domenica 31 ottobre 2010
DOLCETTO O SCHERZETTO?
giovedì 28 ottobre 2010
CHI DI CANDY FERISCE DI CANDY PERISCE
al quale io decido di partecipare. Un po’ perché mi piacciono gli stimoli e voi me ne date un monte e poi perché il premio sono dei favolosi fiammiferi che si trasformano in fiori.Ecco...non c'ho capito molto ma fidatevi che è 'na roba bella. E poi perché io e Piccolalory potremmo davvero essere grandi amiche anche per davvero, cioè senza passare via internet, intendo.E' una ragazza molto dolce e sensibile e spesso ci leggiamo nel pensiero ;-) . E quindi ho raccolto la sua sfida e mi accingo a raccontare una giornata iniziata male, ma finita con una bella sensazione.
(Avvertenza per gli utenti: questo post è sconsigliato ai deboli di cuore. Se sei il tipo che sviene quando vede un cadavere durante le repliche estive de La Signora in Giallo, questo post non fa per te. Ma se sei un patito di CSI o del dottor House, allora sì. Ulteriori informazioni le puoi trovare alla pagina 777 di EmoVideo.)
Sapete che lavoro svolgo, vero? E sapete anche che se una gioca 6 ore al giorno al piccolo macellaio, ha un alto rischio di tagliarsi, vero?E può capitare che in 18 anni di onorata carriera di banconista tu ti senta così in gamba che padroneggi l’affettatrice o il coltello come un lanciatore di lame al circo Orfei. Invece no. Perché la macchinetta infernale è sempre pronta a fregarti. Come quella mattina.
“Quanto prosciutto signora? Un etto? Subito!!” e vai col sorrisone!Massì, l’importante è coccolare i clienti! Una fetta, due fette, tre fett… Ops! E’ il mio dito quello?
Ho tagliato quattro fette, di cui una è il mio anulare destro. E solo in quel momento ho capito che la nostra pelle, quando non è irrorata dai vasi sanguigni, non è rosa. Non è rosa, capite? E’ grigia. Dio, che schifo! A parte il dolore e il momento di panico con il negozio pieno di gente, vedere quel pezzettino lì sul foglio, non è stato proprio bello. No no. Prima che mi immaginiate con un anulare in meno, vi rassicuro che mi sono portata via solo la cima. Avevo l’anulare scapato. L’ho portato al pari. Zac. Un taglio netto. Se mettevo le dita in fila erano tutte belle tondeggianti e lui no, piatto. Una bruttura. Roba che se avevo le unghie lunghe mi avrebbe fatto una manicure così precisa che manco un’estetista prossima alla pensione.
Nel frattempo scene di panico tra i clienti e la mia titolare.
“Chiamiamo l’ambulanzaaaaa!!!”
“Macchè ambulanza!Mi son tagliata un dito, mica c’ho un infarto!”
“Oddio che schifo, tappalo!”
“Non mi smette di sanguinare!” Ma quanto cazzo di sangue c’è in un polpastrello?
“Ti portiamo all’ospedale! Poveraaaa!!!”
Ora. A parte la signora schifata, che a quel punto non solo non voleva più il prosciutto ma manca poco ci fa mettere sotto sequestro l’affettatrice in quanto insanguinata, ho temuto di veder apparire pure Bruno Vespa con il plastico del negozio al grido di “E’ stato un attentato?”
Io nel frattempo mi tampono la ferita che, vi giuro, non smetteva di sanguinare. E ho dolore. Un cazzutissimo dolore. E mi fa anche un po’ effetto. Poco poco. E se realizzo che mi manca anche un pezzo di dito mi rattristo. Non riusciamo a trovare le altre ragazze per richiamarle all’ovile per l’urgenza, visto che erano sparpagliate per le consegne a domicilio.
Con una fasciatura FaiDaTeMaSeVaiDalDottoreE’Meglio, girottolo per il negozio facendo mentalmente dei discorsi sminchiati:
“Tanto ora smette”
“Non è la prima volta che mi taglio”
“Ecco, non mi potrò più scaccolare con l’anulare destro”
“Da oggi mi chiameranno ‘La ragazza con l’anulare scapato’”
A vedere tutta sta scena, ci saranno state una decina di persone, tra le quali due o tre clienti occasionali
(chiamasi cliente occasionale colui che entra una volta e non ci torna manco a morì. Ma non per un disservizio, ma perché è di ritorno da una fuitina.Tanto pè fà un esempio)
Tutti i clienti sono molto carini e su loro suggerimento e su quello premuroso della mia capa “Se non vai a farti vedere ti finisco a suon di baguettate sulla testa”, mi accingo ad andare ‘almeno’ alla farmacia del paese, che dista davvero due passi.
Arrivo alla farmacia con tutta la carta assorbente insanguinata in mano. Che scena!Vista oggi è magnifica!Ramba!Paro Ramba. Invece so’ STramba e basta.
“Ci risiamo?” mi fa il medico. Questo vi fa capire come mai non andiamo all’ospedale. E che ci vai a fare? Tanto c’è la farmacia. “Cerottino?”
Man mano che mi avvicino, vedo che si incupisce.
“Dammi piuttosto qualcosa per farlo smettere di sanguinare”
“Ma se non lo chiudi con un cerotto sanguinerà ancora”
“Ma non lo posso ‘chiudere’…”
“Fai un po’ vedè…ODDIO!E dov’è il pezzetto che manca?”
“Sull’affettatrice”
“Mammamia!Vieni qua, siediti. Vuoi un bicchier d’acqua?”
“No. Voglio che mi smetta di sanguinare!” Chissà come sono bianca. Tutto il mio sangue è nella carta assorbente. Non c’è verso di frenare sta cosa e la ferita non si può chiudere.
