venerdì 20 novembre 2015

Il vecchietto dell'Asl



                                                                                                         Foto:wwwsicilia.it


Sia chiaro: i vecchietti che incontrate all'Asl non sono amorevoli nonnetti indifesi, ma sono guerrieri stoici e coraggiosi. Fin qui tutti d'accordo?
Perché, ditemi voi, non devi essere impavido per alzarti alle quattro di mattina a Gennaio per sostare già dalle cinque e mezzo davanti alla porta DESERTA dell'Asl manco spacciassero gratis colla per dentiere?
Loro si difendono dicendo “Eh, ma così poi sono il primo.” Graziealcazzo. Cos'è quest'ansia da prestazione? Perché devi essere il primo? Non devi andare a lavorare, non devi portare i bimbi a scuola, non devi presentare un progetto importante alle otto di mattina, non hai una riunione, in pratica non hai un cazzo da fare e parti alle 5. Perchèèèèè??? Perchèèèèè???
Che poi sono quelli che quando il nipote va al concerto di Vasco partendo il giorno prima e sostando col sacco a pelo davanti alle transenne, lui scuote la testa facendolo passare per un cretino e lui che fa? Fa uguale!
Il vecchietto dell'Asl non dorme: vigila. Non rimette nemmeno la sveglia e parte in fredde mattinate quando l'unica persona che incontra sono il fornaio e l'edicolante che smadonnano perché vorrebbero essere a letto senza considerare che loro, alla fine, diventeranno come il vecchietto: una vita passata a maledire la sveglia e quando finalmente sei in pensione e puoi dormire, ti svegli alle 5 per andare a prendere posto all'Asl. E ve lo dico subito: coi vecchietti dell'Asl NON CE LA FARETE MAI. Anche se parti alle 3 di notte, troverai sempre qualcuno davanti a te. Magari esulti contento davanti al portone e quello ti sbuca ridendo sornione da un angolino e ti dice “Lei è l'ultima!” Per forza, nonno, siamo in due! Poi ti accorgi con orrore che hai sbagliato sosta e loro, i vecchietti, sbucano da ogni parte ben consapevoli della loro posizione in classifica. Loro sanno dirti per filo e per segno chi è quarto e chi è settimo mentre tu a malapena sai che giorno è. Loro sono come Matrioske, probabilmente sono uno dentro l'altro. Sono come i Gremlins a mezzanotte, che se li bagni si moltiplicano. Sono degli scanner, che mentre fanno finta di raccontare i loro acciacchi ti contano pure i nei e i peli sulle braccia.
Che poi, provate a dire “Scusi, siccome devo andare al lavoro, potrei almeno fare una domanda all'infermier...”
Eh no!Ma lo sa da che ora sono qua? Eh? Lo sa?”
Ehm... no.”
Dalle 5!”
Vuoi un premio? Un Oscar? Una menzione speciale tipo “Nonnetto dell'anno?” Parla, santoiddio! Perché sei qui dalle cinque? Perché mi costringi a chiedere permessi su permessi al lavoro, farmi fare il cazziatone dal capo, correre a rotta di collo per strada, controllare duecento volte l'orologio, farmi cascare la provetta della pipì per via della curva a gomito che ho preso in corridoio per accaparrarmi il numerino, lanciare i bambini a mo' di frisbee oltre il cancello della scuola, parcheggiare a cazzo di gatto (perché col parcheggio a cazzo di cane ho già preso tre multe), costringermi quasi a prostituirmi pur di barattare un 86 con un 25? Dimmelo.
Sa... devo far controllare se il colesterolo a 220 è pericoloso. Il fratello di mio cognato, nonché cugino della Palmira, sa quella che aveva la merceria all'angolo di via Crispi? Eh lui, LUI è morto di infarto a 96 anni. Il colesterolo è pericoloso, sa?”
Ora. Nonnetto mio amoroso du du du dà dà dà. Il colesterolo è pericoloso e io sono contenta che tu gli abbia detto NO ma anche io sono pericolosa se mi trovo davanti trenta anziani che fanno la fila per far controllare UN DATO sballato. Te lo dico pure io che sì, è meglio se mangi meno stracchino, ma no, non morirai d'infarto come il fratello di tuo cognato nonché cugino della Palmira quella che aveva la merceria all'angolo di via Crispi. Perché mi guardi scuotendo la testa? Lo so, stai pensando che sono pigra, infingarda, che mi piace dormire e mi fai sentire un'inetta, un'inadeguata visto che sono qui solo dalle 7. Ma non ti faccio un po' pena, nonnino? Eh? Guardami. Guarda con che maestria ho messo il mascara stamattina. Ma non lo vedi che sembro un Pierrot da quanto è sbafato? Guarda le mie tempie. Sono imperlate di sudore dalla corsa che ho fatto e se ti faccio vedere le ascelle ci trovi Piero Angela che ti illustra i muschi e i licheni. Guarda i miei capelli. Sì, sono capelli, che ti sembravano? Questi c'ho, non è che mi chiamo Jean Louis David. Insomma dicevo, ma vedi i miei capelli? Manco mi sono pettinata stamani per essere qui alle 7. Non alle 11, capisci? Alle 7. E fammelo sto favore, nonnetto. Fammi passare avanti che ho da andare al lavoro. Tanto tu a parte leggere il quotidiano e improvvisarti ingegnere davanti a un cantiere, che hai da fare?
Niente, non ci sente. Per farsi i cazzi tuoi capta onde sonore udibili solo dai delfini, ma quando provi a chiedere una cosa del genere, nisba.
L'unica cosa che ti rimane da fare, a quel punto, è sperare che qualcuno avanti a te, con le gonadi che gli toccano in terra, decida di abbandonare la missione e getti via il numerino. A quel punto, nella Asl, sarà riprodotto lo scatto felino di Bolt. Butti via il tuo numerino e ti precipiti a raccattare il foglietto, a ravanare nella spazzatura, nel cestino dell'immondizia, a gridare “La preeeeego!! Lo dia a meeee! Non lo gettiiii!!” manco fosse Victoria Beckham che ha deciso di sbarazzarsi del marito. Insieme a te altre persone che sgomitano ma tu prendendo a picconate quelle più insidiose finalmente riesci nell'impresa. Il numerino è tuo!
Lo guardi: è il 76.
Ti maledici: avevi il 54.
Poi guardi il nonnetto che lentamente raccoglie dal pavimento il tuo e lo da a quella che è appena entrata.
Nonno 1 Simona 0
Ma voglio la rivincita.

