(foto: http://yellnews.it/)
All'inizio era George Clooney, anzi no,
a sentire mi'madre all'inizio era Richard Chamberlain ne Il dottor
Kildare. Poi ci sono stati pure Quincy, dottor House e, negli ultimi
tempi, quel gran tronco di pino di Patrick Dempsey (e prima, dopo e
durante un'infinità di serie mediche più o meno credibili. Basti
pensare a Un medico in famiglia, che di medico ha solo un cerotto,
quello che viene messo sul ginocchio sbucciato di Annuccia nella
seconda serie)
Parlo di medici nelle serie televisive,
ovvio.
Non so voi, care le mie donnine
all'ascolto, ma io subisco il fascino del camice bianco. Non ai
livelli di una delle mie due nonne, che non si perdeva una puntata di
General Hospital e si leggeva pure gli Harmony serie Bianca, perché
per lei la figura del medico era l'unica che doveva campa'. Se facevi
l'impiegato alle poste potevi anche mori', ma se facevi il medico,
santamadonninaaddolorata per lei eri il genio assoluto, il salvatore
e in alcuni casi il Creatore. Infatti la mi'nonna sceglieva il medico
in base all'avvenenza. Se era bravo ma cesso, manco un'unghia
incarnita gli faceva vede', ma se era un inetto ma figo era capace
di vederla nello studio un giorno sì e uno pure solo per dirgli
buongiorno.
Insomma, sarà che ci hanno propinato
tante serie e tanti Pronto Soccorso, ma il medico sia nella fiction
che nella realtà, ha il suo perché (a parte la mi'nonna che ci
vedeva anche i percome)
Negli anni ho sviluppato talmente tante
fantasie che ho del materiale valido per scriverci altri venti
romanzi o altrettante sceneggiature, tipo che mi son vista almeno una
decina di volte nei panni dell'assistente che il medico figo o si
sbatte sulla lettiga o ci flirta dall'inizio alla fine e poi
all'ultimo le chiede di sposarla. Perché oltre a vederli, il film me
li faccio. Tutta colpa di Patrick Dempsey, è chiaro.
Per esempio adoro vedere lo sguardo
d'intesa che si lanciano la dottoressa (spesso gnocca ma mai quanto
lui) e il dottore figo all'arrivo di un moribondo al Pronto Soccorso.
Il “Cosa abbiamo qui?” si trasforma in frasi sincopate, sguardi
compiaciuti di chi sa fare il proprio mestiere e occhiate allusive
della serie “Ora abbiamo un'emergenza ma se ti fai trovare in
astanteria tra un'ora, ti faccio le lastre e anche una colonscopia
personale”
A volte invece capita di immedesimarsi
nel parente del moribondo. Magari l'amica, la sorella o se il povero
disgraziato è minorenne, sua madre. Lui arriva, dopo un intervento
durato 56 ore ed è fresco come una rosa (manco una macchiolina di
sangue e te ti chiedi, 'Perché io riesco a farmi patacche grosse
come taralli solo per aver mangiato tre cucchiai di Coppa del Nonno e
questo ha tipo squartato un vitello e sembra la pubblicità del
detersivo?') Comunque lei si alza dalla seggiolina e si avvicina
stringendo al petto una sciarpa se è un'amica, a braccetto di sua
madre se è la sorella, o con in grembo un orsacchiotto se è la
madre, e lo guarda con occhi carichi di speranza. Il medico figo,
prima di abbassare la mascherina, la penetra con lo sguardo. In
questo momento che tu sia in età fertile o in menopausa, lui, con il
solo sguardo, ti mette incinta. Il regista lo sa e infatti nei titoli
di testa raccomanda la pillola. Comunque sia, lui ce l'ha fatta. Lui
ha risolto tutto semplicemente usando le pinzettine come l'Allegro
Chirurgo e ti aspetti che dica “Sì, mi ha suonato un paio di volte
perché l'osso del desiderio mi entrava storto, ma tutto a posto. Può
vederlo.” A questo punto se ti immedesimi nella madre giovane,
piacente, con un ex marito alcolizzato, che lavora in una tavola
calda e nata ai bordi di periferia come Eros Ramazzotti, ti innamori
all'istante. Lui, il figo, ti ha salvato il figlio/la figlia/il
criceto non ha importanza e tu oltre essergli riconoscente a vita
hai già pronti i documenti per il matrimonio nella piccola cappella
dell'ospedale.