“L’hai almeno disinfettato?”
“Certo. Ci ho sputato sopra. Certo che l’ho disinfettato!” Mi fa maleeeeeeeee.
Gli altri medici, vedendoci trafficare, si affacciano.
“Che schifo!”
“Noooo, povera Simo!”
“Ti senti bene? Ti senti svenire? Vuoi i sali? Una zolletta di zucchero?Ti misuro la pressione? Ti vedo un po’ bianchina!” Graziealcazzo. Giuro che se diceva “Hai mangiato abbastanza?” e “Quante volte ti ho detto di non giocare con l’affettatrice?” Poteva sembrare mia madre.
Mi mettono una polvere gialla sul dito.
“Ti farà un po’ male, ma vediamo se così smette”
Il medico mi cosparge il dito di questa polvere e sembra la Clerici quando spolverizza con lo zucchero a velo una torta margherita. Ma non fa male.
Fa malissimo. Vorrei chiedere un fazzoletto da stringere sotto i denti, ma non lo faccio. Anzi, ostento sicurezza, della serie “Che vuoi che sia. Il mio passatempo preferito è pareggiarmi le dita delle mani.”
“Qua non smette. All’ospedale, no eh?”
“Ti prego”
“Hai ragione. Sta seduta qua, non ti muovere. Chiamo Sandro”
Arriva Sandro. “Che hai fatto?..fà vedere… Mammamia!”
“Dimmi che ritornerà il dito di prima”
“Massììììì!!!”
“La verità”
“No. Non ti ritornerà il dito di prima”
Ommioddioooooo!!!!Non voglio un dito mozzo!E ora come faccio? Metti che Andrea mi regali un anello con diamante, e che faccio, lo metto al dito mozzo? Eppoi è brutto!Ma guardatelo! Pare un dito calvo in un gruppo di dita rasta!Non ha più una curva!E’ quadrato!Cambierà per sempre e in maniera indelebile la mia impronta digitale!
A pensarci bene potrei commettere un omicidio. Se riesco a stritolarti con la sola forza dell’anulare mozzo, sono salva.
Dolorante, attapirata e consapevole che non solo non mi tornerà più come prima ma che probabilmente perderò la sensibilità della punta del dito (roba che se ti ficco un dito in un occhio in un momento di rabbia posso sempre dire “Ops!scusa, ma non l’ho sentito”), me ne torno in negozio, dove vengo coccolata da tutti, manco avessi partorito tre gemelli.
In testa le mille raccomandazioni:
“Subito a casa”
“Tienilo su”
“Chiama il tuo medico di base. Ci vogliono dei medicinali”
“Se entro tre ore ti sanguina ancora vai all’ospedale”
“Stai tranquilla che andrà tutto bene (ma stanotte non dormirai un cazzo)”
Mentre son lì che preparo le mie cose continuando a ripetere “Non ho bisogno dell’autista, posso guidare!” vengo chiamata da un signore di una cinquantina d’anni “Mi scusi?”
Come Mi scusi? Ma non lo vede che popò di dito c’ho? Ma cosa pensa, che sia un’estimatrice della statua della libertà e che questa cosa bianca sia una torcia di cartapesta? Ma non lo vede che m’hanno fatto ‘na fasciatura manco mi fossi tranciata una mano con la sega circolare?
“Mi scusi…”
Ora minimo minimo mi chiede la carta igienica. Me lo sento.
“Dica”
“Ero qua prima. Ho assistito al suo incidente”
“Ah” Mai visto prima.
“Non mi ha dato il tempo. Quando sono tornato lei non c’era più”
“Sono andata a farmi medicare”
“Meno male. Non mi sembrava molto convinta. Per questo sono andato a prendere queste”
E mi mette in mano un sacchettino. Della farmacia. Dentro ci sono delle garze, dei cerotti, un disinfettante e un prodotto cicatrizzante.
“Gra…grazie…” Sono senza parole. Letteralmente senza parole. Rimango lì come una cretina e non riesco a dire altro che grazie “Ma…quanto le devo? Lei è stato gentilissimo…”
“Niente. Davvero. Tenga queste cose, se mai non le dovessero bastare quelle che ha già acquistato”
“No, davvero, non posso accettare. Mi dica almeno quanto ha speso…”
“Arrivederci signorina. E stia attenta mi raccomando” Mi fa un sorriso, prende la porta e se ne va.
Se-ne-va. E io non l’ho più rivisto.
Ora, se questo gesto lo avesse fatto un cliente abituale, o il vicino di casa del negozio, che mi conosce da anni, bhè ecco, sarei stata comunque molto colpita, ma avrebbe quasi un senso. Ma ricevere questa accortezza da un cliente occasionale, mi ha fatto bene. Non so perché.Io questo signore non l’ho più rivisto, né in negozio, né fuori, né da nessun’altra parte. E non abito a New York. Insomma, uno va in un negozio per la prima volta,vede una rimbambita che si taglia un dito, va in farmacia, compra dei prodotti di pronto intervento e torna in negozio per consegnarli a una perfetta sconosciuta. Vi pare normale? Rimango sempre molto colpita dal gran cuore delle persone. Ed eccola qua, una giornata iniziata male, ma finita con un bel gesto che porterò sempre con me. E quando dico sempre, è sempre. Almeno ogni volta che guarderò il mio dito:
Ma sono io che mi entusiasmo per poco o è davvero un bel gesto?Per me la seconda, ma non vale. Sono un 'ditino' di parte.
lunedì 25 ottobre 2010
CHE LA ZUCCA SIA CON VOI
Questo è il mio ZucCandy.Che ne dite? ZucCandyamo?(ho perso la testa)
Il premio è la tegolina (accontentatevi, se avevo l’hobby di collezionare scheletri di pantegana vi andava peggio. Dico io)
Come è nato? Ieri avevo un po’ di carta con le zucche e visto che siamo ad Halloween ne ho creata una a tema. Mentre fischiettavo dandoci il lucido, ho pensato a voi, a quanto siete carucci a farmi tutti i complimenti per il mio faidatechefaiper3, a quanta soddisfazione mi date. E allora ho deciso di fare sto Candy. Lo facciamo?Okay, lo facciamo.