Disclaimer : nessun vecchietto o pensionato è stato maltratto per la stesura di questo post.
Anzi, è diventato un amico e si chiama Bruno, nonché il cognato del fratello del cugino della Palmira, quella che aveva la merceria all'angolo di via Crispi.







giovedì 12 novembre 2015

Pilates: questa disciplina non s'ha da fare


                                                                                     Foto da: http://www.oriente-occidente.it/


Tu, donna o uomo che mi stai leggendo, fai Pilates?
Bene, sappi che ti stimo tantissimo. E ti invidio. Ma tanto. Sei probabilmente una persona calma, riflessiva ed equilibrata.
Io no, infatti ieri ho avuto l'ennesima sconfitta.
Per via degli incastri sminchiati della giornata, ieri sera mi sono ritrovata a scegliere il corso di Pilates per non saltare la palestra a metà settimana. Per me era la prima volta e come tutte le prime volte parto piuttosto convinta e positiva per alcuni punti. Punto primo: per alcuni fastidi che ho alla schiena Pilates me lo hanno consigliato in dodicimila quindi ero carica. Punto secondo: la coach che insegna Pilates è la stessa che insegna il mio corso di Total Body quindi una persona preparatissima, che conosco, che adoro, che mi fa divertire e che sa il fatto suo. Ero in una botte di ferro. Punto terzo: se lo fanno in tanti deve essere ganzo abbestia per forza.
Punto quattro: mi sono addormentata.
Giuro.
Allora: Pilates è una disciplina bellissima, a mio avviso, ma che non possono fare tutti. O quantomeno, per farlo, ti deve piacere, perché se non ti piace lo fai male e se lo fai male non sudi e se non sudi vuol dire che lo fai male. Non se ne esce.
È una questione anche di passione, secondo me. Se una cosa mi piace e voglio farla non ce n'è, io la imparo. Ho imparato a cucire a macchina seguendo mia madre, ma più che altro spinta dalla passione. Così come ho imparato a dipingere, disegnare, fare dolci, scrivere e pure alcuni lavoretti di muratura per la passione che ho verso casa mia. E per Pilates io la passione non ce l'ho. Non è scattato il colpo di fulmine, non è la disciplina che fa per me. Semplicemente.
Una delle maggiori difficoltà che ho incontrato sono state la respirazione e la concentrazione. Siamo stati un'ora a inspirare...espirare...inspirare...espirare...inspirare...espirare. E niente dopo due volte ho cominciato:
-a canticchiare una canzone
-grattarmi il naso
-pensare “Tho! Guarda che bella tonalità di arancio la maglietta di quella lì!Chissà dove l'avrà comprata.”
-pensare di farmi fare il doppione del cd che stavamo ascoltando.
-pensare: Concentrati Simo. Concentrati concentrati concentrati concentrati...E questa unghia scheggiata? Quando me la sono rotta, maledizione?
-pensare: Devo stare zitta devo stare zitta devo stare zitta devo stare zitta devo stare zitta... “Ehm, scusate, ma a voi non ghiacciano i piedi?”
-fare mentalmente la lista della spesa di stamani “Allora...il latte, i biscotti, lo scottex...a proposito di scottex, dove l'ho messi i buoni sconto? Vuoi vedere che l'ho persi? Ma no, li ho messi in borsa. Sì, ma quale borsa avevo l'ultima volta? Quella nera? Mmh...forse sono nella tasca interna dove ho messo pure il numero di telefono del medico per mamma. Oddio! Non avrò mica perso pure quello! Mi' madre m'ammazza!”
“Simo, stai respirando male.”
Cazzo, non sto proprio respirando, ho trattenuto il fiato inorridita dall'avere perso un numero di telefono importante. Voi non potete capire, è na tragedia!
Insomma, un gran casino. Non riesco a fare miei tutti i punti principali di questa disciplina, tipo: (fonte wikipedia)
*La concentrazione: massima attenzione e concentrazione in ogni esercizio, la mente deve essere il supervisore per ogni singola parte del corpo.
