venerdì 19 giugno 2015

Speriamo che sia femmina

                                                                    Foto: http://www.ivid.it/


Quando ero incinta e mi chiedevano “Cosa ti piacerebbe che fosse?” rispondevo sicura “Io vorrei una femmina.”
Non sono mai stata una di quelle che diceva “È uguale, basta che sia sano.” Eh, graziealcazzo. Pure io, che c'entra? Quello lo spero, me lo auguro ma ciò non toglie che potrei avere una preferenza. Tuttavia ci sono donne che davvero non hanno alcuna preferenza e altre, come me, che ce l'hanno eccome. Ovvio che se fosse stato un maschietto sarei stata felice lo stesso, ma c'è bisogno di specificarlo? E andiamo, su. Anche mia madre voleva una femmina. Infatti è stata accontentata. Poi dopo di me avrebbe voluto un'altra femmina. Invece è nato quel rospo del mi'fratello.
Tornando a noi: non so perché ma col maschio mi ci sarei vista meno. Io amo la complicità tra donne, quel fare squadra e quelle affinità che possono unire una madre e una figlia, o due sorelle. Due donne, insomma. Sono strana? No, secondo me è tutto riconducibile alla famiglia, a come l'hai vissuta, a come sei cresciuta.
Infatti sono cresciuta in una famiglia fortemente matriarcale.
Le donne della mia famiglia, a partire da mia nonna e per finire con me attraversando le mie zie e mia madre, hanno avuto negli anni più potere decisionale, più carattere, più carisma, più grinta e più personalità. Non dico che gli uomini fossero inesistenti, ma avevano un ruolo più marginale nella gestione della famiglia. Loro lavoravano come ciuchi, mentre le donne, oltre a lavorare come ciuchi prendevano in mano le situazioni con un piglio che lèvate. Facevano squadra, si riunivano, si appoggiavano l'una con l'altra, si consultavano sia per cose belle, sia per cose meno belle. Spesso, gli uomini, erano pure all'oscuro di tutto sto mènage. Ora come ora il ceppo attivo della mia famiglia siamo io, mia madre e le mie due zie. Come c'è un problema da risolvere o una gioia da condividere scattano le telefonate tra noi. La mi' nonna, manco a dirlo, pur essendo alta come un barattolo di pelati e cagionevole di salute, da giovane ti c'aveva una verve e un carattere deciso tale da far scattare sull'attenti anche il mi' poro nonno. Non a caso la chiamavano La Bersagliera. E non a caso scappò di casa ribellandosi alla famiglia perché non volevano che stesse con mio nonno. Ma figurati.
In parole povere, se la mia famiglia subisce un torto, è più facile che si parta noi donne che gli uomini. Che si sono un po' adagiati su questa cosa, devo dire. O rassegnati. O squadra che vince non si cambia, non so. 
Ricordo fin da piccola queste donne decise, pragmatiche, pratiche, concrete. Donne che non facevano drammi o sceneggiate anche quando la gravità delle situazioni le avrebbe quantomeno giustificate. Formichine forti, laboriose, che si rimboccavano le maniche per affrontare la vita a morsi e a pugni. Poche lacrime, tanti sorrisi. E fatti. Tanti fatti. 
Le donne della mia famiglia infatti non amano il pettegolezzo becero, non alimentano la chiacchera, la maldicenza, ma affrontano tutto con schiettezza, affrontandoti.
Le donne della mia famiglia ne hanno passate così tante che hanno fatto dell'ironia e del sorriso un'arma vincente, perché hanno dimostrato di essere forti. E sono fiere di esserlo.
Le donne della mia famiglia mi hanno insegnato il rispetto per me stessa, il non piangersi addosso e la positività, perché in fondo a tutto c'è rimedio, soprattutto se hai una famiglia su cui contare.
Per quello speravo che fosse femmina. Perché ho avuto un ottimo esempio dalle mie donne, e mi piacerebbe che in futuro, Alice, avesse la loro solidità e la loro fermezza.
E a vederla adesso, così decisa e forte, così sicura di quello che vuole, così poco traviabile, nonostante i suoi acerbi quattordici anni, capisco che tutto ciò probabilmente lo sta assimilando senza accorgersene.
E, la mi' nonna, ne sarebbe stata fiera.




domenica 14 giugno 2015

L'angolo lettura romantico

Disclaimer: post con molte foto e poco testo.
Ergo: la mia parte creativa ha preso il sopravvento.