Ma non è finita. Oltre alla tegolina con la zucchetta (lo so che siete emozionati perché na roba così non si è mai vista,ma questo è quello che passa il convento) al fortunato vincitore manderò questi semini:
Che so’? Via alle telefonate.
Semi di zucca? No.
Semi di girasole? Macchè.
Semi di mela? Fuochino.
Sono semi di melo cotogno giapponese.
Ecco. E chi è che non conosce il melo cotogno giapponese? Io, se non lo avessi in giardino:
Perché proprio i semi di questa pianta? Perché con un semplice acquisto di una gamma di prodotti ho contribuito ad aumentare il numero di ore di terapia riabilitativa per chi soffre di sclerosi multipla. E la ditta mi ha messo in mano i 3 semi della solidarietà, che io adesso ribattezzo 'I Semi dell'amicizia'. Noi il melo cotogno giapponese lo abbiamo già, vorrei donarlo insieme alla tegolina al fortunato estratto. Vi spedirò tutto il pappiè per piantarlo al meglio, in un vaso o in giardino e questa pianta crescerà come la nostra amicizia, ne sono certa. Ed è per una giusta causa. E ce l'avremo uguale, io e voi. Ma non è una figata? Vabbè ce l'avranno anche altre centinaia di persone, ma il nostro sarà speciale.
Le regole sono sempre le stesse:
-Tu commenti
-Io estraggo
-Tu vinci (se hai culo)
E che commento?Direte voi. E un attimo!Ora vi scrivo il post! (Tutto sto papiro era solo il preambolo. Namobbene. Non solo sono diversamente tecnologica, ma sono pure diversamente organizzata. Per stare dietro a me vi ci vuole il TomTom)
Allora, visto che siamo ad Allouin, visto che volente o nolente se ne stà a parlà, visto che ci travestiremo da streghe (ovviamente io vado bene anche al natiur) parliamo di questa festa.
Io ne sento di cotte e di crude. Le persone dell’età di mia madre ma anche qualcuno più giovane che però non è bambino dentro (secondo me), se ne escono con “Ecchevordì sta festa? Mica siamo in America!Prima non esistevano i fantasmi, le streghe e le zucche. Si commemoravano i morti!E’ così che deve essere!”
Ora. La festa dei Santi e dei defunti rimane. Ma vi dico la mia.
Quando ero piccola,mia madre e mia nonna mi portavano al cimitero. Non ho detto al parco giochi. Ho detto cimitero. A 7 anni. E questa cosa mi ha segnata con un segno indelebile stile uniposca.
Mi ricordo che era sempre un freddo porco e io volevo essere pure all’inferno pur di non stare lì.
Che poi, a quell’età, mica sai ancora bene come funziona questa cosa e cominci a pensare agli affari tuoi e ad alleggerire involontariamente questo periodo così serio per gli adulti. A pensarci bene forse ho iniziato da lì ad avere la tendenza a sdrammatizzare su tutto.
Mamma indica una foto. “Guarda, questo è lo zio Fernando”
Eh.Povero Fernando. Ma chi è Fernando? La foto è pure in bianco e nero e io non so chi sia. E’ pure brutto Fernando. Mamma mia. ‘nsi po’ guardà.
Arriva nonna “Guarda, la triscugina Antonina...”
Ah. La triscugina Antonina. Triscugina di chi? Ma siete sicure che sia Antonina e non Antonino? Tiene un paio di baffi che manco quello di Via col Vento.
“Ecco.Ecco Pierfrancesco.Il cognato del fratello della cugina della prozia Alfonsina. Te la ricordi Alfonsina?”
Mammina, ma siamo a Sentieri? E’ quella che è scappata con Alan? No? E allora non me la ricordo l’Alfonsina. Mi son persa a ‘Il cognato…’
“Eh…questa è la vedova di Aldobrando. Te lo ricordi Aldobrando?”
Non so se mi portavano lì perché non sapevano a chi lasciarmi o per mettere alla prova la mia memoria.
“Mammina, quello che è morto…”
“Non si dice morto!Parla a modino!”
Ma non siamo al cimitero? Qui di vivo ci sta solo il becchino!Non è che siamo in un negozio di giocattoli a guardare le foto di Cicciobello.
“Mammina, quello che si è sentito male (morto) in casa?”
“No, quello era il fratello. Lui è finito sotto a un camion”
“Un camion dei pompieri?”
“No, quello che faceva il pompiere era Francone. Te lo ricordi Francone? E’ lì in alto a destra. Suo fratello era sposato con la cugina della Violetta. Te la ricordi Violetta?”
Ma sti defunti son matrioske? Ne nomini uno e ne vengono fuori quattordici.
No, non mi ricordavo di Violetta, né di Francone, né di nessun altro. E no, nemmeno a vedere le foto mi ricordo. E no, qui non ci voglio stare. Voglio andare a casa giocare a Barbie o a mettere le dita negli occhi a mio fratello, voglio andare a saltare sul divano fino a farmi venire l’asma e voglio che nonna mi racconti una fiaba. No, non di fate. Di mostri, di zombie e di morti. Ma poi nonna dice FINE e io so che quella storia è inventata.
Insomma, il mio Halloween dei primi anni 80 era così. Na roba tristissima e senza senso per i miei 7 anni.
