martedì 29 settembre 2015

La mia personale recensione su Inside Out


                                                                                            Foto: www.taxidrivers.it

Parliamoci chiaro: sentivamo la necessità che la Fruzzetti facesse l'ennesima recensione su Inside Out? No, vero?
Epperò io la faccio ugualmente perché il film mi è piaciuto tanto. Talmente tanto che non voglio farmi smontare l'entusiasmo da chi dice il contrario. Che mo' (senza fare polemica) sono tutti laureati in psicologia e fioccano trattati e commenti che Maria Rita Parsi scansate.
Io l'ho preso per quello che è: un film che parla di emozioni. E ne parla usando la chiave che, a mio avviso, arriva a grandi e piccini: un cartone animato, appunto. Ovvio che la mente e più complessa e non si può ridurre alle sole cinque emozioni che ci detta il film (questo lo saprebbe pure mi'nonna che aveva la terza elementare), ma sono le emozioni con cui il bambino ha più a che fare:
rabbia (avete mai provato a fare il bagnetto a un bambino che non vuole farlo? Per esempio a tre anni Alice mi si è trasformata nella bambina dell'esorcista, per dire. Poi piano piano ha imparato a gestirla.)
gioia (giocattoli nuovi, correre nel prato, giocattoli nuovi, fare una gita con mamma e papà, giocattoli nuovi, vedere il suo eroe preferito in carne e ossa, ho già detto giocattoli nuovi?)
disgusto (se avete qualche dubbio su questa emozione provate a far mangiare i cavolini di Bruxelles, o le cervella ai vostri figli, poi ne riparliamo)
paura (buio, insetti, fuoco, stanze vuote etc...nel mio caso includerei anche le altalene che si muovono da sole col vento e i cani, e abbiamo fatto bingo)
tristezza (un giocattolo che si rompe, il tradimento di un amichetto, la mamma che scappa al lavoro, il papà che è troppo stanco per giocare con loro...).
È altrettanto ovvio che di base, questo film, non voglia insegnare niente, ma farci soffermare sulle nostre emozioni e su come la mente cerchi di viverle e controllarle. E, considerato che è un cartone animato, secondo il mio modesto avviso, ci sono riusciti alla grande.
Il film è una miscela di poesia e ironia, dove le gag e le battute vanno a braccetto con momenti onirici e commoventi. Si parla del processo dei ricordi base, quelli indelebili, quelli che anche a cinquant'anni ci fanno ricordare il primo giorno di scuola. Si parla dei ricordi che svaniscono, che si polverizzano con il soffio del vento forse perché poco importanti per la nostra crescita e il nostro equilibrio. Si parla dei sogni, di cosa accade nel cervello di una bambina quando chiude gli occhi e si lascia andare nelle braccia di Morfeo. Parla di come siamo capaci (tutti) di creare un mondo nuovo, spesso fantasioso anche a occhi aperti. Parla degli amici immaginari ai quali molti bambini affidano la loro vulnerabilità e fantasia. E li conosceremo questi amici immaginari, col loro corpo buffo che non ha niente di umano ma che hanno la chiave giusta per essere l'amico che più amico non c'è. Parla del treno dei sogni, che magari, come per noi adulti se lo lasci scappare non torna più. Parla degli angoli più remoti del nostro cervello, di quello che non capiamo, di quello, come nel caso del dejavu, ci sorprende e ci spaventa ogni volta. Parla della memoria a lungo e breve termine, parla di sensazioni che immagazziniamo anche inconsciamente. Parla di famiglia, di come un piccolo screzio la può far letteralmente vacillare. Parla di amicizia che per un'incomprensione rischia di sgretolarsi. Parla della passione (per lo sport, per un hobby) che a volte è l'unico motore che ci fa alzare la mattina col sorriso. Parla delle millemila informazioni che il nostro cervello ogni giorni elabora, tiene a bada, rifiuta, respinge e accoglie. E infine parla di tristezza. Un sentimento che, da che mondo e mondo, viene ricacciato e allontanato forse per paura, forse perché è sinonimo di debolezza. Ebbene: questo film ci insegna, in un modo per niente scontato, che senza la tristezza non esisterebbe la gioia. Non esisterebbe una mano amica che va ad asciugare delle lacrime. Non esisterebbe un sorriso regalato per farti ridere. Non esisterebbe la consolazione di un abbraccio. Non esisterebbe semplicemente un sentimento che deve far parte di noi per insegnarci a elaborare una perdita e ricominciare da capo. Renderci forti per gioire con più vigore. Perché solo se hai conosciuto la tristezza puoi assaporare appieno la gioia. Così, lapalissiano.
Ecco perché vi consiglio questo film. Perché parla di noi. Di noi tutti. Che combattiamo tutti i giorni con queste e altre emozioni quando a volte, semplicemente, dovremmo lasciarci andare.

Qui: info del film.
Di seguito il trailer ufficiale.



3 commenti:

  1. Grazie Simona. Era già in programma andare a vederlo, ora ci trascino pure il marito :P

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  2. Io l'adoravo ancor prima di vederlo...puoi capire ora!!!

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  3. Questo film mi incuriosisce molto. Ciao.

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Nel frattempo, visto il periodo, vuoi una tazza di thè?

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