giovedì 30 novembre 2017

CANDY CANDY (Mo' ve lo spiego)






(Foto: https://scarletboulevard.com)


Allora, c'era una volta un'orfanella di nome Candy che fu abbandonata insieme a Annie in un orfanotrofio che si chiamava 'Casa di Pony'. È già qui ci sarebbe qualcosa da obiettare, perché ti immagini le bambine con code di cavallo azzurre e fluenti, che parlano con unicorni coi colori dell'arcobaleno. Ma i minipony verranno anni dopo. Comunque. La nostra sfigatella Candy come amico chi c'ha? Un gatto? Un cane? Un amico immaginario? No, un procione, animale notoriamente addomesticabile come un lupo marsicano che non mangia da otto mesi. Però il suo sfregarsi le zampette continuamente ce lo rende simpatico perché pare che dica 'A me della fine che farai memportanacippa, me ne lavo le mani.'
Un giorno sulla collina ha una visione. No, non siamo a Medjugorje e non è la Madonna, ma un tipo con il kilt che suona la cornamusa. Lei pensa: 'vuoi vedere che è quel gran pezzo di gnocco di Mel Gibson?' invece le va male perché è un biondino slavato che perde pure una spilletta mentre danza manco fosse un Roberto Bolle sbadato qualsiasi. Ma anche qui non poteva essere Mel Gibson perché Brave Heart è arrivato dopo. Comunque. La nostra Candy viene adottata da una famiglia in cui ci sono due figli simpatici come una rettoscopia e viene costretta a fare la cameriera e pulire le stanze al grido di 'Ti va di culo che non ti chiamiamo Cenerentola. E ora pulisci il camino, movite.' Dopo aver lucidato pure lo zerbino la nostra Candy riconosce il tipo ballerino con il kilt e scopre che si chiama Antonio, Antony per gli amici. Non fa in tempo a di' 'Mmh, però... chissà se suona pure il trombone', che questo je more cadendo da cavallo. Praticamente un rincoglionito. A lei piglia male e al grido di 'Mai una gioia!' torna all'orfanotrofio sperando che al posto dei pony ci sia uno stallone pronto a consolarla. Tra un cavallino, un trombone e un arcobaleno, la nostra Candy cresce e viene invitata a studiare a Londra in un prestigioso college. Qui incontra degli amichetti suoi che si chiamano come due marche di scarpe (Archie e Stear) conosciuti anni prima e pure Neal e Iriza della prima famiglia adottiva. Sì, lei è quella simpatica come un reflusso gastroesofageo. Qui Candy incontra Terence che con la tempra del maschio alfa le fa capire di non avere né una cornamusa, né una chitarra, ma se vogliono mettere su una band lui ci sta: lei suona il piano, lui la tromba. Ovviamente con lo gnocco di turno l'amore poteva essere solo travagliato: le persone gli si mettono contro, lui vuole essere portato in esterna da un casino di pretendenti e Candy deve gestire Iriza che invece di esclamare 'No, Maria, io esco!' fa uscire Candy dalla scuola. A quel punto la coppia si divide: Terence tenterà la fortuna di attore e verrà preso due anni dopo a Cento Vetrine e lei farà carriera come infermiera a Chicago ripiegando, nel tempo libero, come ballerina in un Night Club facendosi chiamare Caterina Zeta Jones. Qui tutto sembra evolversi per il meglio, ma NO. Terence invita Candy a uno spettacolo, l'amore sembra riacceso, ma poi una collega si fa male a una gamba, lui dice 'è colpa mia se mo' va zoppa' e decide di sta' con la tipa anche se non la ama. Sta tipa però capisce che lui sta con lei solo per pena ma ama Candy, quindi per lasciare campo libero si vuole uccidere ma Candy la ferma in tempo al grido di 'Ma nun fa cazzate, ma per un omo? MA TE PARE?' e lascia di nuovo Terence. Si ritroveranno anni dopo dalla D'Urso a vedere filmati in cui la tata di famiglia fa vedere le foto dei minipony.
La stagione finisce con Candy in compagnia di un certo Albert William Andrew che, detto tra noi, c'ho sempre da capi' chi cazzo è.