L’Halloween di Alice invece è fatto di zucche svuotate, di fantasmi fatti coi fogli e appiccicati alla parete, di ragni finti che manca poco con sto scherzo facciamo fuori mia suocera, di storie raccontate alla luce fioca di un lumino dell’Ipercoop, e di cappelli a punta che vi giuro sto ‘na favola.
E il vostro com’era? Ditemi che non ero la sola con 'sta tristezza.
Ora potete commentà.Se vi va. Se vi piace quella splendida tegolina e il melo cotogno giapponese (Dio, sembro una che fa televendite a Tokyo. Arigatò)
PLIN PLON! Se ti ho dato uno spunto per un nuovo post e la tua esperienza la vuoi scrivere anche sul tuo blog, prendi l’immagine e il link di questa pagina e fammelo sapè. (qualcuna di voi –che carine!- l’ha fatto pure l’altra volta) così, per ricambiare la gentilezza, metto il tuo nome 2 volte. Ho un’idea per l’estrazione che non potete immaginà.
Ah, dimenticavo. Scade il 31 Ottobre. Ad Halloween.
Che le streghe siano con voi.
E anche un po’ di ciapet, và!
Vi abbracciooooooo!!!
mercoledì 20 ottobre 2010
LA BELLA ADDORMENTATA NEL BOSCO
Oggi parliamo di sonno. Non quella tranvata che ci piglia alle 21.30 sulla digestione dopo aver mangiato uno squalo salmonato, dico quello profondo, quello che ti sminchia i neuroni. Vi ho già confidato che io dormo male (nel senso fisico del termine) un misto tra l’uomo di vitruvio e un ragno spiaccicato da una ciabattata, avete presente, no? Con tutte le zampette scomposte e pure un po’ storte. Io dormo così.
Però almeno mentalmente sono abbastanza presente. Abbastanza. Cioè, se so’ sveglia so’ sveglia. Se dormo dormo. C'è chi invece sta sveglia e dorme contemporaneamente. O sembra sveglia ma sta a dormì che è una meraviglia. Parlo dell’altra donna di casa, quella alta un metro e trentacinque.
E non è mia nonna. E’ mia figlia.
Io ve lo dico, perché vorrei essere rassicurata da voi, tipo:
“Capita anche a mio figlio Simo, stai serena!”
Da chi non ha figli vorrei sentirmi dire “Capitava anche a me quando ero bambino, Simo. Tranquilla!”
Da chi non è stato mai bambino vorrei sentirmi dire “Mi capita adesso Simo!”
L’importante è che mi diciate “Almeno una volta è capitato pure a me”
D’acccordoooooo????? Ce semo capiti.
Allora, più o meno tutte le sere io e Alice ci appropinquiamo (vè vè che parolone!) ad andare nel lettone insieme. Due coccolette, due baci sulle guanciotte che sanno di sapone,poi lei prende il suo libro, io il mio, e tempo cinque minuti ronfiamo come due tromboni. Quando il suono tocca i 110 decibel arriva Andrea, che sveglia delicatamente Alice, la manda nel suo letto e se io non sono in coma profondo tenta anche un approccio. Questa più o meno la routine.
Ora si potrebbero muovere centinaia di specialisti a dirci "I bambini devono dormire nel loro letto!Devono addormentarsi da soli!Devono evitare di transumare dal lettone al lettino!"
Io rispondo "Due genitori alle prime armi con una neonata che non dorme manco se l'accoppi, Devono salvaguardare la loro salute psichica e fisica.E se per fare questo, anni fa si sono fatti autori di piccole, ingenue e, a dirla tutta anche piacevoli , brutte abitudini...macchissenefrega.Se eravamo genitori perfetti non eravamo qua. E poi, come dico sempre, 'ma son questi i problemi'? E andiamo"
Che poi, voglio dire, Alice nel lettone con me ci starà al massimo un'ora, e poi se ne va. Cioè, se ne va perché noi la facciamo andare, sennò colcà che si muoverebbe. Però non fa storie, nel senso che non ha mai pianto, ne prende atto e basta. E' solo un filino inquietante il come lo fa. Sembra ipnotizzata da Giucas Casella. Ti guarda ma non ti vede.Se viene svegliata durante il sonno profondo, lei apre gli occhi ma davanti le ci passa un film.In genere questo stato di trance dura meno di un minuto ma in quel minuto può succedere di tutto.E questo è quello che succede dopo:
Scena 1
“Alice, vai nel tuo lettino” sussurrato alla Robert Redford quando sussurra ai cavalli.
“Eh?” Alice bofonchia.
“Vai nel tuo lettino”
“Ah sì”
E non si muove di un capello.
Alla Scena 1 spesso segue la 2
“Vai nel tuo lettino”
“Ah sì”
“Non ah sì. Vai” e la prende per le ascelle.
“Aiuto!Aiuto!”
Ora. Vabbè che vedere me senza trucco, in pigiama e coi capelli a nidio di chiurlo non sia una gran visione , ma insomma!Poi ho capito che non ero io. Lei, se la prendi in braccio nel sonno, grida aiuto.Non ce n’è. Quindi tocca calmarla, abbracciarla e quando non basta svegliarla prendendola quasi a sberle.Pora stella, chissà cosa sogna.
Scena 3
"Alice vai nel lettino" stavolta sono io che lo dico, sveglia e in formissima alla 'Amò preparati che te faccio vedè i sorci verdi'.
E lei "Sì. E la bicicletta?"
La bicicletta?
"Ali stai sognando. Che bicicletta? Su, vai a letto"
"Ennò, poi la rubano, esissì e quando poi il gatto peloso arriva. Chevvoi?"