Bene, non vorrei dirlo, ma il mio unico neurone fa già fatica a gestirsi da solo figuriamoci il resto del corpo.
*Il controllo: controllo su ogni parte del corpo, non si devono effettuare movimenti sconsiderati e trascurati
Odio ribadire un concetto ma ho fatto esattamente questo. E di gesti sconsiderati sono la campionessa, scusate se è poco.
*Il baricentro: visto come centro di forza e di controllo di tutto il corpo.
Io non ho un baricentro, io ho un gran casino. Roba che quando ho provato a fare il test alla Wii Balance mi è stato risposto "Smettete di fare i cretini e montate uno alla volta.
*La fluidità:questo principio è la sintesi di tutti i concetti precedenti.
Risposta di Simo: non pervenuta.
*La precisione: ogni movimento deve avvicinarsi alla perfezione, un lavoro a circuito chiuso dove l'insegnante deve avere continui feedback dall'allievo.
Non so voi, ma la prima parte del discorso a me spaventa da matti.
*La respirazione deve essere sempre ben controllata.
Allora procuratemi un cecchino che mi punti un fucile in mezzo alla fronte, perché solo sotto minaccia forse ce la faccio.

Insomma, come avrete capito, la respirazione va a farsi fottere, la testa pure e, principalmente, mi annoio a morte. I movimenti lenti, di concentrazione, di sforzo anche, non fanno per me. Quelle tre volte alla settimana che vado in palestra io ho bisogno di sudare copiosamente saltellando come una gazzella a ritmo di musica. Io mi scarico solo se duro fatica, se mi muovo, e soprattutto se rido e chiacchero. Da questo si evince che Pilates è l'ultima cosa che posso fare. Ho sbadigliato diciotto volte e non ho fatto NULLA di quello che mi è stato chiesto. E quel poco che ho fatto l'ho fatto MALE.
Me ne sono resa conto subito e se ne sono resi conti pure gli altri perché quella accanto a me faceva la spia alla maestra:
“Eh, ma lei sta respirando male! Guarda che devi fare così! Ci credo che non provi fatica, stai sbagliando tutto! Coach, guarda? Vedi che fa il movimento sbagliato?”
Ora. Già l'approccio non è stato idilliaco. Già che respiro a cazzo di cane di mio e dovresti sentirmi la notte quando rantolo con la bocca spalancata e la bava alla bocca e quindi mi ci vorrebbero diecimila lezioni per imparare a farlo bene. Già non mi sta piacendo con questi movimenti lenti che non faccio manco la mattina appena sveglia per stirarmi. Già con questo inspira ed espira che sembriamo tutte in sala parto pronte a sparare il pupo nelle mani dell'ostetrica, mi sento deficiente. Già non riesco a concentrarmi perché sto pensando a come ucciderti senza lasciare tracce se continui a rompermi le palle, voglio dire... stai zitta. Chetati. Concentrati per i cazzi tuoi. Non fare la spia che poi non sei figlia di Maria, non sei figlia di Gesù e domani non piove più. Eh.
Quindi, fatto così, non mi serve a niente. Per avere benefici dovrei eseguirlo correttamente ed essere predisposta a collaborare. Ma io non ragiono di testa, ragiono col core e il core mi dice che sono una persona casinista, inquieta e con problemi di concentrazione (soprattutto se una cosa non mi piace). Mi hanno pure detto che non solo mi farebbe bene alla schiena, ma anche alla mente perché imparerei a gestire la respirazione (fondamentale per un buon equilibrio psicofisico) e le mie emozioni. Peccato che per fare tutte ste cose io mi rompa semplicemente i coglioni. Bon.
Ovvio che è una tacca su “Le cose che non mi riescono,” e non ne vado certo fiera, ma ho fatto pace col cervello da un po' e riconosco i miei limiti.
In breve: se mi dovessero consigliare questa disciplina per i problemi di schiena che ho, il mio approccio sarebbe lo stesso come se dovessi prendere una medicina: non mi piace ma devo farlo.
E chissà perché mi viene in mente una supposta.


