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martedì 2 marzo 2021

PRENDERSI CURA

 Se c'è una cosa, tra le tante per la verità, che mi manda fuori di testa in questo periodo è il non poter prendersi cura.

Cura di qualcuno come abbiamo sempre fatto.
Stamattina ho accompagnato il mio babbo a una visita. Gli ospedali sono blindati. Si entra uno alla volta, non puoi accompagnare.
"Resta qui" gli ho ordinato mentre spingevo la prima porta a vetri. L'ho lasciato sotto il tendone, in quella sala d'aspetto improvvisata all'aperto. Ha ubbidito e si è messo a fissare il soffitto di plastica sudicia, gli anelli di alluminio da cui pendevano delle corde.
La ragazza dell'accettazione mi ha chiesto dove fosse mio padre.
"Fuori" ho risposto "Preferisco fare tutto io qui dentro."
"Lo chiami. Serve lui, lei non può stare."
L'ho guardata cercando di trasmetterle un messaggio, che però non ha colto. È una ragazza bruna, con dei riccioli fitti fitti intrappolati in un elastico colorato.
Chiamo il mio babbo e spieghiamo anche a lui che deve fare da solo. Lui rimane un po' spaesato, poi dice che va bene e 'imbocchi il corridoio, poi a destra, poi a sinistra, quello è il numerino, la chiamano loro.' Gli consegno la cartellina, il suo fardello.
"Babbo, hai capito? Hai tutto qui dentro"
Mi risponde sì sì, mi rassicura.
Riprovo con un'altra ragazza al di là del vetro. Ha gli occhiali e una coda svolazzante. "No perché qui dentro c'è un bel po' di roba... dovrei spiegare alcune cose..."
Lei alza il mento, non transige, la coda si agita mentre mi ripete "No. Entra solo lui."
Non si scusa e perché dovrebbe, ora funziona così. Sono io che dovrei chiedere scusa per la mia infantile insistenza.
Il mio babbo prende la cartellina e si avvia da solo per il corridoio. Va piano, ma tanto che fretta c'è.
Torno fuori come mi dicono. Io, al contrario di lui, guardo il pavimento di cemento scrostato.
Una coppia si avvicina. Lei avrà la mia età, forse qualcosa in più. Al suo braccio, un po' claudicante, è ancorato quello che presumo essere suo padre. L'uomo fa una battuta, lei ride.
Varcano insieme la prima porta a vetri, poi la seconda, infine dopo alcuni minuti, li vedo fare insieme il corridoio.
Rientro di nuovo. La ragazza coi riccioli stretti nell'elastico mi dice stancamente "Dica..." Probabilmente ha già capito.
"Ho visto passare il signore con la donna... mi chiedevo se anche io..."Lei guarda la ragazza con gli occhiali. È in imbarazzo, balbetta "Be'... sì..."
"Io capisco tutto e mi sembra giusto" insisto piccata "ma anche io allora vorrei essere con il mio babbo."
"Non è autosufficiente?" si intromette quella con la coda.
"Sì, ma che c'entra... solo che a volte confonde..."
Lei non mi lascia finire "Signora, non si può." Poi sbircia un foglio "Poi questo esame non è invasivo, niente di cui preoccuparsi, e comunque il signore di prima ha l'accompagnamento." La butta lì e dovrei sentirmi fortunata. Il mio babbo non ha bisogno dell'accompagnamento. Avrebbe solo bisogno di essere rassicurato o al limite imbeccato per poter rivelare al medico le medicine che prende. O ricordargli la sua anamnesi, tutta. O passargli la camicia con un gesto gentile al posto di 'Si può rivestire.' Di questo ha bisogno.
La ragazza coi riccioli mi guarda un secondo di troppo. Non parlo più, ho capito. La imploro solo con gli occhi. Alla fine mi dice "Vado io."
Imbocca il corridoio e resto a guardarla con le mani in tasca. Un'altra ragazza prende il suo posto sullo sgabellino. Possono coprirla qualche minuto.
Mi ritrovo a fissare le pareti, degli opuscoli, cartelli covid e amuchina ovunque.
Torna dopo un po' "Tutto ok" mi dice. Sembra sollevata anche lei. "Sta già facendo l'esame. Il medico e l'infermiera mi hanno detto che va tutto bene, è bravissimo."
"È stata molto gentile". Mi ritrovo a ringraziare una perfetta sconosciuta per essere stata al mio posto. I suoi occhi sono stati i miei.
Torno fuori.
Dopo dieci minuti arriva il mio babbo, cartellina in mano, un foglio aggiunto alla pila di quelli che ha già.
"Tutto bene?"
"Sì sì. Ho fatto presto" mi risponde aggiustandosi la mascherina.
"Sei stato bravo!"
"Bah!" mi risponde sollevato.
Saliamo in macchina e lo spedisco dietro come un tassista. Lui guarda fuori dal finestrino e mi racconta cosa ha fatto. Gli ripeto che è stato bravo, voglio che lo sappia.
Arriviamo a casa e troviamo mamma seduta a una tavola apparecchiata, ma intonsa di cibo. Qualcosa è sul fuoco.
"Siete già qui. Tutto bene?"
"Tutto bene, abbiamo fatto presto. È andato da solo."
"Bravo!" anche da mamma prende la medaglia. "E ora mangiamo. Aspettavo te."
Babbo si lava le mani e mette in tavola.
Il prendersi cura, alla fine, è anche questo.

