Ieri sera un incontro, una cena chiamiamola 'di lavoro' e non pensavo di trovarci un cane.
Sapete quanto io abbia il terrore dei cani, ma sapete anche quanta buona volontà e quanto sforzo metta per riuscire a superare questa fobia.
Appena lo vedo sbucare mi irrigidisco. Come sempre.
Guardo la padrona di casa.
"Dimmi che è buono."
"Sì, è BUONA. È una femmina."
"Bene."
"Hai paura? Se vuoi..."
"No. Se mi dici che è buona mi fido. È un problema mio, non suo."
La canetta gironzola tra tutti e dà codate di benvenuto. Io mi muovo con circospezione e la evito un pochino. La conosco da mezzo minuto e accarezzarla per me è troppo. Datemi un attimo. Già riesco a seguire una conversazione e muovermi con una certa scioltezza con un cane intorno, quindi boni. Ci sono.
Ci accomodiamo e lei sparisce, padrona della casa e della situazione. Però poi a un certo punto torna. Si ficca sotto il tavolo e cerca coccole e carezze da tutti i commensali che ovviamente non tardano ad arrivare. Fa il giro e arriva da me.
Si insinua tra me e la padrona di casa e mi guarda.
La guardo.
Ha due occhi dolcissimi e puliti, sembrano dirmi 'Perché mi eviti?' e vorrei dirle 'Non è colpa tua. Sono vittima di un evento traumatico che mi è accaduto da piccola. Una cosa brutta che mi ha segnato."
Lei continua a fissarmi. Zitta e immobile in attesa di un cenno, di una risposta.
Facendomi forza allungo una mano e le carezzo la testa. Lei sembra gradire.
Il primo passo è stato fatto. La sto accarezzando.Lei non se ne va, come se percepisse che potrebbe essere 'la mia cura'.
Le dico che è bella, le parlo come se parlassi a un bambino.
Lei di risposta mi poggia il mento sulle gambe. Ci leggo un 'Tranquilla, capisco. Io mi metto qui, tu continua a carezzami che vedrai la paura piano piano ti passa.'
Ho la testa di un cane sulle gambe, gli carezzo il muso, gli struscio il mento. Lo sto facendo. E non ho paura.
Qualcuno versa del vino nei bicchieri, l'incantesimo si spezza, mi sposto un poco, lei alza la testa e aspetta che mi serva.
Presa dalla conversazione non mi curo di lei che nel frattempo girottola ancora un po' e poi torna. Mi infila la testa sotto il braccio per esortarmi a fare qualcosa, giocare, accarezzarla di nuovo. E ricominciamo da capo. Siamo amiche, lo so.
A fine serata sono io che la cerco. La chiamo, allungo una mano per scarruffarle il pelo, e rimango male se non viene subito. D'altra parte il suo compito l'ha svolto, ha abbattuto un altro pezzettino del muro di diffidenza che mi sono costruita attorno negli anni e questo mi deve bastare.
Arriva la sua padroncina e se la porta in camera da letto. Chiudono la porta e ciao ciao amica mia.
Oggi ho chiesto una sua foto per scriverci un pezzo, come tutte le volte che rimango colpita da qualcuno o da qualcosa.
Quel qualcuno oggi è lei: Sabbia.
Sapete quanto io abbia il terrore dei cani, ma sapete anche quanta buona volontà e quanto sforzo metta per riuscire a superare questa fobia.
Appena lo vedo sbucare mi irrigidisco. Come sempre.
Guardo la padrona di casa.
"Dimmi che è buono."
"Sì, è BUONA. È una femmina."
"Bene."
"Hai paura? Se vuoi..."
"No. Se mi dici che è buona mi fido. È un problema mio, non suo."
La canetta gironzola tra tutti e dà codate di benvenuto. Io mi muovo con circospezione e la evito un pochino. La conosco da mezzo minuto e accarezzarla per me è troppo. Datemi un attimo. Già riesco a seguire una conversazione e muovermi con una certa scioltezza con un cane intorno, quindi boni. Ci sono.
Ci accomodiamo e lei sparisce, padrona della casa e della situazione. Però poi a un certo punto torna. Si ficca sotto il tavolo e cerca coccole e carezze da tutti i commensali che ovviamente non tardano ad arrivare. Fa il giro e arriva da me.
Si insinua tra me e la padrona di casa e mi guarda.
La guardo.
Ha due occhi dolcissimi e puliti, sembrano dirmi 'Perché mi eviti?' e vorrei dirle 'Non è colpa tua. Sono vittima di un evento traumatico che mi è accaduto da piccola. Una cosa brutta che mi ha segnato."
Lei continua a fissarmi. Zitta e immobile in attesa di un cenno, di una risposta.
Facendomi forza allungo una mano e le carezzo la testa. Lei sembra gradire.
Il primo passo è stato fatto. La sto accarezzando.Lei non se ne va, come se percepisse che potrebbe essere 'la mia cura'.
Le dico che è bella, le parlo come se parlassi a un bambino.
Lei di risposta mi poggia il mento sulle gambe. Ci leggo un 'Tranquilla, capisco. Io mi metto qui, tu continua a carezzami che vedrai la paura piano piano ti passa.'
Ho la testa di un cane sulle gambe, gli carezzo il muso, gli struscio il mento. Lo sto facendo. E non ho paura.
Qualcuno versa del vino nei bicchieri, l'incantesimo si spezza, mi sposto un poco, lei alza la testa e aspetta che mi serva.
Presa dalla conversazione non mi curo di lei che nel frattempo girottola ancora un po' e poi torna. Mi infila la testa sotto il braccio per esortarmi a fare qualcosa, giocare, accarezzarla di nuovo. E ricominciamo da capo. Siamo amiche, lo so.
A fine serata sono io che la cerco. La chiamo, allungo una mano per scarruffarle il pelo, e rimango male se non viene subito. D'altra parte il suo compito l'ha svolto, ha abbattuto un altro pezzettino del muro di diffidenza che mi sono costruita attorno negli anni e questo mi deve bastare.
Arriva la sua padroncina e se la porta in camera da letto. Chiudono la porta e ciao ciao amica mia.
Oggi ho chiesto una sua foto per scriverci un pezzo, come tutte le volte che rimango colpita da qualcuno o da qualcosa.
Quel qualcuno oggi è lei: Sabbia.