci sono degli estranei?
Siamo o no, proprietarie del posto?
E allora con una pisciatina abbiamo marcato il territorio.
Come i gatti.
E prima o poi arriveranno i carabinieri, me lo sento.






mercoledì 28 marzo 2012

LA PAGELLA DI BABY SIMO


Ieri stavo pensando (che già il fatto che io pensi è qualcosa di miracoloso) che Alice (scolasticamente parlando) per alcune cose ha preso da me. Per esempio il disegno, poi...il disegno, poi...sì bhè il disegno, e poi...il disegno.

Questo per farvi capire in che condizioni versavo io a scuola. Invece lei è brava in tutto, più che altro si impegna, anche se ovviamente ha le sue materie preferite. Ma io non è che ero dura eh? No no. Volevo fa' come mi pare. Sai la novità.

Mi piace italiano? Okay, scrivo un tema dove non mi bastano otto fogli protocollo. Oh che bei voti a italiano!I miei temi venivano letti in classe.

Matematica? A parte il fatto che per me la matematica è un'opinione. Comunque. Che brutta la matematica, non mi garba e non mi è mai garbata. E quindi anche no. Un sei non l'ho mai visto in tre anni. Un sei. Figuriamoci di più.

Arte (o disegno o Artistica) ohhhh che bellezzaaaa!!Dei disegni e delle robe fantastiche!Il mio battistero di Pisa fatto a china è rimasto appeso in classe per molto, molto tempo. Ero artista dentro, abbestia. A Montmatre dovevo sta', altro che scuola.

Inglese? Cioè, io già ci do di italiano, non capisco perché devo imparà un'altra lingua. La povera professoressa Rosanna una volta è svenuta in classe:avevo tradotto Martin Luther King in 'Il Re Martin Lutero'. Poraccia.

Tecnica: cosa me ne frega a me di come è composto il legno o la carta, cioè mica c'ho da mettere su una cartiera. Quindi pffff!! che palle. Però la mia centrale idroelettrica con tutte le lampadine funzionanti che pareva un plastico di Vespa ebbe un enorme successo. Cioè, ero brava come Geppetto o Archimede ma a livello pratico, la teoria lasciava un po' a desiderare. Ergo: braccia tolte all'agricoltura.

Religione: non me lo ricordo, ci tiravamo le cimose.Ma tanto non avevo idea di farmi suora.

Storia e geografia. Anche qui, andavo a gusti. Mi piace la Lombardia? La studio: 8. Non mi piace la Toscana? Non la studio: 5. Cioè, se mi entrava nelle grazie bene, sennò era un casino.

L'impero romano? Ganzo! 7 e mezzo! Il medioevo? 'L'alunna, chiamata per l'interrogazione, si giustifica dicendo “Ieri non ho potuto studiare perché mi è morta la nonna”. Presumibilmente la stessa nonna che è morta anche il mese scorso, quello prima, quello prima ancora e pure l'anno scorso'.

Musica: col flauto ero brava, manco il pifferaio magico, guardate. Il problema era la teoria. Ai compiti (con la prof che batteva una manina sull'altra come se fosse la Rottermaier “Ta-ta-ta-ta-ta”) mi sarebbero servite due nacchere per accompagnarla, perché di più non comprendevo. Ero più alla “Datemi uno strumento e vi suonerò il mondo”.

Educazione fisica. Scarsissima nella coordinazione (vi vorrei ricordare che inciampo pure adesso nelle ciabatte) arrivavo comunque a fare dei numeri giocando sull'istinto, o sul culo se vogliamo. Come in tutti gli anni in cui ho giocato a pallavolo. Giocavo d'istinto, di pancia, di cuore, la tecnica magari non era perfetta, ma sono riuscita comunque a togliermi delle soddisfazioni. Tutto questo ha fatto in modo che mi chiamassero “Martello senza cervello”.

Diciamo che ero già pittoresca a quell'età. Anche un po' naif. Un' artista pazza incompresa, ecco. Creatività la parola d'ordine. Perché più di lì non arrivo manco ora.

E me ne sto rendendo conto anche adesso che ho una macchina fotografica nuova (Una Nikon regalata dal Santo e Alice) con la quale scatto delle foto, così, in modo istintivo, come mi gira, come mi va e parlando con quelli del mestiere mi fanno “Che obiettivo hai usato? Huhauah hjjsijshhs hhdijshhhsdbv hdsjidjhbsb jhdjkijdjds?” Questo è quello che comprendo dopo, perché io quando parlano il fotografese non capisco un cazzo. E la mia risposta è “Bho!Ho scattato la foto, spippolando un po' sulla macchina...non va bene?” Ed è ovvio che non va bene.Mi toccherà studiare il libriccino. Che se mi conosco un poco, giacerà intonso nella scatolina.Io smanetto che fo' prima.

Vabbè, che ci vogliamo fare, lo dicono anche le mamme delle mie amiche che sono strana.

Voi a scuola andavate bene? Le vostre materie preferite?

Astenersi secchioni, plis!

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