mercoledì 4 novembre 2015

Io, donna, in cerca di lavoro.


                                                                                           Foto:www.blitzquotidiano.it





In questi giorni gira in rete (tra facebook e articoli di varie testate) la storia di Paola, invitata a lasciare la stanza durante un colloquio di lavoro perché si è rifiutata di rispondere alla domanda “Lei è sposata? Convive? Ha figli?”. Secondo il titolare dell'agenzia  era rilevante al fine di darle un lavoro, secondo Paola invece no. Io non entro nel merito perché non so se ci sono state altre dinamiche, anche se, al posto di Paola, probabilmente avrei fatto lo stesso. Si può non rispondere alle domande sulla vita privata? Credo di sì. Fatto sta che all'uomo sono piovute addosso offese di ogni tipo (come biasimare tutto ciò) per come l'ha trattata. È stato chiamato maschilista e via dicendo. Inoltre alcuni commenti sono stati  “Un uomo ti giudicherà sempre male.” “Un uomo non può capire" “È un uomo...cosa vuoi sperare...”
Bene, vi dico la mia: non è che con le donne vada molto meglio. E, dopo moooolto mooolto tempo, voglio raccontarvi una cosa che ho taciuto prima per rabbia, poi per delusione, poi perché mi sono sistemata in un altro modo (e col senno di poi anche meglio) e poi perché per un po' ha prevalso il “Sai che c'è? Ma vaffanculo.”
Ora, invece, questa storia di Paola mi ha riportato alla mente la mia esperienza, che anche se non è uguale, parla di un certo tipo di discriminazione.
Non so se sarò breve, ma ci provo:
Un po' di tempo fa, quando stavo per buttarmi a corpo morto nella scrittura, una mia conoscente mi contatta perché il titolare di un negozio cercava una persona fidata e di esperienza per il proprio punto vendita. Lei gli aveva fatto il mio nome e mi dice che a breve, l'uomo, mi contatterà. Mi chiede se ha fatto bene, la rassicuro con risposta affermativa. Ho sì lasciato un lavoro full time (che mi stava massacrando ) per dedicarmi alla famiglia e alla scrittura, ma mi piacerebbe rimettermi in piazza, magari con un part time, un piccolo impiego che mi eviti di imbruttirmi facendo di me una casalinga disperata e che mi permetta di lasciarmi del tempo da dedicare alle mie passioni. Lo so, detta così pare una chimera perché tutti vorremmo questo, ma io non ho mai smesso di pensarci e, più che altro, di provarci. Ritengo, tutt'oggi, che per dare il meglio, anche nella scrittura, io abbia bisogno di stimoli, di gente, di confrontarmi, di  avere un impegno fisso che mi faccia trovare il giusto equilibrio tra cosa voglio e cosa sogno. 
Comunque. Dopo tre giorni mi chiama questo signore, mi dice del punto vendita, mi chiede cosa cerco e cosa lui mi può offrire e, come per magia, vogliamo le stesse cose. Gli parlo della mia esperienza ventennale nel settore, di cosa mi sono sempre occupata, dei miei aggiornamenti su corsi e procedure. Lui è molto convinto: sono la persona che cercava. Tuttavia insisto per fargli recapitare il mio curriculum. Lui ribatte con un “Non ho bisogno del suo curriculum. Il curriculum lo fa la gente e se l'ho chiamata è perché in molti mi hanno parlato bene di lei.” Non mi crogiolo nella sua affermazione, mi è capitato molte volte. Anzi, grazie ai clienti e ai fornitori sono sempre passata da un negozio ad un altro, non sapendo cosa volesse dire la parola 'disoccupata'. Sì, ho sempre avuto anche un gran culo, probabilmente. E sì, probabilmente lo so fare bene, non perché sono particolarmente dotata, ma perché non ho mai fatto altro in vita mia. E dai oggi e dai domani, poi lo fai bene per forza.
Ci accordiamo per farmi visitare il punto vendita che, mi avverte, è gestito dal figlio. Di fatto io lui non lo incontrerò mai perché si occupa principalmente di reclutare il personale.