lunedì 26 febbraio 2018

Il buongiorno si vede dal mattino

Quando guardo come fanno colazione quelli della pubblicità provo un misto di invidia e disagio pari solo a quando inquadrano il lato B di Belen fasciato da un tubino. Quelle cose che ti dici "Anche con tutto l'impegno, non ce la farò mai."
Avete presente no, tipo il mulino che vorrei o il Tarzan della foresta?
Allora: la mamma è superfiga, già truccata e pettinata alle 7 di mattina come se avesse dormito da un parrucchiere di Via Montenapoleone in compagnia di tre commesse di Kiko, già sul tacco 12, e fa colazione in tailleur.
Io sono così superfiga che se ti apro la porta alle 7 di mattina la prima cosa che fai è chiamare un esorcista, non sono truccata e ti c’ho due borse sotto gli occhi che da quanto sono capienti me le chiederesti in prestito per andarci in palestra. C’ho i capelli che sembrano il nido di una poiana, c’ho su delle ciabatte viola a pois gialli che all'occorrenza fanno scappare i piccioni nelle piazze, e indosso il pigiama antistupro che funziona anche se lo sbatto davanti agli occhi dell’aggressore al posto dello spray.
Il papà della pubblicità è bello rasato, allegro, ha la valigetta di fianco alla sedia e conta i pezzetti di cioccolato nella merendina improvvisando una tombola con quei bambini con le sembianze da cherubini.
Il Santo fa colazione in mutande, con un po’ di barbetta e ha i capelli gonfi che pare Napo Orso Capo. Allegro è una parola grossa e prima che connetta ci vuole un po’ (infatti l’ultima volta ha messo il sale nel latte), non ha la valigetta ma ha il portafogli e tutto l’armamentario sul mobiletto (così in ordine che per riconoscere la roba devo improvvisarmi Alberto Angela ed etichettarla come i reperti archeologici) e non conta i pezzetti di cioccolato. Perché appena sveglio è già tanto se arriva a 5. Col pallottoliere.
I bambini della pubblicità sono già belli svegli, puliti, pettinati, sorridenti, prendono le vitamine come se fossero smarties, sanno a memoria le tabelline, le poesie di Pavese, volendo ti spiegano pure la scissione dell'atomo e sono pronti per affrontare la giornata.
Alice a volte arriva in cucina e pare sia appena tornata da un rave. Spesso ha i capelli tutti davanti e non si cura nemmeno di spostarli. Non si riconosce il davanti dal dietro. Infatti a volte le bacio la nuca. Mi bacia e mi abbraccia e si accascia sulla panca. Ha il pigiama sbilenco, è scalza, e ha la verve di un bradipo in coma. Gli occhi sono attenti come quelli di un gufo con la congiuntivite e i movimenti sono lesti e veloci come Speedy Gonzales al compimento dei suoi 105 anni. Non solo non dice le tabelline, ma spesso manco sa come si chiama e le devi rivolgere la parola solo dopo che ha bevuto il latte. Ci sono giorni in cui guarda il telecomando chiedendosi come può, un oggetto tanto astruso, essere capitato in casa nostra.
Alla fine l'oggetto viene passato di mano in mano fino a che uno dei tre non trova la forza di pigiare il tasto di accensione e la voce di una giornalista a caso non si diffonde nella cucina.
A quel punto ci destiamo e mormoriamo "Tho! C'è vita sulla terra." 
Se anche tu ti sei riconosciuto in questo quadretto familiare, dimmelo. Ci sentiremo meno soli.

martedì 8 settembre 2015

Riflessioni di una mamma



                                                  Foto da http://www.neg-oziando.it/


Io, come tantissimi di voi, sono iscritta ad alcuni social. Si dice iscritta? Bho. Comunque, dicevo, sono su alcuni social, ma in verità ne uso solo uno: facebook. Per un mucchio di motivi che magari un giorno vi spiegherò ma perché principalmente mi permette di fare quello che più mi piace: scrivere quanto voglio (senza avere l'ansia dei 140 caratteri) , socializzare, e condividere.
Però ho anche Instagram, perché mi piace fotografare, anche se tra le due la prima vince di gran lunga. Preferisco condividere parole piuttosto che immagini. Una cosa mia, sbagliata senz'altro, che mi fa perdere probabilmente un'occasione, ma riconosco i miei limiti. Però mi piace sfogliare la galleria delle immagini, non tanto per farmi i cazzi degli altri ma proprio perché alcune sono proprio belle foto, lo devo ammettere. Anche qui, come sapete, si spazia dalla natura (bellissime!) all'arredamento (adoro tutte quelle che mi mettono lo shabby chic), agli animali (le pagine dei cuccioli come si fa a non soffermarci?) e altre davvero interessanti. Poi ci sono le persone, più o meno famose, e anche loro possono essere una sorta di stimolo a migliorare la propria vita o la propria posizione lavorativa. Dipende da quanta influenza hanno su di voi, dal vostro grado di maturità e soprattutto dalla vostra età. E qui mi fermo un attimo.
Ci sono immagini di ragazze molto belle, spesso seminude e spessissimo magrissime.
Alcune sono famose, altre meno. Quelle famose le conosciamo tutti perché spesso compaiono le loro foto anche su altri social, con una campagna di caccia alle streghe senza fine. Io, onestamente, non so se davvero sono anoressiche oppure no. Mi sono fatta una mia opinione certo, ma potrei sbagliarmi e di fatto io non le conosco manco un po'. Un problema serio come l'anoressia poi, snocciolato e sdoganato a colpi di commenti feroci e superficiali sui social, secondo me offendono chi davvero ha a che fare con questo disturbo. E mi riferisco non solo alle ragazze, ma alle madri, ai padri, a chi ha in famiglia una persona affetta da questo disturbo. Trattare l'anoressia commentando semplicemente con “Magnati una bistecca!” non solo è inutile e superficiale ma mi fa capire con quanta leggerezza trattiamo questi temi. Come se a uno che soffre di depressione dicessimo “Ma fattela una risata!”. Non è così semplice e chi ha avuto, purtroppo, in famiglia anche solo uno di questi disturbi, sa di cosa parlo. Tuttavia, sui social, si schierano due parti opposte: chi offende e si mostra schifato (e mi chiedo: perché continuare a seguire questa persona se l'unica cosa che ti fa stare bene è offenderla?) e chi, ancora più spaventoso, elogia e apprezza l'eccessiva magrezza. E quando a farlo sono le ragazzine io mi spavento, perché tra loro potrebbe esserci mia figlia. Rimango di sasso quando leggo commenti tipo: “Voglio essere come te.”
“Ho iniziato la dieta per avere il tuo fisico.”
“Sei bellissima e sei il mio idolo, oggi ho mangiato solo mezza mela.”
Non riesco a non sottovalutare la potenza di questo mezzo che fa credere alle ragazzine che quello che stanno vedendo è oro colato. Che se vuoi essere figa, alla moda e famosa, devi raggiungere un certo tipo di aspetto. Che quella mezza mela, diomio, forse è anche troppa e quindi domani proprio digiuno. Cosa scatta nella testa delle ragazzine dio solo lo sa. Basta poco, davvero, per far scattare quella molla di non accettazione di sé ed emulare chi, secondo loro, incarna la perfezione, senza mettere in conto la costituzione, l'età, l'altezza, i sacrifici, a volte le patologie e pure i soldi che girano su quell'immagine. Che non è la perfezione. E anche se lo fosse non sei tu. È un'altra cosa. È un'immagine, che non parla, ma mostra. Che non ti spiega, ma si esibisce. Che non ti vede, ma vuole essere vista. Non è uno scambio, è un senso unico. È uno spettacolo e tu sei uno spettatore, tra tanti, tantissimi. Non è un esempio, è un brand. Non è una vita, è set fotografico. E più che altro non è il tuo specchio. E non può essere il tuo metro di bellezza, salute e benessere, anche se per costituzione ti ci avvicini a quel modello.
Tuttavia non trovo giusto nemmeno che queste modelle debbano non mostrarsi in costume per paura di istigare all'anoressia. Come ho detto prima non scomoderei questo termine se, davvero come sostengono, è solo costituzione e molta fortuna.
C'è da dire però che, chiunque abbia una pagina pubblica (di qualsiasi social si tratti) ha come una sorta di responsabilità su ciò che dice e ciò che mostra. Ma questo ha a che fare con la sfera personale, con la nostra sensibilità, sul tema trattato e sul nostro approccio alla vita virtuale.