"Come che voglio?Alice vai nel lettino. Aspè che t'aiuto..."
"Aiuto!Aiuto!"
Ah già. Nsi po' manco toccà. Ora chiamano il telefono azzurro.
Scena numero 4
"Aliceeee, amorinaaaa, su, vai nel tuo letto"
"Sì"
Scende dal lettone da una parte e risale dall'altra.
Scena numero 5
"Alice, è tardissimo, vai in camera tua, sù"
Lei si sveglia (pare ma è una finta) e fa "Sì"
E rimane lì impalata seduta sul letto.
"Ali, su amorina, vai" e intanto la spingo delicatamente per il ciapet.
"Non ho capito cosa devo fare. Hai bisogno di qualcosa?"
La scena numero 6 e la 7 sono quelle che in genere raccontiamo.Meritano.
La 6
"Aliiiii su vai in camera tua"
"Sì. Okay"
Scende dal letto, e si ferma. Effettivamente è un po' inquietante saperla lì in mezzo alla stanza, con la lucina rossastra che arriva dalla cameretta. Ma quella sera aveva bisogno di un aiutino. Me ne sono accorta quando ha chiesto "Dove devo andà?"
"In ca-me-ri-na"
"Ah già..."
E va in cucina. L'ho sentita bofonchiare (dopo che aveva acceso pure le luci) "Ma dove sono? Mi sa che ho sbagliato"
La 7
"Alicetta, su vai in camera tua"
"Mmmh..."
"Dai dai! vai nel tuo letto"
"Sì!" E' partita in quarta e chissà dove credeva di essere, perché ha piegato a sinistra e si è piantata nel muro. 'Na craniata che non vi dico. A quel punto si è svegliata del tutto.E vorrei vedere.
Il bello è che la mattina non si ricorda una beata mazza.Nada de nada. Vuoto cosmico.
Il bello è che mentre fa questo cabaret ha gli occhi aperti (e credetemi non è piacevole, perché sembra sveglia, ma sta dormendo)
Il bello è che con una principessa così mi sa che ci vuole un principe molto, ma molto sveglio e un tantino ruspante. Figuriamoci se lei mi si sveglia con un casto bacio di quel rinco di Filippo.
Per mia figlia ci vuole Shrek.
domenica 17 ottobre 2010
LE COMICHE
La Simo la potete trovare in libreria.
Non vi suscita niente sta notizia?
A bhè, se pensate che io sia lì a comprare un libro…Riproviamo.
La Simo la potete trovare in libreria perché un suo testo è in un libro, questo:
Io dico che avete riso. Ve l’avevo detto. Della serie “UUHUHAAHUHHAA!!Ma quante minchiate dice la Simo!!”
Ma è la verità.
Forse è meglio se vi racconto tutto dall’inizio.Esattamente un anno fa, Patty (una delle mie primissime lettrici) mi contatta via mail e mi scrive na roba del genere, che riassumo così:
“Mi piace come scrivi STOP Anche a me piace scrivere STOP Sto scrivendo un libro insieme a un’amica STOP mi piacerebbe che tu mi scrivessi un testo da inserire nel libro STOP”
Non erano nemmeno due mesi che avevo il blog e lei mi chiede una partecipazione. No, non avevo chiesto nulla a Padre Pio. Giuro. All’inizio ho anche pensato che avesse sbagliato indirizzo, invece lei mi tranquillizza e per dimostrarmi che ero proprio io quella che cercava fa addirittura un copia-incolla di un mio post e lo mette sul suo blog invitando gente a sedersi sul mio divano. Io nei tre giorni seguenti ho una sorta di paresi facciale con tanto di sorriso ebete. Qualcuno, in quei giorni, mi ha chiesto “Hai preso il tetano?” Fate voi. Sono sorpresa da questa generosità, non ci so’ abituata, e la Patty la conosco poco, ma quel poco che conosco mi piace tanto (la frase in corsivo può sembrare lievemente paracula, ma è la verità). La Patty, che chiamarla così mi ricorda l’occhialuta del magico mondo, ha una sensibilità fuori dal comune e una caparbietà nell’inseguire i propri sogni davvero invidiabile.Devo imparare da lei. Io sta caparbietà non ce l’ho. Quando, nella mia preghierina della sera, chiedo uno stacco di coscia alla Belen o una quinta alla Anderson, mica sono convincente, mica sono caparbia nella mia richiesta. Invece dovrei insistere e crederci veramente e battere lì finchè non mi sveglio una mattina con due meloni al posto delle tette.