Il giorno dell'appuntamento presto particolare attenzione al mio abbigliamento che non deve essere trasandato (la reputo una mancanza di rispetto per chi ti deve assumere) e nemmeno troppo ricercato o provocante ( la minigonna giropassera o abiti attillati si mettono per una serata e non per un colloquio).
Detto ciò opto per un look sportivo ma sobrio. Dei jeans, degli stivali e un giubbottino di pelle che, per via delle temperature, non sbottonerò mai. Un velo di trucco, capelli sciolti, niente orecchini vistosi, nulla di appariscente.
Incontro il figlio del signore che mi accoglie quasi in amicizia. Come il padre mi snocciola cose che già sa di me e in breve tempo parliamo delle nostre conoscenze nel settore e di tutto quello che potrei gestire in negozio. Dalla cassa, ai buoni sconto, a come si compila una bolla di accompagnamento, a come si fa l'inventario. Ci troviamo d'accordo sull'elasticità dell'orario, quasi mi interroga sulle procedure antincendio e antinfortunistiche, ma io le so. Tutte. Gli snocciolo le mie tesi sulle quali non transigo tipo il cellulare che va lasciato nell'armadietto e il non stare attaccata al minuto quando si esce. Per me dieci minuti vanno e vengono, se c'è il lavoro non sto a guarda' l'orologio. Sembra quasi che il capo lo abbia fatto anche io. Lui è colpito, ma nonostante ciò insisto perché legga il mio curriculum da cima a fondo. Voglio fare le cose per bene, non voglio essere assunta perché Pincopallino mi conosce e può referenziarmi. Lo fa e mi pare ancora più deciso.
“Mi serviva una persona d'esperienza come te. Non abbiamo tempo e possibilità di seguire chi non c'è dentro da un po'. ” mi dice senza troppi fronzoli. E io apprezzo. Avrà qualche anno più di me ma nella sua voce come nei suoi gesti non c'è piaggeria, non c'è malizia, non c'è un briciolo di galanteria al fine di fare il piacione. Perché puntualizzo tutto ciò? Tra poco capirete.
“Avevano ragione, e il curriculum parla chiaro. Per me vai benissimo. Ti faccio chiamare dal mio commercialista per il contratto.”
“Benissimo, aspetterò la telefonata allora,” e mi scappa un sospiro di sollievo, la tensione si allenta. Ci sono. Sono dentro. Nel giro di tre giorni avrò un impiego fatto su misura per me. Il posto mi piace, è carino, ristrutturato da poco. Mi ci vedo già dentro, poche cose sarebbero per me una sorpresa, e mi sentirei davvero a casa.
Poi, mentre mi domanda se ho mai lavorato con una certa ditta, mi sento osservata. Lentamente mi volto e scorgo, poco fuori dall'ufficio, una donna. Mi sta guardando con insistenza e la scopro inclinare la testa per guardarmi il culo. Avete letto bene.
“Ah, questa è mia moglie.”
Nonostante l'approccio un po' discutibile le sorrido cordiale, ma il sorriso mi muore in gola, visto che lei ricambia serrando le labbra. E in quel preciso momento ho pensato:
“Io questo lavoro non l'avrò MAI.”
Chiamatela premonizione, sesto senso, sensazione femminile. Chiamatelo come volete, ma avevo appena assistito al mio licenziamento ancor prima di essere stata assunta.
La donna passa oltre e tutta l'adrenalina che avevo in corpo evapora come una pozzanghera al sole.
Se mi vedessi da fuori vedrei una Simona afflitta, con le spalle, dapprima dritte e fiere, leggermente incurvate in segno di sconfitta. Il mio sorriso non è più genuino, ma quello che rivolgo a lui è solo cordialmente tirato. La mia voce ha perso l'entusiasmo e prima che possa congedarmi ho la conferma del mio pensiero. La donna entra in ufficio stizzita, quasi mi dà una borsata, aggredisce lui su alcune amenità e se ne va senza salutare. Né me, né lui.
“Io e mia moglie gestiamo il negozio,” mi dice quasi scusandosi.
“Non solo,” vorrei ribattere, “gestisce anche te.”