Ecco sì, mi è uscito un post di riflessione dopo aver visto l'ennesima immagine, ma vi prego, prendetela con le pinze: sono solo le riflessioni di una mamma.

venerdì 19 giugno 2015

Speriamo che sia femmina

                                                                    Foto: http://www.ivid.it/


Quando ero incinta e mi chiedevano “Cosa ti piacerebbe che fosse?” rispondevo sicura “Io vorrei una femmina.”
Non sono mai stata una di quelle che diceva “È uguale, basta che sia sano.” Eh, graziealcazzo. Pure io, che c'entra? Quello lo spero, me lo auguro ma ciò non toglie che potrei avere una preferenza. Tuttavia ci sono donne che davvero non hanno alcuna preferenza e altre, come me, che ce l'hanno eccome. Ovvio che se fosse stato un maschietto sarei stata felice lo stesso, ma c'è bisogno di specificarlo? E andiamo, su. Anche mia madre voleva una femmina. Infatti è stata accontentata. Poi dopo di me avrebbe voluto un'altra femmina. Invece è nato quel rospo del mi'fratello.
Tornando a noi: non so perché ma col maschio mi ci sarei vista meno. Io amo la complicità tra donne, quel fare squadra e quelle affinità che possono unire una madre e una figlia, o due sorelle. Due donne, insomma. Sono strana? No, secondo me è tutto riconducibile alla famiglia, a come l'hai vissuta, a come sei cresciuta.
Infatti sono cresciuta in una famiglia fortemente matriarcale.
Le donne della mia famiglia, a partire da mia nonna e per finire con me attraversando le mie zie e mia madre, hanno avuto negli anni più potere decisionale, più carattere, più carisma, più grinta e più personalità. Non dico che gli uomini fossero inesistenti, ma avevano un ruolo più marginale nella gestione della famiglia. Loro lavoravano come ciuchi, mentre le donne, oltre a lavorare come ciuchi prendevano in mano le situazioni con un piglio che lèvate. Facevano squadra, si riunivano, si appoggiavano l'una con l'altra, si consultavano sia per cose belle, sia per cose meno belle. Spesso, gli uomini, erano pure all'oscuro di tutto sto mènage. Ora come ora il ceppo attivo della mia famiglia siamo io, mia madre e le mie due zie. Come c'è un problema da risolvere o una gioia da condividere scattano le telefonate tra noi. La mi' nonna, manco a dirlo, pur essendo alta come un barattolo di pelati e cagionevole di salute, da giovane ti c'aveva una verve e un carattere deciso tale da far scattare sull'attenti anche il mi' poro nonno. Non a caso la chiamavano La Bersagliera. E non a caso scappò di casa ribellandosi alla famiglia perché non volevano che stesse con mio nonno. Ma figurati.
In parole povere, se la mia famiglia subisce un torto, è più facile che si parta noi donne che gli uomini. Che si sono un po' adagiati su questa cosa, devo dire. O rassegnati. O squadra che vince non si cambia, non so. 
Ricordo fin da piccola queste donne decise, pragmatiche, pratiche, concrete. Donne che non facevano drammi o sceneggiate anche quando la gravità delle situazioni le avrebbe quantomeno giustificate. Formichine forti, laboriose, che si rimboccavano le maniche per affrontare la vita a morsi e a pugni. Poche lacrime, tanti sorrisi. E fatti. Tanti fatti. 
Le donne della mia famiglia infatti non amano il pettegolezzo becero, non alimentano la chiacchera, la maldicenza, ma affrontano tutto con schiettezza, affrontandoti.
Le donne della mia famiglia ne hanno passate così tante che hanno fatto dell'ironia e del sorriso un'arma vincente, perché hanno dimostrato di essere forti. E sono fiere di esserlo.
Le donne della mia famiglia mi hanno insegnato il rispetto per me stessa, il non piangersi addosso e la positività, perché in fondo a tutto c'è rimedio, soprattutto se hai una famiglia su cui contare.
Per quello speravo che fosse femmina. Perché ho avuto un ottimo esempio dalle mie donne, e mi piacerebbe che in futuro, Alice, avesse la loro solidità e la loro fermezza.
E a vederla adesso, così decisa e forte, così sicura di quello che vuole, così poco traviabile, nonostante i suoi acerbi quattordici anni, capisco che tutto ciò probabilmente lo sta assimilando senza accorgersene.
E, la mi' nonna, ne sarebbe stata fiera.