Nella mail mi racconta che lei e una collega stanno scrivendo un libro ‘Comiche in cassa’, una sorta di racconti e aneddoti che si svolgono all’interno di un supermercato dove loro lavorano realmente. Porelle.L’idea mi solletica, è divertente e io mi sento di farne parte a tutti gli effetti, visto il lavoro che svolgo.Porella pure a me.La Patty mi chiede “Noi raccontiamo dei clienti, tu Simo mettiti dall’altra parte. Che ne pensi di noi cassiere?” E chi non si è trovato almeno una volta nella vita a pensare a ste donne mentre sono in coda alla cassa? E lì è nato il mio contributo. Ho scritto il testo di getto (chevvelodicoaffà) l’ho spedito alla Patty, lei ha approvato e poi...ci siamo perse un po’ di vista.Ovvio, due cuori e uno scanner. Ogni tanto la Patty mi scriveva “Scusa Simo, non sono più presente sul tuo blog, ma sto scrivendo il libro” e io le lanciavo virtualmente le vitamine al grido di “Non preoccuparti di farmi visitaaaaa!!SCRIVI!” e incrociavo le dita per lei, per questo sogno nel cassetto, per questo progetto che aveva nel cuore da un’infinità di tempo. Devo dire che non solo ho incrociato le dita ma mi sono pure incrociata tutta che manco un maestro di yoga. Na roba mai vista. E poi mi aggiornava sulla revisione, la ricerca di un editore, la speranza. Qui ho acceso anche un cero, per le mie scrittrici. E un bel giorno, finalmente, arriva la lieta notizia “Mi pubblicano il libro, Simo!” e son stata felice. Per lei. Perché davvero il mio contributo è una caccolina nel mare, in confronto al loro lavoro. Abbiamo esultato “pappappero” e ho aspettato trepidante il libro. L’ho letto in poco tempo, curiosa come una scimmia alla quale viene detto “Indovina se hai vinto un casco di banane o una cassa di noccioline” e mi è piaciuto tanto, perché è ironico, divertente e semplice e sapete quanto io ami la semplicità. E ci sono pure affezionata perché so quanta fatica c’è dietro, e quanto Patrizia e Alessandra tenessero a questo progetto. E poi leggendo quegli aneddoti non possiamo fare a meno di riconoscerci magari il nostro vicino (A-I-U-T-O) o nostra nonna (Mayday-Mayday!!!)al supermercato e non possiamo non notare quanta verità ci sia in quelle pagine. La lettura è impreziosita (Dio, sembro una che vende lapislazzuli su Mediashopping!) da vignette disegnate personalmente da Alessandra e devo dire che alcune son veramente geniali.Brave Patty&Ale, che il Signore vi benedica.Sono strafelice per voi e molto onorata di aver partecipato con il mio contributo e qualche pirla di saggezza.E Grazie di aver permesso a una pazza come me di partecipare alla stesura del libro.
Ovviamente l’arrivo del libro ha suscitato in casa mia varie reazioni:
1)
“Mamma guarda, in questo libro ci sono anch’io!”
Mia madre mi strappa il libro di mano, legge i nomi e mi fa “Il tuo nome d’arte adesso è Patrizia Catenuto? Come mai proprio Patrizia?In onore della zia?”
“Mamma, quella cosa rosa era il mio dito indice puntato a pag.163. Me lo ridai? Non è un segnalibro”
2)
“Amore è uscito il libro!Vè vè, ci sono anch’io!”
“In prima pagina?”
“No.Ad essere sinceri nell’ultima”
“Ah”
Quando si dice chiudere in bellezza.
3)
“Alice, guarda. Un’amica di mamma ha scritto un libro, ma ci sono anch’io!”
“Che amica?”
“Patrizia”
“La conosco?”
“No”
“Come ce l’ha i capelli?”
“Bhè…non lo so”
“Quanto è alta?”
“Bho”
“Ha gli occhi azzurri?”
“Non saprei”
“Mamma, ma non hai detto che è amica tua?”
Valle a spiegare come funziona un blog.
E ora, visto che è pubblicato, posso mettere on line quello che è stato in archivio un intero anno.
Okay, non è che è migliorato come il vino, che più sta lì, più diventa buono.Ma tant'è.
Vi ricordate la domanda di Patty? “Simo, mi scrivi come vedi noi cassiere?”
E che non glielo dico?
La Cassiera Bradypus:
la cassiera Bradypus, come dice il nome stesso, ha una vaga somiglianza con il lento animale. Passa gli articoli sul rullo come se fosse un bradipo che si è sparato in endovena tre flebo di camomilla. Nel tempo che intercorre dal primo oggetto poggiato sul rullo e l’emissione dello scontrino, potrei benissimo diventare nonna. Vorrei suggerirle di accelerare ma il tempo che intercorre dalla mia richiesta alla sua risposta potrei essere invecchiata così tanto che mi ci vorrebbe una badante.Vorrei anche aiutarla a contare i soldi del resto che mi deve, ma il tempo che intercorre dal mio calcolo mentale alla sua mano che cerca gli spiccioli nel cassetto..sarei già andata dal creatore.
La Cazziera:
dicesi cazziera la cassiera sempre incazzata. La riconoscete subito perché non parla, ringhia. Con l’espressione degna di un giocatore degli All Blacks e la sigla decisa di Rambo 2 la vendetta, scaglia gli oggetti sul fondo della cassa come se fosse merce scaduta e di poco conto. La cazziera si riconosce perché dice ‘Arriverderci!’ ma intende ‘Speriamo di no’, dice ‘Buona giornata’ ma intende ‘vai a morì ammazzato’, dice…eh...spesso non dice un bel niente. Ma in compenso vi fa un ruggito, che il leone della Metro Goldwyn Mayer le fa una pippa.
La Cassiera post mortem:
questa effettivamente fa un po’ impressione e generalmente è prossima alla pensione.Sembra viva ma potrebbe non esserlo.Ha un colorito malsano e l'espressione degna di un cane lasciato sul ciglio della Salerno-Reggio Calabria il 15 d'agosto.Pessimista di natura e vittima del sistema e della sua stessa vita,risponde a monosillabi o abbassando il capo come gli animaletti delle auto degli anni ‘'70. Non fate l'errore di domandarle "Come va?" perché la risposta potrebbe essere una delle tre:
-"Come vuole che vada? Si tira a campà"
-"Potrebbe andare meglio,ma a parte una colica renale, il femore andato, la miopia che avanza e l'artrite, direi benino"
-"Male. Io invece lei la vedo in forma.Ma stia attenta, perché oggi sta bene, domani chissà!"
Oltre a darle lì per lì due schiaffi, sì, potete toccare ferro.
