Io lo dico sempre e lo ripeterò
all'infinito: non potrò mai essere una foodblogger.
E non me ne rammarico di questa cosa
perché in fondo non è che ho mai sognato di diventarlo, proprio no.
Mi piace cucinare, fare dolcetti e muffin ma coi mestoli sono un
casino.
Tipo che per fare un dolce ci vogliono
al massimo due ciotole e una forchetta e sul mio piano trovate: due
ciotole, tre piatti, un tegamino, otto posate, le fruste elettriche,
il minipimer, il barattolo dello zucchero infilato in quello della
farina, il burro semi sciolto perché me lo scordo fuori dal frigo, i
gusci delle uova rotte insieme a quelle ancora da rompere, un gatto e
via dicendo. In poche parole: un casino che basta e avanza. Sono una
creativa, che ci volete fare.
Non solo, sono anche un po' despota:
faccio solo cose che mi piacciono. Tipo che al Santo piace tanto la
mandorla, a me non garba e quindi non ho mai fatto un dolcetto alle
mandorle. Nulla. Nada de nada. Lo so, ma non sono stronza, è che mi
disegnano così. Io le cose le devo fa' di pancia e di cuore e se
provo a fa' una ricetta che non mi ispira o che 'non sento', mi vien
fuori una ciofeca. Giuro! Però c'è da dire che il Santo pecca di
gola (tre avemarie e un paternostro) e quindi gli vanno bene anche
tutti gli altri dolcetti che preparo. Dev'essere roba semplice, però.
Parecchio semplice. Io sono per le ricette da fare al volo, veloci e
così facili che potrebbero essere cucinate da un bimbino. Sennò
sminchio alla grande. Io sono da tutto e subito, se c'ho da aspettare
mezza giornata già mi prende male. Per questo, bensì mi vengano
buone, faccio raramente le brioches, va via mezza giornata, io ve lo
dico.
Quest'anno m'era preso lo schiribizzo
di fa' il pandoro o il panettone. Ho chiesto alle amiche foodblogger
una ricetta 'semplice' e tempo tre secondi mi son resa conto di aver
bestemmiato.
Le parole PANETTONE o PANDORO con la
parola SEMPLICE son come due rette parallele: NON SI INCONTRERANNO
MAI.
Le mie amabili cuochine mi hanno
linkato alcune ricette, ma tempo di leggerne mezza e già perdevo
sangue dal naso. Troppo sforzo. Io davvero non so come fanno. Per un
panettone e affini ci vogliono tre giorni. Tre giorni. No, ma mi ci
vedete? Io che, mentre mi depilo, con una mano tengo il rasoio e con
l'altra pulisco il bidet. Io, che trovo unpardipalle anche girare
spesso il sugo sennò si attacca. Io, che guardo solo le ricette con
una stellina di difficoltà.
Ora sarebbe bello se vi sorprendessi
con una megafoto di un bel panettone con su scritto “E invece l'ho
fatto!!!”
Mi spiace deludervi: non ho fatto una
beata fava. C'ho rinunciato. Ho fatto altro. Mi sono lasciata
spaventare da tutta quella lievitazione, quella lavorazione, da tutto
quell'aspettare, che vi giuro, mi farebbe morì.
Che poi è tutto un dai la cera togli
la cera.
Prendiamo l'impasto.
Che qui mica vorrai usare farina
normale, no? Ma che sei pazza? Minimo dev'essere farina del campo di
grano del quarto imperatore della Cina con l'aggiunta di polvere
d'oro egiziana ritrovata nella piramide di Cheope.
Il burro? Uè, mica il burro del Super.
No, crema di latte delle montagne svizzere lavorata a mano
direttamente dal nonno di Heidi e solidificata nella grotta di
Betlemme.
Il lievito? Ce l'hai il lievito madre?
Se non ce l'hai non sei NESSUNO. Ce lo devi avè, per accudirlo come
un tamagotchi e sfruttarlo tipo lavoro minorile per i tuoi impasti.
Davvero non ce l'hai? A parte il fatto che non ti far sentire dalle
Foodblogger stellate che per questa tua mancanza ti potrebbero
impalare e darti fuoco in piazza come una Giovanna D'Arco qualunque,
e poi provvedi santoiddio, non è che puoi usare un lievito qualunque
come abbiamo usato fino a tre anni fa prima che Cracco &C
scassassero la minchia con le prelibatezze in cucina, chiaro?
Il latte? Che latte c'hai in frigo? Fai
vede'? Non va bene. Ma ti pare? Ce l'hai una stalla? No? Un garage?