domenica 14 giugno 2015

L'angolo lettura romantico

Disclaimer: post con molte foto e poco testo.
Ergo: la mia parte creativa ha preso il sopravvento.



Avevo in mente, da un po' di tempo, di fare 'sta cosa dell'angolo lettura/tè/aperitivo/cazzeggio/dormita e via dicendo. Inoltre ho questo gelso che oltre a fare dei frutti buonissimi è talmente bello e maestoso che sarebbe un peccato non sfruttarlo e quindi facendo due più due ho voluto creare questo angolino romanticone (oh sì, adoro!). Lì per lì m'era presa la malsana idea di creare la zanzariera da me ma poi Ikea la vende a meno di 15 euro e...ma ti pare?
Presa dalla sindrome di Manny tutto fare, stamattina ho cucito e foderato due vecchi cuscini con stoffine nuove perché, se non si fosse capito, amo molto i cuscini. 









 


Ho cambiato 'faccia' anche all'altalena adattandola ai colori che ho scelto e appeso ai rami lanterne, cuori e gabbie.









A questo punto uno si potrebbe chiedere quanto può costare allestire un angolo del genere che vi assicuro è di un effetto scenico allucinante. Bene: tra zanzariera, fiori finti, lanterne Ikea più ammennicoli vari non arrivate a 50 euro. Lo specifico perché davvero con una poca spesa, un po' di inventiva e un po' di fantasia potrete allestire una cosa del genere godibilissima sia con i cuscini, sia con una sdraio, sia con una stuoia, e creerete con poco il vostro angolo lettura shabby.





 Oggi, dopo aver finito, l'ho provata e devo dire che ci si sta da Dio. Con Alice abbiamo deciso di provarla in notturna con le lanterne accese e se non prende fuoco tutto posterò anche quelle di foto.
Ah sì, ho finito il romanzo e ho preso in parola chi mi ha detto "Bene! E ora relaaaaax!"
Ecco, questo è il mio relax. Chè, sto a esagera'?

 





martedì 24 febbraio 2015

L'amore fraterno (dov'è?)

Voi avete fratelli, sorelle, fratelli&sorelle, nani da giardino, criceti?
E siete mai stati gelosi marci degli elementi citati sopra? Io da mori'.
Lo dico sempre: io non sono gelosa del Santo, (quella gelosia ossessiva che ti fa perdere il lume della ragione, scatena scenate e controlli compulsivi di cellulari, ndovai, cosa fai, con chi sei, hai guardato quella lì mo' per tre mesi scordatela e via dicendo), forse perché la gelosia l'ho tutta esaurita col mi' fratello. Voi non avete idea. Non avete idea. Da piccola c'ho patito le pene dell'inferno, so cosa è la gelosia marcia, quella che ti devasta. Poi così violenta come si è presentata, se n'è andata. E ora non lo sono manco di lui. Però non era colpa mia, era colpa degli eventi.
Diciamo subito che fino a 5 anni ero sola. Una principessa. Brutta come la fame, ma pur sempre principessa. Coccolata dai nonni, da babbo e mamma e tanto tanto rompicoglioni. Non mangiavo, non dormivo, non cagavo. Salvo sparare ogni tanto proiettili di cacca duri come sassi di fiume. Capite bene che vita con questa gioia di bambina. Però ero sola e avevo tuuuuutti per me.
Compio cinque anni e nasce lui: bello, paciocco, roseo. Che mangia come un bufalo. Dorme come un cherubino 'mbriaco. E caga a comando. Una favola. E tutti, ovviamente, a dire “Ma che bello, ma che bravo, ma che amore!” L'ho odiato fin da subito. Maledetto scarafaggio, brutta merdina puzzolente che mi sposti dal podio con la tua perfezione. Appena l'ho visto ho tramato vendetta, anche perché, non volendo, il confronto con me scattava subito e io, che fino ad allora  mi ero difesa  nella mia imperferzione, ne uscivo sconfitta.
Dentro di me scattò un despota: io sono la maggiore e comando io. Tu devi subire.
Allora, prima di tutto, le prendi. Quando mi pare e quante ne voglio. Se ti voglio prendere a schiaffi da qui a domattina devi tacere. E infatti il mi' fratello ne ha prese così tante che gli ho mescolato i neuroni e non si ricorda più una fava. Botte da orbi da diritto e da rovescio. Certe ciaffate CIAAFF! In pieno viso. Così, senza motivo. Anzi un motivo c'è: mi stai sul cazzo. Mia madre ci lasciava giocare in cameretta e da sotto sentiva certi stonfi “Che succede lassù?”
“Nulla, mamma!Nulla! (Ciaf! Zitto te! Se parli ne prendi altri due.Ciaf!)” Ogni scusa era buona. E mi prendeva la Barbie, e mi toccava l'album e mi prendeva un pennarello e guardava fuori dalla finestra e mangiava lo yogurt e dormiva...insomma, così, schiaffi a cazzo di cane. Poi ho smesso. Non perché mi faceva pena. Ho smesso quando è stato abbastanza grande e grosso da ridarmele. Stronza ma mica scema.
E lui, porino, era taaaanto bravo con me. E la cosa mi faceva anche incazzare perché sarebbe stato più facile farsi la guerra, e invece no! Lui perfetto! Nonno gli comprava le Big Babol e lui con la sua vocina chiedeva “A Simona le compriamo?” Amore, pensava sempre a me. Non solo: un pacchetto lo divideva equamente e mi serbava le gomme o le caramelle. E se erano dispari ne dava una in più a me.
Io? Poveri voi. Io quando nonno mi comprava le Big Babol, pur di non dargliele le mettevo tutte in bocca. Tutte. Sembravo il padrino. O gliele ciucciavo tutte davanti per poi rimetterle nell'incarto “Le vuoi?” sogghignavo. Che bastarda. Nella maggior parte dei casi poi nascondevo, omettevo, tacevo.
Poi doveva essere la mia cavia. Io la dottoressa, lui il paziente. Muto. Ricordo ancora quel giorno in cui gli ho voluto misurare la febbre con la delicatezza di un rinoceronte. Di quando gli ho estratto un vetro dal piede a mani nude senza pinzette e di quando gli ho buttato l'alcool su una ferita aperta. Florence Nightingale sarebbe stata fiera di me.
Vabbè, poi gli ho rinchiuso le mani nel cofano della macchina.
Distrutto a colpi di manganello il galeone playmobil.
Obbligato a giocare a Barbie con voce in falsetto pena rinchiuderlo nello sgabuzzino delle scope.
Obbligato ad arredarmi ogni scalino di marmo di casa nostra in ogni stanza della casa di Barbie per poi sbuffare “Hai finito? Bene, non ho più voglia. Metti tutto a posto. E veloce che voglio fare un altro gioco.” Si incazzava come una scimmia. Infatti a volte si è ribellato. Mi ha decapitato bamboline, nascosto Bimbo d'oro, smontato pezzo per pezzo la vespa di Barbie, tirato una fucilata con la carabina, e lanciato una forchetta che ha rischiato di portarmi via un occhio. Io allora gli spezzavo le matite, i big jim e le gambine.
Quell'amore fraterno così vero e genuino.
Ora ci ridiamo. Ma tanto. E non siamo gelosi l'uno dell'altra, per niente. Forse l'abbiamo esaurita. L'ho esaurita, a dire il vero.
Anche il Santo ride. Di sollievo.
Infatti il mi' fratello gli dice sempre “Non hai conosciuto la iena. Me la sono sorbita tutta e solo io. Ringraziami e baciami le chiappe.”