La Cassiera Alternativa:
la cassiera alternativa non è colei che si alterna. No, è quella che vuole stare un po’ fuori dal gruppo, probabilmente perché è fuori e basta. La cassiera in questione spesso è giovanissima, al suo primo impiego e deve 'imparare'un po’ di regole. Per esempio evitare di far scoppiare le bolle del chewing gum in faccia ai clienti, o togliersi almeno il piercing al sopracciglio o quello sotto il mento. Ci son persone molto sensibili e se durante un "Ottantasetteuroeventiquattro" si intravede la lancia di Orzowei che ti sei piantata nella lingua, non è molto carino.Ho visto vecchiette sbiancare per questo.Poi in genere sbuffano un po’,non hanno pazienza, smanettano gli oggetti con noncuranza mettendo in bella vista il loro drago tatuato sul polso.Possono incutere un po’ di soggezione, ma a un occhio più attento, magari di una madre, fanno anche tanta tenerezza.
Poi ci sono le cassiere brave, carine, gentili e pazienti, e non sono manco rare.Ma essendo così professionalmente perfette, mica c'è gusto a scriverci qualcosa!
A questo punto, che dire? Accattateve 'illo! E non lo dico per me (perché io dalla vendita di questo libro non ci piglio manco un centesimo), ma perché almeno la prossima volta che andate a fare la spesa sapete con chi avete a che fare. E vi siete fatti due sane e belle risate.
Piesse:devo dirvi la verità, vedere la mia casa su un libro vero, mi fa una certa impressione.
Piesse2: e aver scritto un testo senza parolacce, me ne fa ancora di più.
venerdì 15 ottobre 2010
LA RAGAZZA DEL BRUNCH
Si avvertono i gentili lettori che questo post è il sequel, nientepopòdimenochè, de ‘La ragazza con la valigia’. Siete sorpresi ,vero? Mi sono quasi arrivate minacce via mail se non mettevo mano al seguito. Vi amo.
Dove eravamo rimasti? Ah sì, a voi che vi chiedevate se fossimo rimaste lì. Ebbene..SI.
Abbiamo solo cercato di distrarre Veronica tenendocela un po’ a turno, stile badante. L’importante era distogliere la sua attenzione dalla camera d’albergo. Infatti ci siamo lavate agevolmente (manco all’Isola dei famosi si vede na roba del genere) e ci siamo fatte belle per la cena. Nel mio caso per essere accettabile ho dovuto sgranare pure un Rosario e chiedere la grazia. Poi tutte belle truccate, intaccate (nel senso tacco12) e attillate ci siamo mosse per andare a cena e raggiungere il resto della banda bassotti. Per arrivare alla Creperie (mica cazzi) abbiamo preso i mezzi e tra una scesa e l’altra abbiamo approfittato per fare due discorsi seri:
“Quanti tatuaggi hai? Mi piacerebbe tatuarmi un cavallo alato sulla scapola.Ma non grande. Diciamo tipo Varenne a grandezza naturale”
“I piercing? Vi piacciono? Io me lo farei qui, qui e qui. Che dite? Ha un nome? Ah. Effetto colabrodo”
“Soffrite mai di aereofagia?”
Arrivate vicino al ristorante ci siamo ricongiunte alle altre. Ho potuto riabbracciare con immensa gioia la Cinzia (al settimo mese di gravidanza), intrufolandomi fin sotto la maglia per vederle la pancia. Ha una linea invidiabile nonostante lei continui a ripetere “Sono ingrassata 7 kg! Sette!”
Cioè, sette kg in sette mesi sono il sogno di ogni ginecologo. Vai a spiegarle che non solo va bene ma che sono anche pochi, vai a spiegarle che io al settimo mese avevo già preso 12 kg e sembravo Barbapapà, vai a spiegarle che visto il suo metro e 82 non pare nemmeno incinta, ma sembra che abbia accidentalmente ingoiato un nocciolo di pesca.Questa donna sta da fa-vo-la.
Poi ho riabbracciato la Elisa, fresca fresca di matrimonio. Non il suo, quello di un parente. Il giorno era a un pranzo nuziale, ma per nessuna ragione al mondo avrebbe rinunciato a vederci. Quindi scappando quasi a cavallo (che fa molto Julia Roberts) ha preso il primo treno disponibile ed è arrivata a Milano col vestito da cerimonia sempre indosso. Un mito.
Infine ho stritolato in un abbraccio Marika che non vedevo da due anni. Lei mi ha accolto con un “Ciao Simoooo!!!Asbè che bi soffio il naso, Dio che ravvreddore. Ectciùùù!Scusa eh?” Mi ha riempito. Evvai. Che amori di amiche che ti c’ho.
Tutte belle allegre e felici ci mettiamo comode nella creperie e al momento delle ordinazioni facciamo quasi uscire pazza la cameriera. A un certo punto non sapendo dove scrivere tutte le nostre richieste si è attaccata a un tovagliolo e abbiamo letto nel suo volto “Ncistòacapìncazzo”.
Bene. Devo dire che abbiamo mangiato delle robe leggere, da dieta vera. Martyna è stata quella più light di tutti ordinando ‘Crepes ai funghi col cinghiale tartufato’.Aveva un piatto che ci avrebbe sfamato mezza Africa. Poi siamo passate a quelle dolci dove Elisa ha chiesto qualcosa con i frutti di bosco. Quando hanno portato il suo piatto abbiamo temuto che avessero fatto fuori tre rovi da quante more c’erano. Con un euro in più ti davano anche un uccello e Padre Ralph.
Prese dalla contentezza ci siamo scambiate i regalini e come al solito pareva di essere a Natale. Visto la lunga tavolata e visto che io ero attaccata al muro come una zanzara che si è presa una ciabattata, ho cominciato a lanciarli chiamandole per nome. Loro, svelte come antilopi, lo hanno agguantato al volo, a parte Elena che stava tenendo un comizio e che si è persa la mia chiamata. Risultato? Presa in pieno sul mento. Cinque punti di sutura.