lunedì 13 novembre 2017

Io al Pisa Book Festival


Sono viva. Dato da non sottovalutare per due motivi, uno: tre giorni di fiera mi hanno sfiancano così tanto che a un certo punto parlavo da sola, sentivo le voci, e come il bambino del sesto senso, vedevo la gente morta. Due: mettete 12 donne che non si conoscono a condividere un evento, ognuna COL PROPRIO LIBRO da promuovere e vendere e ditemi se non vi vengono in mente i duelli all'ultimo sangue. Avrei scommesso che sarebbe finita a coltellate e con un morto in prima pagina sulla cronaca nera de IL TIRRENO e invece no, siamo vive e vegete. Non solo: siamo state collaborative, cortesi, simpatiche l'una con l'altra. Ewwa forse sceglie bene le proprie donne. O quelle in gamba scelgono Ewwa, fate voi.
Comunque.
Tre giorni intensissimi dove probabilmente io sarò ricordata come:
-quella che aveva sempre il telefono in mano. D'altronde sono UNA RAGAZZA molto social. Il fatto che poi non associ il vostro viso al vostro nome è solo un dettaglio.
-quella che adescava vecchietti con numeri di burlesque.
-quella che ogni mezz'ora diceva: "Io ho fame. Vado a prendere un panino. Volete qualcosa? Una lasagna? Un arrosto con patate? Del cinghiale in umido con le olive? Ve lo porto un caffè? Tanto non lo pago. HO FAME. HO FAME. HO FAME."
-quella che, impossibilitata realmente a mangiare come se fosse nella sua cucina, si limitava a ciucciare le caramelle. Ora infatti ho il diabete.
-quella che è stata definita SPUMEGGIANTE. Se proprio devo essere uno spumante, voglio essere quello BRUT, perché è SECCO, of course.
Le mie donne ewwine invece sono state tutte carine e simpatiche, qualcuna ha fatto numeri con acqua gassata innaffiando tutto lo stand (panico e fuggi fuggi manco fosse stato uno tsunami), un'altra ci ha deliziato con dei numeri di prestigio perché ci ha fatto sparire da sotto gli occhi un libro e noi non ce ne siamo manco accorte, un'altra ha fatto da untrice spargendo influenza a tutta randa, tanto che è stato allestito di fianco a noi un salottino per la rianimazione, un'altra ancora si è improvvisata cassiera facendo un lavoro ineccepibile, come pure un'altra a far la ragioniera. Ci mancava il poliziotto, il farmacista e il vicario e poi sembravamo un allegro villaggio dello Yorkshire.
Io ero troppo impegnata a far rispettare le dosi delle pastiglie ai vecchietti e ricordare loro l'esame per la prostata per star dietro a queste amenità.
Ho stretto amicizia con il ragazzo che faceva il 'buttadentro' alla sala davanti a noi, tanto da essere considerata il suo braccio destro. Alla fine, vista la sua giovane età e il fatto che lo rifocillavo con caramelle, acqua, considerazione, suggerimenti e consigli, al mio 'copriti quando esci che ti piglia un coccolone', mi ha risposto 'Sì, mamma.'
Quindi, ricapitolando: o mi vedono come Nonna Abelarda o come mamma. Mai 'na volta che mi vedano come Victoria Silvstedt o Belen Rodriguez.
Tirando le somme è stata un'esperienza bella e costruttiva che mi ha dato la possibilità di conoscere le altre Ewwa, di far conoscere i miei libri, ma più di tutto di incontrare tanti di voi (siete stati tantissimi!) che, sfidando maltempo, mariti, influenze, parcheggi impossibili e file chilometriche, siete venuti per conoscermi di persona, acquistare i libri e per abbracciarmi. In una parola: LA GIOIA, proprio.
p.s. già vi vedo, al calduccio di casa vostra, pensare:
1 chi me l'ha fatto fare
2 era meglio se andavo a coglie' i funghi
3 su Facebook sembrava più simpatica
Perché figa lo sono sempre, ovvio.

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