E ora non ditemi che coi vostri fratelli e sorelle era tutto amore perché non ci credo.
Ma proprio per nulla.



martedì 23 dicembre 2014

Il Natale in 10 punti.





1 . Il Natale a casa mia è quel giorno in cui il mio babbo (uscito da tavola alle cinque del pomeriggio) chiede guardando l'orologio e malcelando un prosit “Bene. E da cena che si fa?”

2.  È lo scambio di regali alla cazzo de cane, tipo che non usiamo metodo e disciplina. No, si tirano i regali alla rinfusa urlando il nome del prescelto e guarda di essere attento che sennò ti arriva tra i denti il minipimer di acciaio inox.  E quando sei in diciotto in un salotto la cosa si fa molto interessante.

3.  È il pranzo di Natale con 25 portate (dolci esclusi) dove la cosa più dietetica ha un ripieno fritto e messo in umido. E non t'azzardà a non mangiare che mamma mi si offende. La parola DIETA viene vista come una bestemmia.

4.  È la cena di Natale che guai a saltarla (vedi punto uno) a base di focaccine e affettati dove si infiltrano gli amici, gli amici degli amici, i conoscenti degli amici degli amici e i chiccazzoteconosce. Categoria meglio conosciuta come 'L'infiltrato al matrimonio'.

  1. Sono i giochi da tavolo che per spiegarli a mi'madre o alla nonna di turno impieghi circa tre anni luce e inizi la partita che è il 15 d'agosto. E puntualmente vincono con una stratosferica botta di culo.
  1. È la tombola dove dopo il primo numero c'è il genio che grida ambo, dopo quattro 'cinquina' e dopo dieci 'tombola', per poi scoprire che il 67 non è manco uscito e i fagioli è bene che tu li mangi invece di piazzarli sulla cartellina. Quando va bene si vince un osso finto rosicchiato dal cane.

  2. È il giorno in cui mia madre sentenzia “Domani semmai mangiamo gli avanzi” e puntualmente il 26 potresti morì di fame perché in casa mia non è MAI avanzato nulla. Quindi se hai fame oltre ad attaccarti al tram, attaccati pure alle gambe del tavolino, ciccio.
8. È il giorno in cui si bussa per andare in bagno. Mia madre bussa alla porta del SUO cesso in casa SUA. A volte c'è un pellegrinaggio che manco a Lourdes. Se poi riesce (grazie alle prugne del tacchino ripieno) a evacuare pure lo stitico, si può gridare al miracolo. E lì la gioia collettiva.

9. È il tappo di spumante sulla rampa di lancio che puntualmente fa avvolgere il capo con le mani alle donne al grido di “Il lampadarioooo!!” che in quarantun'anni di vita non ho mai visto cogliere. In fronte a nonna, in bocca al cane, nei gioielli di famiglia dello zio e nel vaso cinese sì, ma nel lampadario no. Mai una gioia.
  1. È il giorno in cui siamo stati anche in 27 intorno a un tavolone stretti stretti, vicini vicini, che per magnà ti conviene farti imboccare da quello davanti perché non puoi muovere le braccia, figuriamoci usare le posate. L'ideale sarebbe infilare direttamente la testa nel piatto come un bassotto nella sua ciotola. E cerca di fare prima i tuoi bisogni, perchè NON PUOI alzarti e NON PUOI passare, perché dovresti far alzare diciotto persone sia all'andata che al ritorno. Al massimo ti è consentito di portare  un catetere o un pitale; l'importante è che tu all'una in punto trovi una tua collocazione da seduto e da lì, per le restanti cinque ore, non te devi move. Piuttosto muori, ma rimani dove sei.