Ecco, allora vai da un allevatore, comprati una mucca, trasforma il
garage in una stalla e mungi la tua Lola. Solo così avrai latte
genuino per il tuo super panettone. Minchia, ma ti devo insegnare
tutto.
Lo zucchero. Ti dico solo una cosa:
sappi che lo zucchero bianco è considerato IL MALE, regolati di
conseguenza.
La frutta candita. Cooooosaaa??? Togli
subito quella scatolina commerciale se non vuoi essere presa a
sassate. La frutta candita TE LA DEVI FARE DA TE. Tzè, i canditi mi
compra, lei.
Guarda, facciamo finta che hai tutta
sta roba che t'ho detto, va bene? Tu dici 'ora lavoro l'impasto' e
invece no! Mettilo lì che deve riposà dodici ore minimo, poverino.
In forno spento con luce accesa perché evidentemente ha paura del
buio. O sennò armata di sensore da rabdomante devi girare per tutta
casa alla ricerca di un angolo asciutto al riparo da correnti d'aria,
perché all'impasto l'aria fa male alla cervicale. Io non so manco in
quale cassetto ho i calzini figuriamoci se so in che pertugio c'è
meno aria; e, se anche ci fosse, minimo sarebbe dove si rintana il
gatto in fondo all'armadio.
Dopo un tempo in cui avresti potuto
imbiancare casa puoi riprendere l'impasto e lavorarlo con altra roba,
ma non è ancora pronto. Lo devi fa' riposa' un'altra volta. Manco io
dopo due lezioni in palestra sono così stanca, ma sorvoliamo. Dopo
un tempo in cui avresti potuto fare un trasloco, lo riprendi e lo
rilavori di nuovo. E non a cazzo di cane come tuo solito, ci
dev'essere un verso anche per piegarlo. Tipo asciugamano da ospite.
Pieghi lì, pieghi qui, CON CRITERIO, non a caso. E CON CALMA. Poi,
quando sei lì che festeggi il tuo ottantaseiesimo compleanno, è
pronto e lo puoi mettere nello stampo. Ma non lo puoi infornare
perché deve lievitare ancora. Lo inforneranno i tuoi parenti prima
di venire al cimitero perché nel frattempo sei morta, ma vuoi
mettere la soddisfazione? Avrai fatto un panettone degno di questo
nome, super cheffato, super stellato, che anche Bastianich direbbe
'Vuoi che muoro?' e tu risponderesti “No, per farlo son già morta
io e mi pare più che sufficiente”.
Senza contare che ai parenti, ai quali
hai lasciato solo 'la cottura', hai dato una piaga immane. Quindici
minuti a centonovanta, dieci minuti a centottanta, tre minuti e
dodici secondi tra centosessantacinque e centosessantaseivirgolatre,
due minuti e ventisette statico, un minuto e trentatrè ventilato,
quattro minuti con forno aperto mentre canti l'ultimo cd di Natale di
Michael Bublè, e altri venti secondi a forno chiuso a patto che tu
intoni Tu scendi dalle stelle in do minore.
Poi hanno il coraggio di augurarti Buon
Natale. È una battuta, vero? Io me lo rovino il Natale se solo provo
a fa' metà di 'sta roba con questi ingredienti.
E niente. L'ultimo post del 2014 è
questo, dove dichiaro che non so fare il panettone e il pandoro, dove
dichiaro (lo giuro vostro onore) che ho fatto con tanto amore il
tronco di Natale che non è bello e buono come un panettone fatto in
casa, ma dio solo sa se c'ho messo il cuore. L'ultimo post dove
dichiaro che menomale ci sono le foodblogger che stimolano i miei
neuroni e che cucinano con professionalità e una preparazione che io
mi sogno la notte. Dove dichiaro che, a parte le battute, la mia è
tutta invidia. Una sana invidia, perché girando per blog vi ho
sfanculato con amore ma sbavavo come un San Bernardo d'Agosto davanti
alle vostre splendide prelibatezze. A volte, ve lo dico, siete un bello stimolo. (Lo so sembra la pubblicità del confetto Falqui, ma tant'è)
Dove dichiaro che ho la certezza che non potrei mai
essere alla vostra altezza (ho fatto la rima?) anche se facessi 987
puntate di Masterchef.
Però ho un anno di tempo. Capace che a
Dicembre 2015 io mi rinvenga e sforni il mio primo panettone.
Ora scusate, vado a sgomberare il
garage sennò la mi' Lola non mi c' entra.