Avevo in mente, da un po' di tempo, di fare 'sta cosa dell'angolo lettura/tè/aperitivo/cazzeggio/dormita e via dicendo. Inoltre ho questo gelso che oltre a fare dei frutti buonissimi è talmente bello e maestoso che sarebbe un peccato non sfruttarlo e quindi facendo due più due ho voluto creare questo angolino romanticone (oh sì, adoro!). Lì per lì m'era presa la malsana idea di creare la zanzariera da me ma poi Ikea la vende a meno di 15 euro e...ma ti pare?
Presa dalla sindrome di Manny tutto fare, stamattina ho cucito e foderato due vecchi cuscini con stoffine nuove perché, se non si fosse capito, amo molto i cuscini. 









 


Ho cambiato 'faccia' anche all'altalena adattandola ai colori che ho scelto e appeso ai rami lanterne, cuori e gabbie.









A questo punto uno si potrebbe chiedere quanto può costare allestire un angolo del genere che vi assicuro è di un effetto scenico allucinante. Bene: tra zanzariera, fiori finti, lanterne Ikea più ammennicoli vari non arrivate a 50 euro. Lo specifico perché davvero con una poca spesa, un po' di inventiva e un po' di fantasia potrete allestire una cosa del genere godibilissima sia con i cuscini, sia con una sdraio, sia con una stuoia, e creerete con poco il vostro angolo lettura shabby.





 Oggi, dopo aver finito, l'ho provata e devo dire che ci si sta da Dio. Con Alice abbiamo deciso di provarla in notturna con le lanterne accese e se non prende fuoco tutto posterò anche quelle di foto.
Ah sì, ho finito il romanzo e ho preso in parola chi mi ha detto "Bene! E ora relaaaaax!"
Ecco, questo è il mio relax. Chè, sto a esagera'?

 