    Da questi pochi punti si evince che per noi il Natale ha un significato molto profondo.
    Gnaàfamo proprio.

    Detto questo: BUON NATALE, bimbi.
    E che qualcuno becchi un lampadario, scatti la foto del misfatto e della faccia della padrona di casa e me la mandi.
    Non chiedo poi tanto. Grazie.





      giovedì 16 ottobre 2014

      Shirley Temple de noattri

      Da piccina parevo Shirley Temple.
      No aspè, non ero così bellina, c'avevo i capelli a Shirley Temple, tutta ricci o boccoli. Poi crescendo mi son sciupata, in generale, capelli compresi, ma questo è un altro discorso.
      L'altra sera mentre ero intenta a documentarmi su internet sulla scissione dell'atomo per una relazione che devo presentare a breve (Leggasi: cazzeggiare su FB), mi imbatto per puro caso su un video postato da un'amica (che manco mi ricordo chi è) che parlava di capelli. Apro il link, che mi rimanda su you tube dove mi si spalmano davanti tutorial per fare tremila pettinature in meno di dieci minuti. Mi si è aperto un mondo pilifero. A quel punto non guardo nemmeno più il video incriminato ma il mio sguardo volge a destra dove c'è tutta quella sfilza di videini uno sotto l'altro che sono il male. Ti incantano, ti stordiscono, ti ubriacano e ti fanno esclamare cose tipo “Voglio farmi i boccoli!” alle undici di sera mentre tua figlia e tuo marito sbavano di sonno sul divano. Pura poesia.
      Guardo questo video di Clio (ammetto che, data la mia ignoranza, poteva essere anche Cleo, Cluo, Flua, Nina, Pinta o Santamaria) dove spiega come fare i boccoli (o riccioli belli definiti) in una sola mossa. Facile, indolore, con poco stress per i capelli. Basta una fascia e via. Vai a letto liscio come un levriero afgano e ti svegli che pari un barboncino incazzato. Perfetto.
      Il giorno dopo ho costretto il Santo per le vie della città alla ricerca di una fascia adatta, perché quelle che avevo in casa non andavano bene. Erano troppo alla moda e traforate. Se avessi usato quelle, la mattina avrei avuto un bassorilievo artistico in fronte da permettere a Vittorio Sgarbi di farci dieci puntate di storia dell'arte.
      L'ho trovata ovviamente subito e a poco prezzo.
      “Che ci devi fare? Mica l'ho capito.”
      “I boccoliiii”
      “E come fai, scusa? Ma non erano meglio i bigodini?”
      “Eh, ma con i bigodini mica ci posso dormire!”
      “Fammi capì: te stanotte ti bardi e dormi con la fascia?”
      “Fidati amò, tranquillo che domani son tutta carina e boccolosa!”
      La sera li preparo: li spazzolo per bene, ci metto un po' di siero per ricci, li divido in 5 ciocche, mi metto la fascia in fronte, infilo le ciocche dentro, mi guardo fiera allo specchio e...sembro Rambo.
      Dopo l'incidente.
      Dio, non mi si può guarda'.
      Davanti sembro Rambo che imita la principessa Leila di Guerre Stellari, grazie a due girelle di capelli sopra le orecchie. Dietro sono un misto tra una fanciulla dell'ottocento e un nido di cicogna.
      Ridicola, son ridicola. Il mio motto però sapete qual è: chi bella vuole apparire un po' deve morire. Di vergogna. Insomma, esco dal bagno molto tronfia perché so che il giorno dopo sarò molto faiga, e sfoggerò i miei boccoloni con molta sicumera.
      “Andrea, guarda come...”
      “AAAHHHHHHHH!!!” Andrea ha fatto un salto degno del miglior primato del salto in alto. Nemmeno avesse visto la bambina dell'esorcista. Ci mancava solo che si poggiasse una mano sul cuore e si accasciasse e poi eravamo a posto. Esagerato.
      “No, cioè, ndo vai te così?”
      “In casa!”
      “E vorrei vedere! E quanto la tieni sta roba?”
      “Tutta la notte, caro.” A quel punto mi son messa a limarmi le unghie con aria di sufficienza.
      “Stai scherzando.”
      “Mai stata così seria.”
      “E vieni a letto così”
      “Esatto”
      Poi ha scosso la testa e si è messo a ridere. Non a sorridere, a ridere proprio. Molto ridere.
      Dio, che nervi. Cioè, ma non capisce proprio. Io domani sarò stupenda e lui ride. Ride dei miei capelli, che ora sì, magari sono un po' strambi, ma bisogna essere avanti e immaginarsi il dopo. Bisogna essere lungimiranti, perdio!
      Tzè!
      Comunque vado a letto con sta cofana e ci dormo bene, a dire la verità. Credo che la fascia sia rimasta al suo posto 40 minuti, poi è scivolata non so dove perché come sapete io dormo molto precisa, no? (Se volete sapere come dormo leggetevi questo). In pratica ho rischiato di strozzarmici.
      La mattina ci svegliamo e il Santo ha le lacrime, ma non di commozione. Continua a guardarmi e a ridere e non so come si permetta visto che... AAAHHHHHHH!!!!
      OMMIODDIO! Mi guardo allo specchio e sembro Einstein quando fa la linguaccia. In quel momento sono tentata di denunciare Clio, perché non può avermi ridotto così. I miei capelli sono un ammasso informe e non capisco più cosa ho infilato dove.
      Ma dopo aver trovato la fascia e sfilata...TA- DANNNN!!! I boccoli come per magia. Tanti bei boccoletti super elastici bellini bellini che ondeggiavano divinamente.
      Ah ah ah, caro il mio Santo!
      Sono andata in cucina sculettando in mutande fiera dei miei boccoli e sono inciampata nel gatto. Poco poco che non mi pianto nella credenza.
      “Ma daiii!” fa lui, colpito.
      “Visto? Belli vero? E solo indossando una fascia!”
      Stupendi e i miei boccoli mi sono durati, quanto...due ore e un quarto? No aspettate, mi sbaglio. Che sciocca. Mi son durati un'ora e dieci. Secondo più secondo meno.
      Dopo un'ora e dieci c'avevo una capigliatura moscia, ma così moscia che sembrava mi avesse masticato un alano. Fatto tutto per niente. Non mi dura. O ci metto il cemento armato o i miei boccoli mi si sboccolano in due ore. Da effetto fisarmonica a effetto arpa sminchiata: di una tristezza unica. Ma non demordo, riproverò fino a che non mi chiameranno la Shirley Temple della Toscana. E allora lì riderò io. Ah ah ah! E il Santo si ricrederà!