Scherzo. Ma rischio di essere denunciata per tentato omicidio.
E’ stata una bellissima cena dove abbiamo scattato foto alla cazzo di cane, roba che si vedono le nostre tonsille ad esempio, espressioni intelligenti dove non ti riconoscerebbe nemmeno tua madre e foto coi flash sulla testa che ci fa sembrare tutte delle madonne in apparizione.
Stanche ma felici torniamo all’albergo. Veronica è stata prima tramortita con due bottigliette di acqua sbattute sulle tempie e poi trascinata dentro. Una volta rinvenutasi ha sussurrato “Ma sono all’inferno?” Tutte, cerchiamo di farci coraggio e tra una risata e l’altra siamo lavate e in pigiama. Lei no. E’ seduta sul letto e ripete a bambola rotta. “Io non mi sdraio, dormo seduta. Io non mi sdraio, dormo seduta. Io non mi sdraio, dor…” SDENG! Seggiolata in testa. Non potevamo riposare sennò. Ci si è messa pure Martyna che una volta entrata sotto le lenzuola, scherzando ha esclamato “Oddio, che è questa roba appiccicosa?”
La Veronica ha fatto un salto che è finito sui giornali. Pare abbia battuto la Simeoni ai tempi d’oro.
Al grido di “Tanto non dormiremo una cippa” abbiamo chiuso gli occhi.
La mattina dopo (alle 9.30!) se non ci svegliava Catefiè eravamo sempre lì a ronfare. Sì, anche Veronica.
Dopo colazione ci siamo dirette al Duomo (DING!) e io nel frattempo ho telefonato a Andrea per sapere dov’era. Il mio ammmore (che si è come al solito offerto di venirmi a prendere) era sull’orlo di una crisi di nervi per non aver trovato parcheggio dove voleva.
“Amò, stai fermo lì. Veniamo noi a prenderti!” Sìììì, come mi sento ganza!Vado in suo soccorso!
Anche se non mi fido più molto di Ilaria, le chiedo quanto dista il Duomo dalla via che mi ha detto Andrea e lei mi spara un “Mha…10-15 minuti…”
Ho fatto male a fidarmi. Mezz’ora. O anche più. Abbiamo ripreso i mezzi (DING!) fatto centinaia di metri a piedi (DING!) e poi finalmente l’ho trovato. E ho posato la valigia. Alimortè.
Menomale il ristorante per il pranzo era lì e quindi i Santi, che momentaneamente aveva tirato giù dal calendario, son stati rispediti ai loro numerini ed era di nuovo felice come una Pasqua. Ilaria ci annuncia che non sarà un pranzo, ma un brunch.
“Simo”
“Dimmi amore”
“Cosa ha detto che è?”
“Un brunch, caro”
“Ah”
“Non è fantastico?E’ meraviglioso fare il brunch!Troppo ganzo!E’ sempre stato il mio sogno!Brava Ilaria!”
“Simo, ma sai cosa è un brunch?”
“No”…….. “Ma cerchiamo di non fare brutte figure. Comportati come se io e te facessimo brunch tutti i giorni”
Fatto sta che ci mettiamo tutti seduti in questo locale strafigo e troppo bellino ma io e la mia chiappa non abbiamo assolutamente idea di cosa ci aspetta.
Portano il menù e non ci capiamo una beata minchia. Tanto che dobbiamo chiedere spiegazioni con diapositive al cameriere.
Io e Andrea, ma anche il resto del gruppo (che negherà fino alla morte) ordina alla rinfusa. C’è chi tira la monetina e fa testaocroce, c’è chi chiude l’occhio e punta l’indice, c’è chi fa decidere direttamente al cameriere, c’è chi guarda nei piatti dei tavoli vicini e dice “Quella roba lì” e c’è chi pur di non ordinare preferisce andare al cesso. Tuttavia (grazie a diverse botte di culo) riusciamo a mangiare e gustare i nostri piatti. Arriviamo addirittura a scambiarci i vari ingredienti e pucciare patatine fritte nel caffè. Manco all’asilo.
Dopo, satolle come cozze ripiene, facciamo i primi saluti tra lacrime, speranza di rivedersi e scambio di regali di Natale. Avete letto bene. La Cinzia ha dichiarato “Mi sono avvantaggiata, a Natale sarò un po’ presa”. Direi che la ragazza è ottimista. Io, Caterina e Laura abbiamo omesso che all’inizio, con una pupa di venti giorni, non solo non ti accorgi che è Natale, ma manco non ti accorgi se tuo marito da nero corvino alla Carlo Conti, ti torna a casa biondo platino come Enzo Paolo Turchi.
Alla spicciolata (ahimè!) se ne vanno tutte. Sono stati due giorni intensi ma, come sempre bellissimi. Io le adoro. Le prendo in giro, ma le adoro. Sto due giorni con la valigia in mano, ma le adoro. Spero lo avvertano.
A me e Andrea non resta che tornare al parcheggio custodito dove ci aspetta la TopoCar.
Io “Che bello amore!Grazie di essere venuto!”
Andrea “L’ho fatto volentieri. Lo sai che le bimbe le saluto sempre con piacere”
Io “Oh, caro…lo so lo so. Sono felice che tu condivida le mie amicizie. Eccoci arrivati. La macchina è là”
Andrea“Figurati, lo sai viaggiare non mi stanca, lo rifarei, luce dei miei occhi. Ecco le chiavi”
Che belli, che romantici, che atmosfera! Due cuori e una capanna..Ohh…
Omino “Sono 16 euro signò”
Io e Andrea “STICAZZI!”
Non due cuori. Due chiappe. Due-chiappe.
Me lo devo ricordare.
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