venerdì 5 giugno 2015

Sono dentro al tunnel



                                                                                        Foto:http://www.cittadinieuropei.it/


Sono in pieno trip per la stesura del quarto romanzo. In questi ultimi tempi è successa una cosa alquanto bizzarra ma molto bella, tipo che stavo lavorando a un progetto, ma poi se n'è presentato un altro più urgente e allora metti da parte quello e fai quest'altro con la conseguenza che ho in cantiere paginate e paginate di roba per due storie in cui credo molto e in bozze altre due idee e trame per altri due romanzi che vorrei scrivere nei prossimi mesi. Della serie: scrivile du' cose Simo.
Si sa, a me piace scrivere e quindi non faccio nemmeno fatica. Vi dirò di più: sotto pressione lavoro anche meglio. Infatti a me cosa m'ammazza è la fase di stallo, in tutte le cose della vita, sia ben inteso. Quella fase in cui non c'è niente di definito, dove non ti senti né carne né pesce, dove non si muove foglia, dove tutto è sinonimo di tranquillità. Ecco, per me non è tranquillità, è calma piatta. Ed è una cosa che mi annienta. Io per stare bene, a livello lavorativo (non solo di scrittura) devo macinare, fare, disfare, progettare e avere qualcosa a cui dedicare anima e core. E Dio solo sa se ora sta fase ce l'ho.
Non mi soffermo troppo spesso sul perché io senta la necessità di scrivere, ognuno lo fa per svariati motivi. Io ho iniziato da piccola e non ho più smesso. Dicono che, soprattutto da piccoli, chi scrive e inventa storie fantastiche probabilmente vuole ricreare un ambiente migliore di quello in cui vive. Sì, lo so, psicologia spicciola. Bho, io onestamente non lo so. So solo che scrivere mi fa stare bene, è come se vivessi un'altra vita. È come se io fossi lì, al posto della protagonista e patisco con lei, gioisco con lei, mi innamoro di nuovo con lei. Perché, anche se di primo acchito non do questa impressione, io sono molto romantica. Non quel romanticismo mieloso e da diabete, almeno non credo di scrivere un romanticismo mieloso e da diabete. Oddio, mi viene il dubbio. Se così fosse vi autorizzo a prendermi a mazzate! I miei romanzi sono sì romantici ma conditi con una dose massiccia di ironia. Le due cose vanno di pari passo, una accanto all'altra. Forse non sarei capace di scrivere solo con l'una o solo con l'altra. Diciamo che in me vivono due Simona: una pragmatica, a volte cinica, ironica e altamente cazzona. L'altra romantica, che piange come una vite tagliata su qualsiasi scena che passa la tv basta che in sottofondo ci sia una melodia strappalacrime, che adora le commedie romantiche e che si aspetta qualche galanteria da parte del genere maschile. Infatti i miei protagonisti maschili sono di rilievo quasi quanto la protagonista. E io li amo, tutti. Gli faccio fare e dire cose che io adoro, li idealizzo, li plasmo a immagine somiglianza del mio uomo ideale. Perché non è detto che alle altre piaccia. Gioco più sulla personalità e il carattere, piuttosto che sull'aspetto fisico. Ovvio che non sono mai il sosia di Brunetta (con tutto il rispetto per il sosia), anche perché l'aspetto fisico per me è fondamentale per il primo approccio, però diciamo che descrizioni tipo “Aveva gli occhi così azzurri da sembrare due laghi di montagna in cui mi ci perderei da qui all'eternità,” non le trovate. Le mie descrizioni sono un po' più carnali, fisiche e schiette.
Però.
Però non c'è solo l'aspetto fisico. E no, e qui casca l'asino. Perché anche se non si direbbe, la Simo si aspetta dal genere maschile un certo tipo di comportamento. Bensì mi reputi una donna emancipata, moderna, di larghe vedute e a tratti anche un po' maschiaccio, subisco il fascino dell'uomo che mi cede il passo davanti a una porta, o me la apre per farmi entrare. Di quello che con naturalezza mi paga il caffè e mi ferma con un gesto della mano, di quello che ti viene a prendere sotto casa con la sua auto (perché non mi piace che guidi la donna se ha un uomo a fianco -lo so, è una fissazione antica la mia, me ne rendo conto, ma non posso negarlo, sono vecchia raga'-), quello che aspetta che tu entri nel portone al sicuro prima di andarsene, quello che a tavola ti versa da bere o almeno fa il gesto prima di servirsi e tracannare un fiasco e via dicendo. Lo so, conoscendomi forse non lo avreste detto, invece ci faccio caso. Piccoli gesti non eclatanti che a me piacciono. Ovvio che non mi aspetto che un uomo mi apra la portiera o mi faccia il baciamano (in questi casi probabilmente mi metterei a ridere ora e smetterei tra due settimane), ma diciamo che la galanteria di base mi aggrada. Poi magari sono la prima a insistere per pagare il caffè o ti dico “Vai pure,” quando mi lasci davanti al portone, ma il fatto che io faccia la mia mossa non vuol dire che lo voglia davvero, sono frasi carine, di circostanza, che si dicono perché dobbiamo dirle, appunto perché dobbiamo apparire donne emancipate. Metti che dico a uno “Vai pure, tranquillo,” anche se mi lascia in un luogo malfamato e quello mi risponde “Ah, okay!” e parte sgommando. Cioè, è un uomo morto.
O quello che non fa nemmeno il gesto di pagarti, un caffè, un tramezzino, un monchery e lascia che tu lo faccia per lui. Va bene la parità, però insomma, un po' di galanteria non guasta.
O è educazione?
Già, educazione o galanteria?
Minchia, mi sa che ho fatto casino.

(questo post è stato scritto di getto, a braccio, in poche parole: in modalità minchia passando da un discorso a un altro come se vi avessi davanti e facessimo una conversazione. Dalla regia invece mi dicono che è un blog e in quanto tale dovrei curare un pelino la sintassi. Ma avevo bisogno di una pausa per non sclerare e questo è il risultato. Inoltre l'autrice si scusa per le amenità citate. Saranno raccolte nel nuovo volume dal titolo “Le ovvie banalità della Simo”)

No, ma mi riprendo.
Tranquilli, mi riprendo.


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