      p.s. Raga, io non lo so, ma sarà l'avvio alla menopausa che fa fare ste cose a bimbeminchia?





      lunedì 29 settembre 2014

      E tu, a chi somigli?



      Vi hanno mai detto “Somigli a tua madre”? o “Somigli a tuo padre”?. Certo che almeno una volta ve l'hanno detto. Il fatto che poi corrisponda a verità e tutto un altro paio di maniche. Magari tu sostieni che somigli a mamma e invece nisba, sei sputata al papà. Caratterialmente intendo.
      Io ve lo dico subito: somiglio mamma.
      Ma non è sempre stato così.
      Adesso somiglio mamma.
      Mamma è una tipa estroversa, babbo l'esatto opposto.
      Se tu metti mio padre in un gruppo e lo osservi per tre ore non diresti mai che è mio padre.
      Mamma me l'appioppi in tre secondi netti.
      Da piccola ero introversa come babbo, da circa una 25ina d'anni mi sono mammizzata. Dall'adolescenza in poi, diciamo.
      Mamma mi ha tirato su a sua immagine e somiglianza senza volerlo. Mi ha trasmesso la sua passione per i libri e film gialli (che io involontariamente sto trasmettendo ad Alice), la passione per tutto ciò che riguarda la creatività e la schiettezza, che a dire il vero, contraddistingue un po' tutte le donne della mia famiglia. Questo fa di me e mia madre una squadra dove la complicità regna sovrana.
      Babbo no. Babbo, visto da fuori, può apparire molto timido, introverso, a tratti un po' orso. Ma ovviamente non è così. Babbo per mostrarsi veramente com'è ha bisogno di stare nel suo ambiente, di essere circondato da cose e persone che conosce, altrimenti si limita ad annuire e sorridere. A volte. Invece quando è nei suoi cenci è un uomo di compagnia, ironico e fa gli scherzi alla mi' mamma. È pigro ma è un ottimo cuoco. Va a fare la spesa, porta a passeggio il cane ma è indisciplinato per quanto riguarda la sua salute. Tipo che non dovrebbe mangiare dolci e infatti si mangia le merendine di nascosto ricomponendo le scatole in modo che mamma non possa risalire al giorno in cui sono finite. Questo perché è capace di mangiarne tre alla volta.
      Mamma invece ti accorgi subito che è mamma mia. Faccio un esempio scemo: quando c'è stato l'evento di Jane Austen a casa mia, ovviamente avevo detto a tutte e due di partecipare, cioè manco lo dovevo specificare. Babbo ha subito detto no campando un “Non conosco nessuno, figurati, no no”. Mamma aveva già telefonato a tutte le sue amiche per disdire eventuali partite a burraco pur di esserci. E anche lei non conosceva nessuno, ovvio. Si è fatta qualche problema? Ma va là.
      In capo a mezz'ora si era già creata il suo gruppetto di signore con cui parlare di cucina, cucito, telefilm e gossip vari. Mai viste prima e sembrava fossero amiche da una vita. E queste signore, quando adesso le incontro, la prima cosa che mi chiedono è “Come sta mamma?” e l'ultima è “Salutami tanto mamma!”.
      Mamma ha un aspetto rassicurante, con delle belle manone che il mio deretano ha conosciuto da piccina (poche volte a dire il vero) e una fisicità che non la fa muovere svelta come vorrebbe, ma ha un cervellino fino che corre come il vento. È arguta, curiosa, dotata di molta autoironia e battuta pronta. Ricordo che una volta durante un pranzo di Natale preparò per la tavola i menù tutti scritti rigorosamente a mano e si presentò...vestita da Antonella Clerici. Cioè, aveva la parrucca bionda e il cappello da cuoco e recitò tipo proclama il menù ai presenti. Non potete capì.
      È una cuoca sopraffina, è la maga dell'ago e filo e la regina della creatività, ma ha dei grandi, grandissimi problemi con la tecnologia. Ah, dite che anche su questo ci assomigliamo? Mamma non ha un pc (almeno per ora), usa il cell un terzo di come lo potrebbe usare e non ha capito ancora chiaramente come il mio libro possa essere sul mio tablet. Ma sennò sarebbe perfetta. Però non la fare arrabbiare la mi' mamma. Probabilmente è lei che mi ha insegnato il rispetto per me stessa, perché la mi' mamma è una donna che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno. Piuttosto te li mette lei sopra la capoccia e ti pigia il cervelletto manco tu fossi uva appena vendemmiata. Abbiamo questo grande, grandissimo difetto io e mammà: se c'abbiamo da dirti una cosa, sta cosa scappa prima che possiamo fermarla. Babbo ci rimugina tre giorni. Mamma non hai ancora finito che t'ha magnato. Per dire.
      Mamma è una nonna presente, non invadente e molto ganza. Babbo è un nonno premuroso e scherzoso molto più di quanto lo sia stato con me.
      Mamma ha un carattere molto forte, forgiato da eventi che avrebbero fatto abbassare la testa a chiunque sventolando bandiera bianca. Ma lei no. Ha preso a morsi la vita per tutelare e proteggere la sua famiglia, il mi' babbo compreso.
      Io sono fiera di assomigliare alla mia mamma. E anche al mio babbo. Se dovessi fare un paragone direi che il mio babbo è una luce tenue, che fuori manco la vedi, ma in casa la sua luce la fa, non troppo forte da dare fastidio ma quel tanto che basta per farti muovere a tuo agio.
      La mi'mamma invece è un fuoco d'artificio. Colorato, scoppiettante e allegro. Quando c'è, la senti. Per forza.
      Io, di conseguenza, mi sento un petardo.

