In ogni viaggio si vivono dei giorni speciali, particolari, e alcuni giorni lo sono più di altri.
Una delle cose che ricorderò con una stretta al cuore è il memoriale dell'11 settembre.
Io, che sono arrivata a scattare più di 1200 foto, davanti a questo monumento del dolore, sono stata incapace di mettere a fuoco e imprimere su pellicola quello che stavo vedendo, ma soprattutto vivendo.
Finché si è trattato di stare fuori, a ridosso delle vasche, con lo scrosciare dell'acqua a coprire i rumori del traffico e a proteggerci dall'inquietudine, la macchina ha fatto il suo lavoro.
Il National September 11 Memorial Museum è sotto terra, sotto proprio quelle vasche, nelle fondamenta della torre nord. Un percorso evocativo ed estremamente emotivo, ci guida fin dai primi minuti di quella tragica mattina e anche se la maggior parte delle aree erano accessibili, fotograficamente parlando, non sono riuscita a scattare in modo convulso come faccio sempre. Avevo la sgradevole sensazione di mancare di rispetto, profanare un luogo così carico di dolore che già il solo visitarlo a mani giunte dietro la schiena, mi faceva sentire a disagio.
Le lettere dell'enorme scritta che campeggia una volta arrivati giù "Nessun giorno vi cancelli dalla memoria del tempo" sono state realizzate fondendo l'acciaio sottratto dalle macerie delle Torri Gemelle e le centinaia di mattonelle turchesi sono a ricordare l'azzurro del cielo sul quale svettavano.
Poco distante 'La scala dei sopravvissuti', un tratto di scala sottratto dalle macerie, che permise a moltissime persone di salvarsi da quell'orribile mattina.
Un'audioguida ci riporta nelle orecchie la testimonianza di chi quel giorno intraprese quelle scale tra fumo, devastazione e terrore, portando in salvo la propria vita.
È un percorso lungo, doloroso, disseminato da oggetti impolverati personali delle vittime come fotografie dei figli, portafogli, fazzoletti, occhiali, scarpe, berretti, bigliettini personali, e perfino un pupazzo rosa di chi quel giorno ha perso la propria vita.
I mezzi di soccorso devastati e contorti, e i caschi ammaccati dei vigili del fuoco riposti nelle teche, sono a ricordarci del grande lavoro e dell'immenso coraggio dei pompieri e di tutti quelli che, pur rimettendoci la vita, hanno tratto in salvo decine di persone.
Ho ancora negli occhi tante immagini che mi fanno tutt'ora trattenere il respiro: quasi 3.000 foto di volti sorridenti uno accanto all'altro, disseminati lungo il percorso dell'orrore. Sembra surreale che quella mamma, quel papà, quel figlio, quel nonno, ritratti in giorni felici e spensierati in un giorno qualsiasi, possano essere le vittime di una furia omicida così violenta. Quasi tremila vittime innocenti, spazzate via in pochi minuti. Tra loro chi si è gettato nel vuoto dal sessantesimo piano in fiamme, chi abbiamo sentito chiedere aiuto al telefono negli stralci riportati dai tg, chi piangendo ha detto "Moriro, vero? Morirò." Chi ha pregato che quell'inferno finisse, chi si è stretto al cuore la foto del proprio figlio prima di finire sotto un ammasso di cemento.
Ho guardato con un groppo in gola i volantini dei familiari dei dispersi; alcuni con foto sbiadite, scritte convulse, fogli impolverati e stropicciati per essere stati invano troppo appesi.
Lettere e messaggi di cordoglio, cuori rossi disegnati coi tratti incerti dei bambini per il loro papà che non c'è più, il "Miss you, always" di una mamma alla propria figlia, l' "I love you" di una moglie ormai sola.
Non siamo preparati a questo dolore, perché in un mondo perfetto, non dovremmo esserlo.
Non siamo preparati a gestire l'impotenza e la rabbia, quella che ci assale quando leggiamo su un quaderno le conversazioni dei dirottatori e del terrore di chi era a bordo.
Di quelle pazze, fredde, folli menti che hanno cancellato dal mondo tremila persone e la vita di chi rimane non al loro fianco ma a piangerli davanti a una foto.
Ho chiuso il quaderno serrando le mascelle quasi in preda al vomito e ho detto ad Alice di non leggerle, per preservarla scioccamente, da quell'atrocità che perfora lo stomaco e avvelena la nostra esistenza.
Nessuno dovrebbe leggere e vedere tutto ciò.
Nessuno dovrebbe essere lì.