Invece dico “Bene.” quando non va bene un cazzo. Perché so, caro mio, che anche tu come tanti sei vittima di una gelosia marcia, malata, totalmente incomprensibile, inspiegabile. Una gelosia che ti fa dannare ma, evidentemente, non abbastanza da farti opporre con forza. Una gelosia che ti condiziona la scelta delle dipendenti che con un paio di jeans e degli stivali vengono reputate delle minacce o più probabilmente vengono reputate delle minacce in quanto donne. Una gelosia che mina non solo il vostro matrimonio e la sfera privata ma anche quella lavorativa. Una gelosia che ti farà reclutare e assumere per la tua attività, del personale dall'aspetto sì rassicurante ma magari totalmente incapace. Del personale senza esperienza, senza motivazione, senza quella particolare predisposizione al pubblico che un po' è carattere e un po' si acquisisce con gli anni; perché è brutto dirlo, ma non tutti sanno stare al pubblico. Una gelosia che ti porterà ad avere a che fare con dipendenti buttati in un reparto di prodotti di cui non sapevano manco l'esistenza. Una gelosia che ti porterà a scegliere una persona non adatta a quel ruolo al posto di quella qualificata, a discapito della professionalità e della serietà del tuo punto vendita. Ecco a cosa ti porterà questa gelosia.”
Ho salutato con una stretta di mano quest'uomo, già sapendo che non l'avrei più rivisto. Infatti non c'è stata nessuna telefonata, nessun commercialista, nessun lavoro. Mi sono fatta sentire due volte, volevo chiarimenti, volevo che mi dicessero la verità. Volevo che mi dicessero che non sono stata assunta perché, agli occhi della moglie, sono piacente, sono femmina, sono donna. Li ho messi sotto torchio, si sono arrampicati sugli specchi. La situazione era talmente ridicola e grottesca che alla fine ho chiuso io perché mi facevano troppa pena. Una coppia di uomini senza palle che proteggono una tipa con seri problemi di autostima, incapaci forse, di fare l'ennesima guerra in famiglia. E non potete capire l'incazzatura per ciò che in quel momento mi è stato negato. Un'incazzatura folle perché la mia esperienza e professionalità e stata messa sul piatto della bilancia contrapposta al mio sesso e quest'ultimo è stato decisamente più pesante. E parliamo di un posto da commessa non di una scrivania da manager. Tuttavia potevo essere una madre di quattro figli con il marito in cassa integrazione bisognosa di quel lavoro come l'aria che respiro e mi sarei vista scartata nonostante le ottime referenze, nonostante i due 'superiori' avessero deciso che quel posto sarebbe stato mio. E 'Solo' perché una moglie possessiva ha detto NO. Così, senza un cazzo di motivo ragionevole.
In tutto questo, però, mi sono domandata se avessi sbagliato qualcosa io, perché solo un'imbecille non si sarebbe fatta qualche domanda. Mi sono confrontata perché ho temuto di essere stata presuntuosa, altezzosa, un filino troppo decisa e determinata. Ma la risposta, come sempre, la fa la gente. Ho saputo, da vecchi dipendenti, di scenate di gelosia tra gli scaffali dei pelati e lo sgabuzzino. Di personale femminile scappato in lacrime perché offeso in pubblico. Di barzellette e derisione per questa Otello in gonnella. Di come sia impossibile, in quanto donna, lavorare serenamente là dentro.

Ora, a distanza di tempo, ho un piccolo impiego con 'una coppia' di capi che mi hanno valutato e riconosciuto per quello che so fare. A loro è bastato vedermi all'opera nel giorno più critico all'ora di punta. Ho superato l'esame, è andata. Una coppia che a settembre, dopo un anno dall'assunzione, mi ha voluto festeggiare con un aperitivo per i dodici mesi trascorsi insieme.
Quindi a pensarci bene, alla fine, mi è andata di culo.



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