      Voi a chi somigliate? A mamma, a papà oppure a nonna?



      lunedì 27 gennaio 2014

      Era ganza la mi' nonna




      Era simpatica la mi' nonna.
      La mi' nonna era una donnina piccina picciò come quelle delle favole. Era alta un metro e un barattolo e quando le si chiedeva “Quanto sei alta?” lei rispondeva “Come Re Pipino!” e rideva mostrando denti finti che la sera metteva in un bicchiere sul comodino.

      Era burlona la mi' nonna.
      La mi' nonna è andata sul punto di morire per cinque volte, ma scherzava. Recitava così bene che anche i medici ci cascavano e dicevano “Preparatevi. Non arriva a domattina” Ma la mi' nonna alla mattina c'arrivava sempre e chiedeva il latte con i biscotti di riso. E a chi le diceva “C'hai fatto prendere un colpo!” lei rispondeva “Ah ah ah, mi sa che vi sotterro tutti!”

      Era forte la mi' nonna.
      La mi' nonna aveva una bella tempra, fin dalla nascita. Era nata di 800 grammi, di un parto gemellare, ed è stata cresciuta in una scatola da scarpe immersa nel cotone. L'altro gemello, di un chilo e due, non ce l'ha fatta. Aveva mille acciacchi e patologie serie e non voleva mai andare all'ospedale “Lì, si diventa gialli” diceva.

      Era generosa la mi' nonna.
      La mi' nonna, durante i suoi lunghi ricoveri, pensava agli altri. Era di una generosità grandissima. Dopo pranzo la si trovava affacciata alla finestra con il piatto in mano “Tho, bellini!” diceva rivolta ai gatti che la aspettavano di sotto. I mici erano obesi e lei felice, mentre diceva al dottore “Ho mangiato tutto, ha visto!? Son pronta per andare a casa!”

      Era fantasiosa la mi' nonna.
      La mi' nonna durante le feste di Natale incartava i soprammobili con la carta stagnola. “Fa più atmosfera” diceva. E li incartava con le sue dita a svirgolo, rese storte dall'artrosi. Ma era bella la casa di nonna a Natale, anche se sembrava una rosticceria di polli al cartoccio.

      Era estrosa la mi' nonna.
      La mi' nonna per befana non attaccava le calze al camino. No. Lei al camino ci attaccava i collant. E li riempiva di frutta e regali. Una calza color cammello 50 denari lunga lunga che toccava terra.
      Quando è stata stanca ci ha attaccato un gambaletto.

      Era bugiarda la mi' nonna.
      La mi' nonna mi proteggeva dalle sgridate dicendo un sacco di bugie. Era sempre lei a rompere un vaso col pallone “Avevo voglia di fare un tiro alla Pelè”, ad aver finito la cioccolata “Diamine!Ero bassa di diabete!” e a farmi trovare sotto al piatto diecimila lire “È stato un topolino”

      Era sportiva la mi' nonna.
      La mi' nonna non correva volentieri, per quello aveva acquisito una certa padronanza con il lancio degli oggetti. Aveva una mira infallibile. E non sbagliava mai. Se diceva di coglierti, ti coglieva. Anche mentre correvi la sua ciabatta ti si spalmava addosso ed è per quello che nella gara a freccette la volevo sempre in squadra con me.

      Era romantica la mi' nonna.
      La mi'  nonna una volta s'è sognata nonno che la chiamava insistentemente dal paradiso. Ce lo disse con lo sguardo angelico, un po' rammaricato, nostalgico. “Vieni, vieni qui da me...” nonna diceva che queste erano le parole “vieni, raggiungimi...” Fu un momento molto triste. Poi nonna ci guardò e, facendo il gesto dell'ombrello, disse “Ma io gli ho detto: Senti bellino, intanto stacci te.Tiè!!”

      Era tenera la mi' nonna.
      La mi' nonna amava i gatti. E li amava così tanto che gli permetteva di dormire sul suo letto e mangiare il suo cibo. Li amava così tanto che si addormentava con un gatto nero acciambellato sulle ginocchia. Anche se quelle ginocchia non le sentiva più.

       Era un medico la mi' nonna.
      La mi' nonna curava tutti i mali. A digiuno di nozioni scientifiche e mediche ti sapeva curare qualsiasi malanno. Con l'alambicco improvvisava pozioni di erbe colte nel campo e impacchi con le foglie del cavolo. Che fosse mal di pancia, mal di denti o una bruciatura, la mi' nonna ti curava con successo. Anche il mal d'amore. E rimaneva a leccarti le ferite come una mamma gatta col suo gattino.

      Era coraggiosa la mi' nonna.
      La mi' nonna nel '47 fuggì per amore. Agguantò il mio nonno, andò contro tutto e tutti, e scappò di casa. Impose con coraggio e impetuosità il suo uomo alla sua famiglia. E lo trovò sempre bello, anche in quel giorno di dicembre in cui nonno si spense. Le sue parole furono “E gli era bellino”

      La mi' nonna era tutto.
      La mi' nonna la ricordo con amore, con un sentimento profondo che mi scava dentro, e una punta di tristezza che mi sta allagando gli occhi.

      Era ganza la mi' nonna.



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