Se invece ti immedesimi nella collega
gnocca che è una single convinta e abita (prendete fiato) in un
attico con una cucina moderna e quando finisce il turno si siede sul
divano con un bicchiere di vino rosso italiano a volte accarezzando
un gatto altre volte non c'ha manco un canarino e comunque allunga i
piedi sul tavolino da fumo e sorseggia soddisfatta pensando alla sua
vita fatta di lavoro e stetofonendoscopio, (tirate il fiato) la
scena più o meno è questa:
“Sei stato in gamba.” dice lei a
lui mentre si tolgono i guanti facendo finta di non ricordare gli
sguardi carichi di tensione e pathos che si sono scambiati da sopra
le mascherine mentre lui gli chiedeva a random “Bisturi.”
“Forbici.” “Pressione?”.
Lui si toglie con gesti stanchi ma
sicuri la cuffietta e si appoggia al lavandino con quell'aria dannata e stropicciata che fa imbizzarrire le nostre ovaie (le quali stanno facendo la ola ).
Lei, in un impeto di coraggio, gli carezza le spalle.
Lei, in un impeto di coraggio, gli carezza le spalle.
“Gli hai salvato la vita, John”
(tanto un John c'è sempre e 'gli hai salvato la vita' è la frase
chiave in ogni serie medica. Nelle sceneggiature ce ne sono in
dotazione una dozzina e vengono cosparse un po' sui copioni come il
pepe sulla pasta. Dà il giusto pizzico e non fa mai male, ecco)
A quel punto il medico figo è stanco
ma si sente un eroe, un invincibile e quindi vulnerabile. Forse è la
volta buona che prende la collega single e la spalma sulla lettiga o
la incastra tra il dispenser del sapone e il mobiletto dei guanti per
chiudere la serata in bellezza. E questo è il punto che noi
aspettiamo dalla prima puntata e invece siamo alla quarantaseiesima e
questi due non vanno oltre il saluto scorbutico, una toccatina sul
braccio, una manciata di sguardi, i battibecchi allusivi e i
dispettucci da prima elementare.
Ma ci siamo. Forse stasera ci siamo.
John ha appena salvato il piccolo Chris (c'è sempre un piccolo
Chris), la collega figa è predisposta, tutto è andato liscio. Lui
si avvicina e capisce in quel momento che se ce l'ha fatta a salvare
quella vita umana è grazie a lei, al suo appoggio, perché in fondo
la ama e sogna di strapparle la filanca delle mutande dalla prima
volta che l'ha vista in sala operatoria.
Lei non muove un passo, ma sa che è
arrivato il momento. Pochi istanti fa, vedendolo salvare la vita al
piccolo Chris, ha capito che lo ama e sogna dalla prima volta che
l'ha visto in ambulatorio di strappargli il camice a morsi.
Le loro bocche sono a pochi millimetri,
il fiato dell'uno sulla bocca dell'altra. Finalmente copuleranno tra
un analgesico e un disinfettante. Noi sul divano siamo pronte con la
mano sul tappo di spumante perché è ora di festeggiare. Sono 46
puntate che aspettiamo questo momento dopo infiniti inizi e sentiamo
che questa è la volta buona.
Stanno per baciarsi, il camice si
slaccia, la mutanda cala...
Entra trafelato un infermiere ispanico
“PRESTO! Abbiamo un'emergenza!” (ovviamente l'infermiere, visto
che non lo caga mai nessuno si porta avanti gridando pure “LO
STIAMO PERDENDO LO STIAMO PERDENDO!!DEFIBRILLATORE! UNO, DUE, TRE,
LIBERA!!”
Insomma, non trombano nemmeno in questa
puntata.
Non resta che vederci le prossime
ottantacinque puntate sperando che l'infermiere ispanico almeno sia
in ferie, o che il dottore figo non muoia per mano di uno sceneggiatore
spingendo al suicidio di massa tutta la popolazione femminile.